Vae victis

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    Capitolo 1 - A chi tutto, a chi niente

    Marco era un giovane benestante da poco divenuto maggiorenne. Alto un metro e 80 circa, aveva dei bellissimi riccioli castani tendenti al biondo, gli occhi verdi e le labbra spesse, leggermente sporgenti. Aveva molta stima di sé stesso, era presuntuoso e sicuro di sé, ma non desiderava prevaricare il prossimo a meno che ciò non gli fosse tornato utile. Era abituato a prendersi ciò che voleva, perché la soddisfazione dei suoi desideri veniva prima di ogni cosa. Le ragazze lo adoravano e sarebbero state disposte a tutto pur di passare una notte con lui. I suoi genitori, benché divorziati, o forse proprio per questo, non gli avevano mai fatto mancare nulla, neanche uno schiavo personale che si prendesse cura di lui, 24 ore su 24: Roberto, un coetaneo proveniente dal Paese sconfitto, in tutto e per tutto dedito alla cura della sua persona, acquistato per una somma considerevole da un noto mercante di schiavi.

    Quel giorno di primavera Marco non aveva voglia di fare i compiti. Se ne stava sdraiato sul suo letto a una piazza e mezza a giocare a PlayStation, con indosso solo un pantaloncino corto, le gambe incrociate una sull'altra, e i piedi avvolti in un paio di fantasmini bianchi molto sporchi dal lato della pianta: Marco camminava quasi sempre scalzo. Si sentiva più libero senza scarpe, tanto a lavargli i calzini a mano, con cura e dedizione, ci pensava Roberto. Quest'ultimo se ne stava al suo posto: disteso sul pavimento, ai piedi del suo padrone, a fargli i compiti, mentre il suo collare da schiavo gli stringeva il collo. Ogni tanto, per umiliarlo scherzosamente, Marco gli passava un piede sotto il naso, costringendolo ad annusare, sapendo che egli non poteva muoversi né reagire se non voleva incorrere in dure punizioni corporali. Era un piccolo divertissement che il padroncino giudicava innocente, come quando gli faceva un peto in faccia, o gli montava in groppa per cavalcarlo. Si divertiva a umiliarlo, ma senza esagerare, quasi per gioco, per ridere ogni tanto della condizione miserevole del suo sottomesso. Non voleva il suo male, né voleva essere odiato: l'unica cosa che veramente gli premeva era che nulla turbasse quello stato di cose che lo poneva su un piedistallo, e gli dava il diritto di disporre liberamente della creatura che gli apparteneva. Non tollerava l'insubordinazione e la disobbedienza, e di fronte a simili atteggiamenti non mostrava pietà. Anzi, diventava violento. Ma nel complesso tra i due regnava un equilibrio di ruoli che entrambi, ognuno a modo proprio, accettavano. Anche Roberto aveva ormai capito quale fosse il suo destino, e lo aveva accettato di buon grado. Anzi, si era persino affezionato al suo padrone, e cercava in tutti i modi di compiacerlo.

