Storie di piedi e piacere. Mio zio e la combriccola dei solleticatori.

Una storia ad alto tasso erotico. Temi: piedi maschili, tickling, altro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    27
    Reputation
    +22

    Status
    Offline
    Non ho parole.a sono davvero disturbati. Ma che senso ha..,... Se qualcuno sa dare una spiegazione???? Io non riesco a trovare una motivazione

    Ma è successo qualcosa?????
     
    .
  2.     +4    
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    1
    Reputation
    +4

    Status
    Offline
    Scusate, sono Rodolfo. Comprendo i vostri commenti anche se ho una motivazione personale e profonda per essermi cancellato qui come da altrove. Tale motivazione non riguarda voi e tanto meno il gentilissimo amministratore di questo sito col quale ho scambiato bellissimi confronti e che stimo davvero. La mia situazione personale ha avuto una repentina complicazione che richiede la mia attenzione altrove, su una persona che amo profondamente e che ora ha bisogno di me. Se non capirete, comprenderò comunque. Tuttavia vi ringrazio per il sostegno e la costante presenza. Posto a seguire tutta la storia scritta fino ad ora in modo che se qualcuno la volesse salvare, può farlo. Vi chiedo, se voleste ripubblicarla qui o altrove, di mettere come autore genericamente 'anonimo'. Lascerò la storia fino a domani sera poi la toglierò. Ve la regalo con rispetto e gratitudine. Se più avanti scriverò le ultime parti, sarà mia premura pubblicarle qui. Non siate troppo severi con me. Ancora grazie
     
    .
  3.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Friuli-Venezia Giulia
    Posts
    3,996
    Reputation
    +1,835
    Location
    Udine, Friuli-Venezia Giulia, Italy

    Status
    Offline
    CITAZIONE (rodolfosolletico @ 21/4/2024, 19:44) 
    Scusate, sono Rodolfo. Comprendo i vostri commenti anche se ho una motivazione personale e profonda per essermi cancellato qui come da altrove. Tale motivazione non riguarda voi e tanto meno il gentilissimo amministratore di questo sito col quale ho scambiato bellissimi confronti e che stimo davvero. La mia situazione personale ha avuto una repentina complicazione che richiede la mia attenzione altrove, su una persona che amo profondamente e che ora ha bisogno di me. Se non capirete, comprenderò comunque. Tuttavia vi ringrazio per il sostegno e la costante presenza. Posto a seguire tutta la storia scritta fino ad ora in modo che se qualcuno la volesse salvare, può farlo. Vi chiedo, se voleste ripubblicarla qui o altrove, di mettere come autore genericamente 'anonimo'. Lascerò la storia fino a domani sera poi la toglierò. Ve la regalo con rispetto e gratitudine. Se più avanti scriverò le ultime parti, sarà mia premura pubblicarle qui. Non siate troppo severi con me. Ancora grazie

    già l'essere rientrato per spiegare ti fa onore. non è da tutti. in bocca al lupo per tutto.
     
    .
  4.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Lombardia
    Posts
    431
    Reputation
    +395

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (rodolfosolletico @ 21/4/2024, 19:44) 
    Scusate, sono Rodolfo. Comprendo i vostri commenti anche se ho una motivazione personale e profonda per essermi cancellato qui come da altrove. Tale motivazione non riguarda voi e tanto meno il gentilissimo amministratore di questo sito col quale ho scambiato bellissimi confronti e che stimo davvero. La mia situazione personale ha avuto una repentina complicazione che richiede la mia attenzione altrove, su una persona che amo profondamente e che ora ha bisogno di me. Se non capirete, comprenderò comunque. Tuttavia vi ringrazio per il sostegno e la costante presenza. Posto a seguire tutta la storia scritta fino ad ora in modo che se qualcuno la volesse salvare, può farlo. Vi chiedo, se voleste ripubblicarla qui o altrove, di mettere come autore genericamente 'anonimo'. Lascerò la storia fino a domani sera poi la toglierò. Ve la regalo con rispetto e gratitudine. Se più avanti scriverò le ultime parti, sarà mia premura pubblicarle qui. Non siate troppo severi con me. Ancora grazie

    Sicuramente tutti capiranno il gesto drastico nell'aver cancellato tutto, c'era sicuramente dietro qualcosa di delicato, come hai specificato tu ora.. È stato un bel gesto da parte tua chiarire in qualche modo la tua scelta.. In bocca al lupo per tutto e buona fortuna.. Spero che le circostante in cui ti sei ritrovato si risolvano per il meglio.. Buona vita...
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    2
    Reputation
    +1