    Durante una pausa del gioco, proprio mentre Marco strusciava soddisfatto le dita del piede sinistro tra il naso e la bocca dello schiavo, il campanello suonò. Marco diede due calcetti sulla faccia di Roberto e gli ordinò di andare ad aprire, cosa che egli prontamente fece. Lo schiavo tornò nella stanza accompagnato da un altro ragazzo: Simone.
    "Che cazzö succede qui? Non posso farmi un mesetto fuori, che ti fai lo schiavo?"
    "Ti piace Simo? - rispose Marco - Si chiama Roberto, viene dal Paese sconfitto. È davvero ubbidiente e servizievole, mi rende la vita molto più semplice".
    "Sei il solito buffone, hai tutti i vizi. Cos'è, non sei in grado di badare a te stesso? Ti serve una balia?"
    "Perché la prendi così, scusa? Non mi dirai che sei invidioso?"
    "Certo che no, io sono una persona autonoma! Non mi servono schiavi che mi facciano il letto, so cavarmela da solo. E pensavo che per te fosse lo stesso."
    "Sei proprio un idiota Simo. Smettila di rosicare e guarda il lato positivo: sei il mio migliore amico, e anche il mio vicino di casa. Puoi usare il mio schiavo quando vuoi, io non sono possessivo."
    Simone ci pensò su. Abbassò lo sguardo verso Roberto, che intanto aveva riacquistato la sua posizione ai piedi del padroncino. In breve si rese conto che uno schiavo avrebbe portato dei vantaggi anche a lui.
    "E comunque - aggiunse Marco - non è finita qui. Siamo in trattativa con il mercante per acquistare anche la sorella."
    "Bona?"
    "Molto. Deve ancora mettere un po' di tette forse, ma è più che scopabile. Hai idea di quanto ci divertiremo?"
    Questo argomento chiuse la discussione: Simone si era convinto. Anzi, era già super arrapato al pensiero di poter fare sesso ogni volta che voleva. Lui non aveva certo i soldi per permetterselo, ma l'amico sì, e quello stesso amico gli stava mettendo a disposizione tutto quel ben di Dio. Un lampo intercorse fra i suoi occhi e quelli di Roberto. Lo schiavo vide chiaramente cosa lo aspettava ora. Qualcosa di meglio della morte, certo. Ma qualcosa di terribile comunque. Simone scoppiò a ridergli in faccia.
    "Ahahahah, hai sentito schiavo? Mi faccio tua sorella! Ahahahah!"
    Roberto abbassò la testa, preoccupato. Sapeva della trattativa, temeva che alla sorella sarebbe toccato qualche rapporto con Marco, almeno finché questi non si fosse fidanzato. Ma non aveva considerato che anche altri potessero approfittarsi di lei. La cosa lo gettò nello sconforto per un attimo. Rimase assorto per qualche istante nei suoi pensieri, finché Marco non gli diede un'altra pedata sulla guancia: "che stai aspettando? Togli le scarpe a Simone, muoviti!"
    "Oh! S-s-scusa padrone, faccio subito...".
    Non ebbe neanche il tempo di terminare la frase: Simone gli aveva già piantato il piede nella pancia. Roberto sciolse i lacci, rimosse la scarpa e fu investito da un fetore che in vita sua non aveva mai sentito. Per un attimo sembrò perdere i sensi, quel ragazzo non doveva essersi lavato da giorni. Poi si riprese, e si trovò addosso l'altro piede. Mentre veniva schiacciato e intossicato dalla puzza, Simone lo guardò sghignazzando: "vedrai schiavo, io e te ci divertiremo molto, insieme".

    Edited by Gustibus - 16/4/2024, 00:14
     
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    Molto promettente e eccitante
    Simone sembra uno che sa cosa vuole da uno schiavo
    Grazie per la condivisione 😍
     
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    Bel racconto 😉
     
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    Racconto molto ben scritto e promette un seguito pieno di sorprese, tanta curiosità di leggere il prossimo capitolo...😉
     
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    Wow! Molto promettente! ...anche l'inserimento della sorella! Attendo il seguito con trepidazione!
     
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    Simone sembra un gran sadico dominante e stronzo: ne vedremo delle belle!
     
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    Capitolo 2 - Un nuovo padrone

    Simone indossava una t-shirt bianca, un paio di pantaloncini scuri e dei calzini di spugna bianchi, stranamente ingialliti nella parte della pianta, che come detto emanavano un puzzo terribile. Entrambi i calzini non aderivano perfettamente ai piedi, lasciando la parte delle dita pendente davanti ad esse. Simone non eccelleva nell'igiene personale, ma in compenso era molto considerato nel gruppo di amici. Si mise a sedere all'indiana alla destra di Marco, e afferrato il joystick iniziò a giocare con lui, mentre Roberto, sul pavimento, continuava diligentemente a fare i compiti del suo padroncino. Una ventina di minuti dopo annunciò: "ho finito, è tutto pronto".
    "Bravo - replicò Marco - adesso metti tutto nello zaino e inizia a lavare per terra, che è pieno di polvere".
    Lo schiavo si affrettò ad eseguire. L'idea di girare in piedi per casa non era vista di buon occhio a livello sociale: bisognava evitare di trovarsi in posizione sopraelevata rispetto ai padroni. E poiché i padroni erano sul letto, lo schiavo doveva pulire strisciando sul pavimento, o quantomeno in ginocchio. Roberto si armò di scopino, panno e secchio dell'acqua, e prese a strofinare il parquet.

    Simone si godeva la scena seduto comodamente sul letto, constatando tra sé e sé che da quel momento non avrebbe più dovuto pulire la sua stanza: lo avrebbe fatto lo schiavo per lui, bastava chiederlo in prestito all'amico. La mamma non lo avrebbe seccato più.
    Ma proprio mentre faceva questi ragionamenti, il suo sguardo si posò su una frusta corta che era appesa alla parete: "noooooo, hai anche la frusta"?
    Simone si alzò di scatto e si precipitò verso l'oggetto. Roberto iniziò a sudare freddo. "Posso dargli qualche frustata, Marco"?
    "No".
    "Perché no? Lavorerà più velocemente"! Nel dire ciò, poggiò un piede sul fondoschiena dello schiavo e iniziò a roteare la frusta in aria con aria minacciosa. Roberto lanciò al padrone uno sguardo di supplica.
    "Mi dispiace Simo, non voglio toglierti il divertimento, ma mamma dice che lo schiavo si può picchiare solo quando non esegue gli ordini".
    "Ah, tutto qui? Capisco, mi sembra giusto."
    Roberto sentì il piede sollevarsi dalla sua schiena, e provò a rialzarla, pieno di gratitudine per il padrone che l'aveva protetto. Ma appena un attimo dopo sentì abbattersi su di lui tutto il peso di Simone. Gli si era seduto a cavalcioni, aveva poggiato i piedi sulle sue cosce, e aveva afferrato il collare, tirandolo a sé e provocandogli un senso di soffocamento. "Portami in cucina, schiavo".
    Marco, che aveva capito l'antifona, scoppiò a ridere. Si alzò dal letto e assestò un calcio nel sedere di Roberto, dando idealmente il via alla corsa. I due amici ridevano a crepapelle, mentre lo schiavo, schiacciato e soffocato, cercava di portare il lavoro a termine il più velocemente possibile, illudendosi che ciò avrebbe messo fine alle sue sofferenze. Mentre attraversava il lungo corridoio, Simone lo colpiva duramente alle cosce coi talloni: "più veloce! Più veloce"! Roberto arrancava, si era preso una decina di calci, alcuni molto dolorosi, ma alla fine riuscì ad arrivare in cucina.

    Simone smontò da cavallo, salì in piedi sulla schiena di Roberto come fosse uno scaletto, e prese una caramella dalla credenza. "Buona! Adesso portami in bagno", disse riprendendo le redini della sua cavalcatura.
    "Più veloce, più veloce"! E giù altri calci nei fianchi. Roberto stava finendo le energie. Ansimava ed era diventato paonazzo per la mancanza d'aria. Giunto alla porta del bagno, sentì il ragazzo che sedeva sopra di lui ridacchiare: "ho cambiato idea, non devo più fare pipì. Riportami da Marco".
    La stanza di Marco era ormai dall'altra parte della casa. Roberto disperava di potercela fare, almeno in quelle condizioni, ma Simone non gli dava tregua, e non appena rallentava gli assestava un'altra scarica di tallonate: "più veloce, più veloce"!
    Giunti a pochi metri dalla camera, avvenne l'inevitabile. Simone diede uno strattone al collare, tirò un altro paio di calcioni allo schiavo, e questi stramazzò a terra sotto di lui, disfatto e senza fiato. Simone aveva vinto.
    Prese lo schiavo per i capelli, lo trascinò in camera di Marco e lo fece ricadere sul pavimento, con la faccia a pochi centimetri dai piedi del padrone.
    "Marco, lo schiavo non ha eseguito gli ordini! Adesso posso frustarlo?"
    Marco osservò quel povero ragazzo steso davanti a lui, distrutto, devastato, stremato, con la faccia nella polvere. Provò un po' di pena. Ma durò poco: si trattava pur sempre di uno schiavo, una creatura senza diritti. E poi non voleva dare un dispiacere al suo migliore amico.
    "Ok, adesso puoi frustarlo". E in un balzo tornò sul letto, riprendendo il joystick tra le mani.