    Status
    Offline
    primo capitolo : i piedi di mio zio

    Stavo andando a cercare mio zio. Erano dieci anni che non lo vedevo. Dieci lunghi anni in cui spesso mi ero ritrovato a pensarlo, a desiderarlo. In un misto di nostalgia e di desiderio feroce, durante gli anni di università, ero ricorso al suo ricordo molto spesso nelle notti insonni, nelle mie masturbazioni segrete al bagno per non essere disturbato dai miei coinquilini. E se anche avevo avuto anni ruggenti di vivace attività sessuale, la mia testa tornava insistentemente a lui. Pensavo al suo sorriso così intrigante, alla snellezza del suo corpo da lontra, asciutto e coi peli ben calibrati. Tuttavia quello era il contorno perfetto di quel ricordo ossessivo ma c'era qualcosa di lui che più d'ogni altro dettaglio mi faceva vibrare, producendomi erezioni portentose. Le sue gambe, più specificamente i polpacci così ben disegnati e decorati dal pelo, terminanti in caviglie sottili e in due piedi strepitosi, senza eguali. Piedi virili, lunghi e carnosi, curatissimi. Con quei piedi mi aveva sedotto, forse inconsapevolmente. E quei piedi avevano incardinato tutto il mio essere sessuale. Dopo quei piedi ero evoluto, mi ero trasformato da adolescente lascivo in un maschio, un giovane maschio straripante di sesso ma con quella predilezione solleticante, vivacissima, ricorrente per i piedi. I piedi nudi degli uomini erano la mia estasi e la mia rovina. Da quelli partivo per le mie esplorazioni e dopo le più sfrenate scopate, a quelli tornavo. Non c'era fantasia erotica che non avessi contemplato, almeno teoricamente, legata ai piedi. Ma qualcosa rimaneva insoddisfatto in me. Potevo avere tutti i piedi del mondo, i miei coetanei ne erano ben forniti. Ma io desideravo soprattutto 'quei' piedi. I piedi di mio zio. E così ora stavo andando come un essere privo di senno, a cercare lui. Anzi, più precisamente, a trovare i suoi piedi.
    Mio zio, lo specifico, era uno zio acquisito. Quando avevo circo dieci anni, aveva sposato la sorella di mio padre. Lui aveva 25 anni allora ed io fui subito catturato dalla sua persona. Era piacevole, sensuale senza volerlo essere. Iniziai a spiarlo quando avevo sedici anni. Quando eravamo nella casa al mare, aspettavo che andasse al bagno e fra mille timori mi mettevo a spiarlo dal buco della serratura. Attendevo, con l'ansia di essere scoperto dagli altri familiari, che si alzasse dalla tazza del water per vedere il suo pene circondato da folta peluria. Quando ciò accadeva il respiro mi si mozzava e la mia erezione diventava così potente che spesso rischiavo di eiaculare. Per anni la mia segreta ammirazione erotica per lui proseguì nel più completo anonimato. Tuttavia un'estate la cosa prese una piega diversa. Avevo 18 anni appena compiuti. Mio padre, mia madre e mia zia si erano assentati per l'intera giornata perché richiamati da impegni in città. Io rimasi solo con lui, mio zio. Aveva sempre scherzato con equilibrio con me. Quel giorno però mi raggiunse in camera, si sedette vicino al letto dove stavo leggendo. Aveva una canottiera azzurra e pantaloncini morbidi. Istintivamente guardai i suoi piedi che erano già allora una delle mie ossessioni. Li spiavo di continuo ed ero arrivato persino a fotografarli mentre dormiva sull'amaca o in poltrona. Lui rise e il suo sorriso non era il solito. Iniziò a solleticarmi con le dita sui fianchi al che io scattai ridendo e ritirandomi ma lui mi afferrò i polsi. - Sei grande ora, - mi disse, - e lo so che mi spii, che mi guardi. Credevi che non mi fossi accorto di quando stai dietro la porta? Lo so che mi guardi i piedi... so che li vuoi. - Si avvicinò con il volto al mio. Ero senza respiro, rosso di vergogna. Non capivo se era un rimprovero ma lui rideva. - Posso solo farti questo piccolo regalo, ma poi deve finire tutto questo. Non possiamo procedere. Sei mio nipote. - Si alzò, mi guardò con uno sguardo che poteva sembrare di desiderio. Alzò il piede nudo, bellissimo. Agitò le dita, lunghe e curate, e lo avvicinò al mio volto. Io chiusi gli occhi, sentii la pianta carnosa scivolarmi sul naso, sulla bocca. Non ebbi coraggio. Non baciai, non leccai. Ero inchiodato al letto. Lui scese sul collo, il suo piede passò sui capezzoli e si fermò sul mio pacco che esplodeva visibilmente nei miei pantaloncini da mare. Con sapiente manovra, mio zio massaggiò un poco con la pianta il rigonfiamento del mio pene, quel tanto per farmi eruttare. Gemetti e lanciai un grido soffocato mentre sentivo lo sperma caldo irrompere nel pantalone.
    - Ecco, con questo finisce tutto, - disse facendosi serio, - dimmi che hai capito.
    Io lo fissai esterrefatto e annuì. E fu davvero così. Da quel giorno non ci fu più modo di spiarlo, di vederlo. Mio zio iniziò ad evitarmi. Due mesi dopo si separò da mia zia. Seppi che aveva abbandonato la città e che si era ritirato in una lontana località di mare. Di anni di convivenza familiare non rimase che un ricordo. E in me, al ricordo, si univa quel brciante senso di desiderio e di voglia di rivederlo, di proseguire, di appartenergli.
    Per questo ora stavo andando a cercarlo. Avevo trent'anni, lui era cambiato? In quei dieci anni si era sciupato o era ancora quell'attraente creatura maschile dai piedi meravigliosi. Come mi avrebbe accolto? Lo avrei scoperto di lì a poco.