    Edited by Gustibus - 11/9/2023, 00:48
     
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    Hai messo parecchio di te nel personaggio di Simone almeno pare, leggendo la tua presentazione sul forum. Ti conosceremo meglio leggendo le prossime puntate? Intanto complimenti!
     
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    racconto più che promettente, ben scritto e contenente perfettamente il genere di pratiche e ambientazione che preferisco. Complimenti e che sia solo l'inizio di una gran storia! 3_3
     
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    Bellissimo, aspettiamo il seguito!
     
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    bel racconto! continua per favore
     
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    Daiiii per favoreee continuaaa
     
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    SCHIAVO LECCAPIEDI

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    Bel racconto e ben scritto. Interessante anche l'ambientazione in epoca contemporanea, con l'inserzione della schiavitù come nei tempi antichi. Penso il sogno di molti maschi giovani dei nostri tempi: avere a disposizione uno o più schiavetti, comprati al Mercato come una merce qualsiasi, con cui divertirsi umiliandoli e traendone piacere sessuale. Ottima anche la caratterizzazione psicologica dei due giovani Masters, promettente sviluppi narrativi sicuramente deliziosi nel trovare situazioni piccanti in cui poter usare lo schiavo a loro disposizione. Per intanto ho molto apprezzato l'idea del suo Padrone di farlo frustare da subito dall'amico per il puro piacere di lui.

    Edited by luridoleccapiedi - 2/9/2023, 16:19
     
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    Capitolo 3 - Un'amara scoperta

    Roberto era steso a pancia in giù sul pavimento della grande stanza, disfatto. Buttava qua e là un colpo di tosse, a causa del soffocamento col collare a cui era stato sottoposto durante la cavalcata. Sentiva a stento le gambe martoriate, e pur volendo avrebbe fatto grande fatica anche solo a mettersi in ginocchio. La sua guancia destra e i riccioli neri erano riversi sul parquet. Alzando lo sguardo, riconosceva la figura del suo padrone: Marco era seduto sul letto, all'indiana, ed era impegnato a disputare un quarto di finale di Champions. Gli dava le spalle.
    Roberto fu stupito nel vederlo totalmente disinteressato alle sue sorti. Davvero non gli importava niente che il suo schiavo venisse torturato in quel modo? Fino a quel giorno era stato trattato con durezza, certo, ma comunque con umanità. Cosa stava succedendo?
    Provò a balbettare qualcosa: "Pa-pa... Padrone ti preg"...
    Ma proprio in quel momento Simone si piegò sulle gambe sopra di lui, sedendosi sulla sua faccia e schiacciandola al suolo. Non lo aveva fatto con violenza, che non era più necessaria per piegare la volontà della sua vittima. Ma nel farlo obbligava il povero ragazzo a inalare il terribile olezzo che proveniva dal suo calzino ingiallito di spugna, a pochi centimetri dal suo naso.
    Simone sollevò la maglietta dello schiavo fin sotto le ascelle, gli abbassò leggermente il pantaloncino e iniziò a tastare la sua schiena e il suo sedere. Alternava pizzichi, schiaffi e carezze, tastava il territorio dove la sua mano di lì a poco si sarebbe abbattuta con tutta la sua forza, pregustando il momento. Tutto questo per poco più di un minuto. Poi si alzò e riprese la frusta.