    secondo capitolo : la ricerca e il piacere

    Avevo impiegato diversi mesi per completare le mie ricerche e scoprire dove fosse andato a finire mio zio. Per un qualche strano motivo aveva fatto perdere le sue tracce tagliando i ponti con tutti. Mia zia, dai tempi della separazione, si era ricostruita una vita propria ed aveva un nuovo compagno con dei figli. Pertanto non avevo potuto indagare più di tanto con lei. Ad una mia vaga domanda, 'ma zio Roberto che fine ha fatto?', lei aveva risposto laconicamente: 'mah, a suo tempo era finito in Liguria, dalle parti di San Fruttuoso o non so dove ma io grazie a dio non ne so più nulla. Chissà dove sarà, inquieto come era'. Fu solo quando rintracciai un suo vecchio amico, che iniziai a ricostruire i vari spostamenti della mia ossessione. Mentre facevo ricerche, spesso mi scoprivo eccitato dalle fantasie che accompagnavano quell'ansioso desiderio di ritrovarlo. Avevo una vecchia foto che ci ritraeva al mare, io lui e mia zia. Sulla spiaggia. Io ero un adolescente maturo, ormai col corpo già formato, i peli sulle gambe e una barbetta che avevo ancora e che mi rendeva molto sexy. Avevo volutamente tagliato la parte di foto con mia zia alla mia destra in modo da solamente vedere me e lui, abbracciati fianco a fianco. Lui fissava la macchina fotografica con il suo sorriso irresistibile, un po' strafottente. Aveva la stessa canottiera azzurra del giorno in cui mi aveva regalato il piacere col suo piede. Indossava un costume a slip che però la canotta copriva senza svelarmi quella protuberanza che tanto avevo spiato. Ma nella foto le sue gambe magre e ben fatte, pelose al punto giusto, e i suoi piedi abbronzati erano ben visibili. Il solo vederli in quello scatto, così, vicinissimi ai miei sulla sabbia, mi provocava un'insana perturbazione. Ero consapevole che si trattava di qualcosa di malato ma a me piaceva esserlo. Essere malato di mio zio e dei suoi piedi. E ora non desideravo altro che ritrovarlo per riavere quei piedi e il loro padrone.
    Furono mesi carichi di tensione, di fatica e di erotismo. La mattina lavoravo in ufficio, il pomeriggio mi gettavo in questa ricerca spasmodica e la sera, dopo essere uscito con amici, se non trovavo qualcuno con cui passare qualche buona ora di sesso, mi collegavo via webcam con una comunità di feticisti come me. Avevamo creato un gruppo di cybersex, Piedi italiani, esclusivo ed espressamente concepito per veri amanti selezionati del piede. Eravamo in 7, di ogni parte d'Italia. Io dalla Toscana e un tale Luca di Milano, eravamo i due più giovani. Poi c'era un bel professore di Perugia, brizzolato con due piedi enormi, un 48 di carne morbida e pura sensualità; dalla Sicilia si connetteva una coppia, Nunzio e Lucio, baffetti entrambi e corpi minuti ma due piselli strepitosamente enormi, quasi neri, e piedi scuri sul collo con le piante chiare; da Venezia invece ci mostrava il suo corpo da orso, robusto e peloso, Stefano, un metalmeccanico dai piedi insolitamente larghi. L'ultimo del gruppo era Paolo, un bel tipo maturo di Genova. Capelli lunghi annodati in una cipolla, barbetta brizzolata, corpo magro e tatuato, due fette del 45 affusolate e munite di alluci davvero importanti. Quelle lunghe sessioni mi aiutavano a canalizzare tutta la tensione fisica ed erotica che la ricerca di mio zio faceva sedimentare in me. In genere verso le 23 ci connettevamo. Attendevamo che tutti fossero presenti poi ci spogliavamo davanti alle webcam e iniziavamo questa orgia virtuale. Io collegavo il mio pc alla tv in modo da vedere in grande questi sette riquadri nei quali mi vedevo nudo ed eccitatissimo assieme ad altri sei maschi altrettanto dionisiaci. Vedermi assieme ad altri uomini in un tripudio di ben 14 piedi era davvero qualcosa che andava ben oltre la pornografia. Mostravamo i piedi e li muovevamo nei modi più seducenti, a gambe larghe in modo che la webcam riprendesse spietatamente i nostri bellissimi uccelli turgidi, uno diverso dall'altro. Chi come me, Luca e Nunzio, riusciva a portarsi i piedi al volto, si succhiava gli alluci o le piante generando negli altri gemiti di godimento. In genere io andavo fuori di testa quando Paolo, sul finire delle varie sessioni, appoggiava il suo lunghissimo pene duro e venoso alla pianta del piede destro appoggiato sul ginocchio della gamba sinistra e iniziava a strusciarlo lì, su e giù su quella lunga piattaforma di carne delicata e grinzosa, gemendo con un'espressione ormai faunesca. Allora tutti noi lo imitavamo e chi non riusciva in quella contorsione, iniziava a segarsi manualmente. Ricordo spesso gli orgasmi multipli, il coro di gemiti quando quasi all'unisono venivamo schizzando sperma chi sul piano del pc, chi sulla propria pancia, chi sui propri piedi. Nunzio e Lucio spesso si trasformavano in una fontana multipla bagnandosi l'un l'altro coi propri umori. Uscivo sfibrato, rilassato da quelle notti virtuali. Ma il giorno dopo l'ossessione per mio zio era ancora più feroce.
    L'amico di mio zio viveva a Sarzana. I primi tempi dopo la separazione, mi disse, zio Roberto era andato a stare da lui in attesa di trovare una collocazione. Per un anno aveva vissuto a Luni, poi si era spostato verso La Spezia dove aveva iniziato a lavorare come operaio. Là aveva frequentato per un po' un circolo di canottieri. Mi recai là, dunque, e tramite il padrone del circolo appresi che mio zio era rimasto a La Spezia per sei anni. Poi aveva lasciato il lavoro avendo ottenuto un tanto desiderato posto di 'guardiano' presso una postazione di rilevamento scientifico in una cala ligure isolata. Forse viveva ancora là? Fu semplice scoprirlo. A Genova individuai l'ente responsabile delle postazioni di rilevamento marittime. Erano sette e una di queste, quella della Cala Laida, era tuttora data in affidamento a Roberto Crasciodi. Avevo trovato mio zio! Ora non mi restava che andare da lui. Cala Laida non era raggiungibile in alcun modo dalla terraferma. Era racchiusa da una falesia altissima incrostata da macchia mediterranea. La postazione si raggiungeva solo via mare. La sera prima di partire per questa avventurosa ricerca, ero così emozionato che non riuscii a prendere sonno facilmente. Avevo così a lungo fantasticato su mio zio, sempre immaginando lui così come lo avevo lasciato, che temevo di ritrovare un uomo invecchiato, magari eccessivamente ingrassato. Per addormentarmi dovetti ricorrere alla masturbazione, l'unica sana pratica che mi permetteva di trovare quiete in simili situazioni. Posi la foto in modo che fosse visibile sul comodino, mi denudai e inizia a titillarmi guardando il sorriso di mio zio, scendendo con occhi avidi lungo le sue gambe fino a quei piedi che avevo avuto solo per un momento sul mio corpo, dodici anni prima. Mi titillavo i capezzoli con le dita delle mani ma immaginavo che a farlo fossero i meravigliosi alluci di quei piedi. Gli alluci di mio zio, oh ca**o! Quegli alluci. Solo quelli valevano una sega. Perfetti, larghi ma proporzionati, con le unghie sempre curate. Mentre mi solleticavo con una mano il capezzolo destro, immaginavo che uno di quegli alluci facesse su e giù su quel pulsante mentre l'altro premeva fra le mie gambe, si insinuava lungo lo scroto e trovava l'ingresso del mio ano che nel frattempo iniziavo a stuzzicare con l'altra mano. Immaginavo di inumidirmi come se il mio ano fosse una sorta di vagina e poi come inserivo il dito, ecco che vedevo mio zio ridere mentre il suo alluce violava quel passaggio. Una volta dentro l'alluce immaginario iniziava a muoversi su e giù esattamente come faceva sul capezzolo, attivando una sorta di titillmento bestiale sulla mia prostata. Oh come godevo, quanto desideravo che quella fantasia fosse reale. Tuttavia sapevo che probabilmente non poteva che rimanere tale, una fantasia estrema. Mio zio perché mai avrebbe dovuto piegarsi alle mie voglie? Simili voglie perverse ed insolite? Mi aggrappavo al ricordo di quell'unico, ormai lontano giorno, in cui lui mi aveva fatto eiaculare col solo contatto del suo piede sui miei pantaloni. Speravo che quella situazione potesse avere un seguito ma avevo il terrore che tutto fosse il frutto della fantasia di una ragazzo tanto arrapato quanto perverso. Dovevo sapere, però. Dovevo avere conferma pur avendo timore della sua reaione. Tentare. Quando il mio liquido seminale schizzò copiosamente raggiungendo la mia barba, gemetti e assaggiai quel miele con lingua. Pensai intensamente a lui. Il girono dopo sarei partito in gommone e avrei raggiunto la verità. Temendo e al contempo bramando di saperla.


    Terzo capitolo: La Cala Laida e una scorciatoia erotica per zittire mio zio.


    Mi alzai presto, caricai lo zaino da trekking pieno di ricambi sul gommone ormeggiato al molo sette del porto turistico. Avevo chiaro che in meno di un’ora avrei raggiunto la cala. Era una calda mattina del tardo giugno. Cielo limpido e già diverse vele sulla linea dell’orizzonte. Quel tempo così invitate mi sembrò di buon auspicio. Lasciai copia dei documenti e mi raccomandai con il responsabile del noleggio del gommone. Se non fossi tornato in serata, avrei chiamato dalla cala per avvertire del prolungamento del noleggio. Il noleggiatore mi rassicurò che potevo gestire il gommone per quanto avessi voluto. Questo mi liberò da ogni ansia.
    Iniziai a navigare col cabotaggio lungo costa. Mi tenevo alla giusta distanza dagli scogli ma seguivo il profilo delle falesie. Quella zona era densa di pareti a picco di grande bellezza. Si trattava davvero di un’area impenetrabile, visibile solo dal mare. La cosa mi eccitava e un po’ mi spaventava. Mio zio era andato davvero a vivere fuori dal mondo, in un luogo distante da tutto. Ricordavo che da ragazzo lo avevo sentito spesso fantasticare con mia zia di una vita in alta montagna a gestire un rifugio oppure come guardiano di un faro. Sapevo che nelle sue aspirazioni c’era quella della solitudine selvaggia ma ora che navigavo verso la sua dimora, comprendevo che quella meta era davvero distante da tutto.
    Ben presto la scogliera, che si faceva sempre più erta e ammantata di macchia, iniziò a curvare. Aggirando gli scogli affioranti mi inserì nella profonda cala che rimaneva arretrata rispetto alla linea di costa. Sul fondo si vedeva una stretta spiaggia di ciottoli munta di un pontile. Rialzata rispetto alla spiaggia, incassata fra la scogliera e una palizzata, c’era la casa del guardiano. Il cuore iniziò a battermi forte. Mio zio era là? C’era una piccola barca a motore agganciata al molo. La spiaggia era in buona parte all’ombra ed era deserta.
    Mi accostai sempre più fino a raggiungere il molo. Fu quando accostai per legare il gommone, che dalla casa, evidentemente incuriosito dal rumore, uscì qualcuno. Era un uomo e il suo corpo, anche a distanza, io lo riconobbi. Riconobbi quel fisico asciutto, abbronzato. Anche se aveva un cappello di paglia che a mi impediva di vedere bene il volto in ombra, quello era ineludibilmente mio zio. Lui invece faticava a capire e si evinceva dal tentativo di individuare chi fossi, che non mi aveva riconosciuto. Iniziò a scendere i gradini di legno della piccola casa, percorse il pergolato puntando verso il pontile. Nel frattempo io avevo spento il motore e attendevo, col cuore trepidante. Lo vedevo avvicinarsi. Uscì dall’ombra della scogliera montando sul pontile e appresi in quel momento, con gioia, che le sue belle gambe erano ancora come le ricordavo, snelle, muscolose, slanciate. Dalla canottiera uscivano le sue braccia snelle e appena scolpite.
    - Chi è? Non può attraccare senza permesso?
    - Zio…
    Si bloccò a pochi metri da me. Sfilò il cappello e mi guardò con aria incredula. Era insolitamente serio. Il tempo era passato ma era lui era ancora un bell’uomo, ora maturo ma sempre con una tempra giovanile. Una barbetta ispida, fra il biondo e il brizzolato gli ornava la faccia.
    - Ma tu cosa ci fai qui? Come mi hai trovato?
    Sembrava turbato ma nel fissarmi con intensità la sua severità si stemperava. Tuttavia non sorrise.
    - Volevo rivederti e ho scoperto che lavoravi in questo posto sperduto. Posso salire sul pontile o devo rimanere qui sul gommone?
    Tardò a rispondermi, sembrava indeciso. Poi annuì: - Sali ma non puoi restare.
    - Perché? Facciamo due chiacchiere, ti prego.
    - Vieni, ti offro un caffè e poi te ne torni via.
    Era insolitamente duro e continuava a guardarmi con una certa perplessità. Non aveva quella spensierata giovialità che ricordavo. Si avviò verso la casa ed io gli andai dietro. Ero imbarazzato, turbato ma la mia vorace sessualità mi spingeva a contemplarlo. Vedevo le sue natiche sode ondeggiare ad ogni passo nei pantaloncini di stoffa leggera. Non potevo fare a meno di ammirare le sue cosce, i polpacci turgidi e affusolati e quelle caviglie che promettevano l’accesso ai piedi. Nelle ciabatte infradito, quella mattina, i piedi erano più belli che mai.
    Improvvisamente mio zio si fermò alla base dei gradini della casa. Si voltò ma non ebbi modo di alzare lo sguardo in tempo. Stavo proprio ammirando i suoi piedi da dietro e alzai gli occhi troppo tardi. Lui si era accorto.