    Passò solo qualche attimo, poi il primo colpo si abbatté sulle natiche di Roberto. Questi drizzò la schiena, ma l'urlo di dolore gli si strozzò in gola. Neanche riusciva a parlare. Vide Simone saltellargli intorno, prima a destra, poi a sinistra, come fosse un domatore del circo. Ovviamente il ragazzo era molto divertito.
    Il secondo colpo fu ancora sulle natiche. Stavolta un flebile suono uscì dalla bocca di Roberto. Troppo debole per essere avvertito da chiunque, figuriamoci per Marco, che stava gestendo un pericoloso contropiede.
    Poi arrivò il terzo colpo, precisissimo, che disegnò una diagonale sulla schiena di Roberto. Stavolta l'urlo fu avvertito bene anche da Marco, che si girò istintivamente e mise in pausa il gioco. Vide il suo schiavo gemere in lacrime sul pavimento, e Simone che gli saltellava intorno ridere di gusto. Poggiò una mano sul viso di Roberto, come a proteggerlo da ulteriori violenze: "direi che può bastare, non trovi"?
    Il tono sapeva di rimprovero, Simone capì di essere andato un po' oltre. Però insisté: "ti prego, ti prego, ti prego, l'ultima frustata! Non puoi negarmela, sto facendo un disegno, così è incompleto!"
    Marco diede uno sguardo e vide che effettivamente mancava un segno diagonale sulla schiena di Roberto per completare una doppia X.
    "Va bene, però poi lo lascerai in pace, ci siamo capiti"?
    "Promesso"!
    Simone prese bene le misure, con la precisione di un geometra, e assestò un colpo devastante che completò il disegno. Roberto istintivamente, con gli occhi spalancati ma quasi inespressivi, diede un urlo e provò ad alzare la testa, ma la mano di Marco lo bloccò con forza per qualche istante sul pavimento. Quando smise di esercitare pressione, la mano prese ad accarezzargli il viso: "stai buono, buono. È tutto finito".

    A Roberto fu dato il permesso di andare in bagno a disinfettarsi, e ad applicarsi qualche cerotto lì dove l'effetto piagante della frusta aveva prodotto delle piccole ferite.
    Il ragazzo era alla sua prima esperienza come schiavo domestico e non immaginava che sarebbe stato oggetto di simili violenze. Era sconvolto, perché sentiva di essere stato picchiato ingiustamente e non capiva il perché. Lui desiderava solo servire il suo padroncino, si faceva in quattro per lui, come gli era stato ordinato. Perché gli era stata inflitta una punizione non dovuta?
    Nella sua mente si fece largo un pensiero terrificante. Per la prima volta si scontrò con un'amara verità, cioè che obbedire sempre agli ordini impartiti non garantiva necessariamente un buon trattamento da parte dei padroni. Evidentemente per uno schiavo non bastava comportarsi nel migliore dei modi possibili, perché un padrone malvagio avrebbe comunque potuto abusare di lui. In un attimo realizzò che il suo mondo non era ordinato, ma in preda all'arbitrio.
    Era terrorizzato all'idea di dover passare chissà quanti altri giorni della sua vita con Simone, perché non sembrava razionale. Voleva punirlo e picchiarlo a priori. Anche quel giorno avrebbe continuato chissà per quanto, senza l'intervento di Marco.
    E in un attimo, si rese conto di quanto era in realtà fortunato. In un mondo in cui poteva subire qualsiasi vessazione e crudeltà, gli era toccata in sorte la casa accogliente di un ragazzo buono, caritatevole, generoso, che certo non lo trattava come un pari, ma che comunque gli mostrava qualche attenzione benevola, come una carezza, o un po' di cibo per liberi, di nascosto dei genitori, sotto il tavolo. Con il suo amico aveva fissato un limite oltre il quale l'abuso non era più consentito, e così facendo lo aveva protetto.
    Scoppiò a piangere, pieno di gratitudine. Dopo aver percorso a quattro zampe il corridoio, rientrò nella stanza del padroncino, che nemmeno se ne accorse. Stava giocando un'amichevole con Simone.
    Lo schiavo gli si avvicinò lentamente, perché gli faceva male tutto il corpo, e gli stampò un tenero bacio sul collo del piede sinistro, che penzolava da un lato del letto. Marco sentì lo schiocco sul suo piede e si girò verso di lui. Sorrise, compiaciuto di questa dimostrazione di gratitudine, e gli diede qualche altra carezza sul viso.
    "Bravo, piccolo, bravo - gli sussurrò dolcemente - ora torna a pulire il pavimento".

    Edited by Gustibus - 11/9/2023, 00:48
     
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    SCHIAVO LECCAPIEDI

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    Tipica situazione da schiavo delle piantagioni americane dove i Padroni spesso si affezionavano ai loro schiavi negri, senza che ciò impedisce loro di frustarli a loro piacere, quando lo ritenessero necessario.
     
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