    - Sei venuto qui per cosa? Per i miei piedi? - Era duro e sarcastico.
    Probabilmente ero arrossito ma ero comunque un trentenne con una bella dose di esperienza e non avevo fatto tutto quel lungo viaggio di ricerca per cedere.
    - Sono venuto per varie cose. Sì, anche per i tuoi piedi, per te, per parlare con te su qualcosa che abbiamo in sospeso.
    Rimase ammutolito. Mi fissò a lungo. Poi parlò con più calma.
    - Non abbiamo niente in sospeso, fui molto chiaro.
    - Non mi pare affatto che tu sia stato molto chiaro allora.
    Di nuovo silenzio. Mi fece segno di seguirlo in casa.
    Entrai nella vasta cucina illuminata dalle vetrate che davano sulla baia. Lui si avvicinò alla macchina del caffè: - Vuoi un caffè?
    - Sì.
    Mentre sistemava le capsule, lo guardavo. Che piacere sottile stavo provando nel constatare quanto ancora rispondesse alle mie aspettative.
    - Perché dici che non sono stato chiaro? Ti dissi che non poteva accadere nulla fra di noi. Sono tuo zio.
    - Uno zio acquisito. Nessun reale legame.
    Allora rise per la prima volta, scuotendo la testa.
    - Ero sposato con tua zia, che *******!
    - Sì, però venisti da me quel giorno. Perché?
    - Non lo so perché.
    - Perché avevi voglia. Perché sapevi che ti spiavo e a te piaceva. Sii sincero.
    Mio zio si voltò verso di me. Serio. Mi fissava.
    Io proseguì: - Apprezzo che allora tu abbia scelto di chiudere. Ero giovane e tu facevi parte della famiglia. Capisco tutto. Ma io da allora non ho fatto che pensarti. Ora non ci sono vincoli e io sono un uomo.
    Allora mio zio cambiò sguardo su di me. Annuì.
    - E a dirla tutta sei un bellissimo giovane uomo. - Sospirò e poi fece uscire il caffè. MI porse la tazzina e mentre bevevo proseguì: - Se ho capito di essere gay lo devo a te. Quando mi accorsi che mi spiavi e che ti masturbavi, qualcosa si mosse in me. Capii cosa non andava nelle mie storie con le donne, anche con tua zia, povera Lucia. Quel giorno che ricordi, avevo preso la mia decisione. Decisi allora che mi sarei separato e avrei avuto finalmente una vita tutta mia. Ma tu non potevi in alcun modo rientrarci. Lo capisci?
    - Ma ora?
    - Ma ora cosa, Marco!? Io sono un uomo di 47 anni e tu un giovane che deve fare la sua vita. Ti sei fissato su qualcosa che non esiste.
    - Fammi restare qualche giorno, solo qualche giorno.
    - No, assolutamente, - di nuovo si era fatto serio.
    - Ma perché? Sei solo qui. Possiamo parlare, stare assieme.
    - Non fare discorsi di cui potresti pentirtene. Non è fattibile.
    - Sono un uomo, maggiorenne e anche con esperienza, ora. E tu pure.
    - Marco, non capiresti. Sono qui proprio per una mia scelta.
    - Quale scelta? Non fare sesso? Vivere in astinenza? Stare qua come un eremita?
    - Non è affar tuo, e comunque no. Non faccio l’eremita ma la mia sessualità, anche per colpa tua, ha preso pieghe che non penso sia sano tu debba conoscere. Per cui ora bevi il caffè e te ne torni indietro. Questo non è un posto per te.
    Non fece in tempo a finire che la voce gli si strozzò in gola. Mi ero accostato velocemente a lui, gli avevo preso la mano e l’avevo condotta al mio inguine. La mia erezione era poderosa e umida e feci in modo che il suo palmo e le dita la percepissero attraverso i pantaloncini. Lui rimase senza parole ma non ritirò la mano. Sussurrò solamente… - Marco, cosa stai facendo?.....
    Accompagnai la sua mano dentro i miei slip e sentii quelle dita scivolarmi sul pene. Gemetti poi sorrisi con malizia: - Ecco, ora siamo due maschi che sanno parlare delle cose giuste.
    Marco, - ritirò la mano ma io nel frattempo avevo inserito la mia nei suoi pantaloncini e avevo trovato il suo pene, ancora molle eppure ben tornito. Un pene bellissimo, sodo. Finalmente lo toccavo dopo averlo spiato per anni, dopo averlo immaginato e desiderato. Ora lo stavo palpando. Individuai il prepuzio e lo scappellai. Sentii il fiato di mio zio farsi corto.
    - Ferma...ah..ati …Marco…
    - Fammi restare, ti prego.
    Lui mi fissò mentre il suo pene diventava duro, venoso, umido nella mia mano. Finalmente avevo l’uccello di mio zio in mano e lo stringevo mentre si rendeva sempre più simile ad un manganello carnoso. Molto prima di quanto avessi preventivato su quell'incontro, io tenevo in mano il meraviglioso arnese di mio zio. Lui mi fissò ed era evidente dall’espressione che stava godendo.
    - Ok, parliamone.


    quarto capitolo: Una strana situazione


    Mio zio mi afferrò saldamente alle spalle con una modalità che poteva essere al contempo paterna e paternalistica. Mi fissò negli occhi:
    - Marco, fermati ora.
    Tolsi la mano dai suoi pantaloni dove vedevo ora campeggiare un'erezione vistosa. Una piccola macchia di liquido prespermatico aveva scurito l'area dove intuivo che la grande cappella premeva con la stoffa. Mi fissava intensamente con gli occhi grigi, vi scorsi per un attimo una tenerezza adulta senza che tuttavia l'estatica espressione del godimento vi fosse titalmente scomparsa. - Ascolta Marco, non è così che deve andare.
    - Invece sì, guarda, - e indicai ridendo il rigonfiamento nei suoi pantaloni, - ti prego.
    Ero colmo id una voglia pazzesca. Mi chinai deciso a tirare giù i pantaloni per assaggiare finalmente mio zio nella sua sporgena più carnosa ma lui mi afferrò trattenendomi:
    - Marco, ascoltami. Ascoltami.
    Mi costrinse a fissarlo e mi resi conto che era realmente serio, che aveva davvero a cuore la mia incolumità da qualcosa. Annuì e feci un passo indietro senza vergognarmi della mia erezione che similmente alla sua premeva nei pantaloncini aderenti.
    - Marco voglio che mi ascolti. Vuoi che ti dica che mi piaci? Sì, è ovvio che mi piaci. Sei bello, sei giovane. Vuoi che ti dica che mi piacerebbe scoparti? Sì, mi piacerebbe ma non lo farò. Non so se è perché sono stato tuo zio anche se acquisito. So che ti ho visto crescere, che eri un bambino. Ma soprattutto so che ora stare qui con me per te non sarebbe la cosa giusta e credimi, lo vedi anche guardando il mio ******* duro, ora mi andrebbe moltissimo cedere alle tue profferte. Ho una mia vita e una mia situazione e tu non devi in alcun modo entrarci.
    - Hai un compagno? - Chiesi con una certa ansia, temendo la risposta.
    - No Marco. Vivo qui da solo ma spesso non sono solo. E quando non sarò solo qui, non ti voglio fra i piedi.
    - Cosa vuoi dire, non capisco.
    - La cosa non ti riguarda, però stasera tu te ne andrai prima del tramonto. Intesi?
    Sentivo che si stava allontanando. Sentivo che quella paternale rischiava di mettere fra me e lui una distanza pericolosa. Ero riuscito quasi a sedurlo poco prima ed ora lui, con un immane sforzo di volontà, metteva nuovamente la distanza di quel lontanissimo giorno alla casa al mare. La sua erezione era scomparsa. Dovevo agire d strategia, guadagnare tempo e, soprattutto, soddisfare in qualche modo almeno una delle mie fantasie così a lungo coltivate fino a diventare ossessioni. Non sarei andato via a bocca asciutta. Lo guardavo e era tale l'eccitazione, il desiderio per lui e per il suo corpo che a stento trattenevo le lacrime.
    - Va bene, me ne andrò, - ammisi mentre macchinavo la mia strategia, - ma faremo un compromesso.
    - Di che tipo? Non...
    - Tu decidi che me ne vado, - lo zittii con determinazione, - io decido a quali condizioni.
    - Ma cosa ******* dici?
    - Se accetti le mie condizioni, stasera me ne vado e non mi vedrai più.
    Sconsolato si sedette su una delle sedie della cucina. Mise le mani sulla fronte e sospirò: - Parla.
    - Devo soddisfare un desiderio troppo forte, l'ho coltivato per troppo tempo. Sei stato tu a instillarlo in me...
    - No, non dire cazzate, eri tu che mi spiavi.
    - GIà, e il tuo piede sul mio viso e sul mio ******* a farmi schizzare ce lo misi io?
    Mio zio rimase in silenzio annuendo: - Hai ragione...non dovevo..
    - Forse sì, forse non dovevi ma lo hai fatto e hai messo in me un desiderio. Ora noi lo metteremo in pratica e poi io ti lascerò stare per sempre.
    Mio zio socchiuse gli occhi, meditò a lungo. Poi annuì.
    - Bene, portami in camera tua.
    - Cosa hai intenzione di fare?
    - Lo vedrai.
    Si alzò e si avviò. Io lo seguii. Raggiungemmo una camera con un letto sfatto. Mio zio non era di ceerto un uomo ordinato. C'era odore di amschio in quella camera, odore di maschio e salsedine. Lui aprì le braccia stringendosi nelle spalle. - Eccoci, dunque?
    - Spogliati.
    Sospirando con rassegnazione ubbidì. Tolse la canottiera e poi abbassò i pantaloni. Osservai quei gesti con una brama eroticache mi scosse fino alle radici. Avevo un'erezione persino dolorosa da quanto premeva. Mio zio rimase in piedi di fronte a me, nudo. Meravigliosamente nudo. Affusolato, con la pelle abbronzata, i peli scuri sul torace, intorno all'ombelico, sul pube da cui si staccava un bellissimo pene periforme ora a riposo. Peli sui testicoli, sulle cosce tornite, sui polpacci fino alle caviglie. E poi quei piedi così incredibilmente seducenti, Perfetti. Maschili e curati. Coronati da quegli alluci che tanto mi avevano torturato nelle mie fantasie .
    - Stenditi sul letto. - ero perentorio. In quella situazione così tesa e strana, stavo comandando.
    Mio zio si stese. Allora io mi inginocchiai e fui sopra i suoi piedi. Oh quanto li avevo desiderati! Erano lì, curati. Profumavano di un misto di sale, sabbia e crema. Li annusai e il mio cervello si spense. Da quel momento fu sicuramente il mio uccello a guidare ogni volontà. Divenni un essere pieno di sesso, di voglia, di brama. Aprì la bocca e igugitai assieme i due alluci tenendo saldamente con le mani i due piedi trofeo uniti.
    - MMMM...mar...cooohhh - Gemette inarcandosi mio zio. Con la lingua iniziai a stimolare quei due enormi alluci sigillati dentro la mia bocca. Simile ad una lumaca impazzita la lasciavo correre fra quelle due protuberanze carnose mentre con le dita della mano stuzzicavo dolcemente i fianchi carnosi dei piedi. Mi zio si divincolava lentamente, gemendo. Alzai lo sguardo e vidi in prospettiva il suo pene farsi enorme e puntare verso il soffitto. Man mano che si ergeva dilatandosi, la pelle del prepuzio si tendeva e scivolava. Vidi la cappella gigantesca sgusciare fuori, turgida e umida.
    - Ohhh Marcooohh...mi fai...impazzire così.
    Non desideravo altro. Farlo impazzire ed io stesso impazzire. Iniziai istericamente a leccare le piante dei piedi di mio zio. A mordicchiarle e poi a passare la lingua con insinuante lascivia fra tutte le dita, indugiando. Lui si issò sui gomiti. Reclinava la testa nel godimento e poi mi guardava. La sua faccia bellissima era trasfigurata, era quella di un antico dio fatto di sesso e di ebbrezza. Uno sguardo di delirio e potere lo attraversava. E questo mi invasava, mi riempiva di energia. Allora mio zio iniziò a prendere l'iniziativa. spinse uno dei piedi sul mio volto in modo autorevole e mi costrinse a stendermi.
    - Spogliati, subito, - mi comandò. Io ubbidii senza batter ciglio. Denudai il mio corpo con consapevolezza. Glielo offrii senza ritegno, con quell'erezione gocciolante che ormai mi stava facendo impazzire da troppo tempo.
    - Zio, sono tuo.... - gemetti e i suoi piedi giunsero assieme sul mio enorme fallo impudico. Lo serrarono ai lati e iniziarono a massaggiarlo in su e in giù, senza posa. A volte un piede schiacciava il mio pene sul mio ventre e l'altro si divertiva a stimolare la cappella. Io godevo di quel contatto e ero la creatura più felice e più perversa del pianeta.
    Mio zio iniziò a masturbarsi seduto sul letto. Io ero steso sotto di lui, sotto i suoi piedi. Vedevo le sue mani sul suo bellissimo ******* vibrante. UN piede di mio zio si insinuò con violenza nella mia bocca:
    - Leccalo, leccalo così... - mi impose. E mentre ubbidvo, con l'altro piede iniziò a masturbarmi.
    - MMMHh...ooohh....zzzz...iii...ooo cosìììì vengooo
    - MM sìì....- gemette con fare sadico, - vieni...che vengooooo anche io...
    Il suo fiotto di sperma, copiosissimo, cadde in tre enormi sborrate sulla mia pancia mescolandosi al mio che era uscito nello stesso tempo. entrambi urlammo di un piacere bestiale, ferino, consapevole di essersi generato da energie ancestrali e sregolate. Rimanemmo a lungo così, io disetso a terra, lui sul letto. Bagnati di sudore, piacere, di sperma. L'aria odorava di sperma e di piedi curati. Anche di sudore e sale. Io sorridevo. Sorridevo consapevole della mia cosciente perversione. Felice di averla coronata trascinandoci dentro l'oggetto del mio desiderio.
    Mio zio si alzò dopo un po'. Era bellissimo, sudato. Sembrava rilassato. Si diresse al bagno e sentii che la doccia si metteva in azione. Quando tornò di là, avvolto in un asciugamano, mi disse: - Va a lavarti anche tu. Preparo qualcosa da mangiare prima che tu te ne vada.
    Io annuì e mentre andavo verso il bagno, sentii i suoi occhi su di me. Dovevo solo portare a termine il mio piano per rimanere lì. Ora che avevo assaporato il piacere più alto, non avrei certo permesso a nessuno di impedirmi di andare ben oltre.


    quinto capitolo: un chiarimento inatteso, misteri svelati e un monito oscuro ed inquietante.

    Uscito dalla doccia mi diressi in cucina. Mio zio si era rivestito io invece, con ostentata sicurezza, andai di là completamente nudo. Sotto lo scrosciare dell'acqua avevo ripensato a quanto era appena accaduto e il mio pene, nonostante sfibrato dalla pratica, si era già un po' sollevato. Del resto nella cerchia dei miei trombamici, avevo la fama di essere un satiro tanto che il mio nick era 'piporitto'. Ostentai la mia nudità conscio che mio zio ne sarebbe stato in qualche modo disturbato ma solo perché costretto a contemplarla e desiderarla. Avevo visto il suo sguardo, avevo sentito la sua voce mentre mi masturbava coi suoi piedi, avevo sentito nella sua voce soffocata e maschia che ansimava tutto il desiderio che si riversava su di me e sul mio corpo.
    - Copriti, - mi intimò duramente ma fissandomi con insistenza. Era seduto.
    - Non mi va, - risi sedendomi di fronte a lui e aprendo le cosce in modo quasi caravaggesco affinché potesse vedere il mio scorto e il mio inguine folti di peluria bagnata. Ancora non li avevo asciugati e sgocciolavano come muschi. Il mio uccello era barzotto e la cappella aveva già deciso di allargarsi e sgusciarsi fino a metà. Zio Roberto non riusciva proprio a distogliere lo sguardo. Però restava fermo e duro in volto.
    - Marco, hai ottenuto quello che volevi e ora devi mantenere il patto. Preparati e vattene.
    - Dimmi solo perché non posso restare. E' stato così bello...
    - Non farmi incazzare, per dio! Hai chiesto un patto e ora lo devi mantenere.
    - Fammi capire però, poi me ne vado. - Mentre parlavo iniziavo a titillarmi vagamente il corpo, ora i capezzoli, ora i testicoli. Speravo di trascinarlo di nuovo nella tentazione per far sì che abbandonasse definitivamente quel proposito di allontanarmi. Gemetti e lo fissai con seduttività ma lui si alzò irritato.
    - Non scoperemo né faremo altro sesso, alzati e vestiti!
    Sentendomi rifiutati per un attimo provai vergogna. Quel tono autoritario mi spostò al di fuori di me e per un secondo mi vidi, patetico ragazzo arrapato e malato di perversione di fronte ad un uomo maturo che era capace, nonostante il desiderio, di governare il proprio istinto. Che sciocco ero stato! Avevo trasferito su di lui la mia stessa libidine, sperando di trovare un completo rispecchiamento e invece no. Lui riusciva a mettere una sana distanza, io invece ero colmo di una radicale anomalia che mi rendeva schiavo del mio impulso sessuale. Mi alzai e tornai in camera per vestirmi. Mi sentivo sporco ma anche profondamente frustrato.
    Tornai di là e trovai mio zio seduto sul divano del tinello di quella strana casa tutta di legno, aperta sul mare.
    - Siede un secondo, - mi disse indicandomi la poltrona.
    Ubbidii con un certo fastidio.
    - Ascolta Marco, sei un bellissimo uomo pieno di energie belle e sensuali. A trentanni puoi goderti qualsiasi cosa, puoi avere chi vuoi e non ha senso che tu perda tempo con un tuo vecchio sogno. Hai inseguito quel sogno, oggi lo hai realizzato e ora liberatene. Lo dico per te. Promettimi di dimenticarmi.
    Attesi prima di rispondere.
    - Mi sei entrato in testa e nel corpo tanto tempo fa e non ho fatto altro che desiderarti per più di dieci anni.
    - Non è una cosa sana, questa, lo capisci? Avrai incontrato sicuramente altri uomini con piedi altrettanto belli... - Rise con dolcezza. Io risposi con un sorriso rilassato.
    - Ma era te che volevo.
    - Non si può fare.
    - Dimmi almeno perché.
    Sospirò come se in qualche modo la mia insistenza fosse più forte della sua resistenza. Mi guardò intensamente:
    - Non posso dirti tutto, dovrai accontentarti di qualche accenno. Sarà sufficiente perché tu poi te ne vada come ti chiedo di fare.
    Annuì. Mio zio respirò e iniziò.
    - Con te, indirettamente, non ho soltanto appurato che le donne erano solo paraventi. Non solo compresi allora che io ero gay e che desideravo altro. Marco, tu non ti sei innamorato dei miei piedi a caso.
    Io sgranai gli occhi e lui se ne accorse.
    - Cioè?
    - Io ho ripensato a quel periodo e mi sono reso conto che inconsapevolmente ho sedotto te coi miei piedi. Li notavi e li desideravi perché io facevo in modo di renderli sessualmente espliciti.
    - Che cosa? - Pensai che ci fosse qualcosa di strano, di eccessivo. Mi aveva dunque volutamente sedotto per anni così?
    - No, no, no! - Mise le mani avanti, - non saltare alle conclusioni. Non ero di certo un adescatore di minorenni! Ti ho detto che fu involontario. In verità, Marco, io mi ero segretamente innamorato di tuo padre. Tuo padre mi piaceva, mi attirava ancor prima che io sposassi sua sorella. Fin da giovane era stato per me un sogno erotico ma non potevo dirlo, né rivelarlo. Eppure nella mia incoscienza ero sicuro che una qualche possibilità di attirarlo poteva esserci. Temo di aver sposato tua zia solo per potergli stare vicino.
    Io sospirai esterrefatto. Mio padre? Tutto avrei potuto immaginarmi fuor che quella ammissione.
    - So che può sembrarti imbarazzante, lo è. Io steso solo a ripensarci mi sento immensamente cretino. Fatto sta che l'unico modo per mandargli dei messaggi non espliciti fu puntare su una parte del corpo che per me è sempre stata un fulcro estetico. I piedi. Li curavo, li mettevo in mostra sperando che potessero essere per lui un'esca. Amavo i piedi maschili, li bramavo e spiavo al mare e in piscina. Per cui pensavo che anche gli altri uomini sarebbero potuti essere attratti dai miei. Li muovevo in modo sensuale ma facendo finta di nulla, dicendomi che sicuramente prima o poi lui si sarebbe fatto avanti. Che cretino. Tuo padre non mi ha mai visto se non come un cognato e credo non abbia mai guardato i miei piedi nemmeno una volta. Tuo padre era l'essere meno omosessuale che io abbia mai incontrato. Io, così turbato e ancora non risolto, mi masturbavo pensandolo e intanto come un cretino utilizzavo i piedi per tentare di adescarlo. E non capivo che....
    - ...che?
    - Che senza volerlo e saperlo, almeno inizialmente, i miei piedi stavano adescando te! Tuo padre li ignorava ma qualcun altro, di nascosto, li bramava e si innamorava di me attraverso la loro visione. Tu Marco sei vittima dei miei errori. E di questo ti chiedo scusa. Uno zio criptochecca feticista ti ha contagiato col suo feticismo.
    Rimasi ammutolito. Scosso. Il turbamento per un attimo era pensare mio padre fare sesso con mio zio. Nonostante io sia una persona sessualmente aperta e perversa, non ho mai concepito l'incesto e l'idea di mio padre nudo a fare sesso non mi ha mai attratto, anzi. Tuttavia, superato quel primo shock, iniziai a sorridere. L'idea aveva in sé qualcosa di eccitante. Che cosa romanzesca: ero caduto vittima di un incantesimo erotico ordito non per adescare me, bensì mio padre.
    - Beh, - ammisi, - non vedo di che tu ti debba scusare. Io sono felice del turbamento che mi provocavi. Ha costruito il mio essere e mi ha dato energie e mi ha fatto fare ricerche erotiche che sono felice di avere sperimentato. Però ora sono qui e ho appurato che anche se non sono mio padre, il mio corpo in qualche modo non ti lascia indifferente.
    Zio Roberto rise: - Sì, oltretutto ora gli assomigli, porca vacca!
    - E allora fammi rimanere.
    - Ecco, manca un tassello. Ascoltami bene ora. In questi anni ho sviluppato una certa libertà, non mi sono legato e mi sono molto divertito. Ho iniziato a frequentare un gruppo id persone che a volte vengono qui. Non ti dirò altro che questo. Solo che stasera queste persone giungeranno nella cala e tu non dovrai in alcun modo essere qui.
    - Ma che male c'è?
    - Non devi chiedere. Sappi solo che non devi essere qui quando loro arriveranno. La cosa non va a me e soprattutto ti esporrebbe ad un rischio che non voglio che tu corra. Per cui ora chiudi la bocca e riprendi la via del ritorno. Sono già le cinque e tra poco arriveranno. Devi sbrigarti a partire, subito. Ti prego di non insistere oltre.
    Nella voce di mio zio c'era qualcosa di teso, lievemente inquietante. Percepivo la sua apprensione e il mistero su queste misteriose presenze in arrivo mi metteva addosso una certa paura. Tuttavia provavo anche una profonda curiosità.
    - Ma chi sono?
    - Ti ho detto quanto basta e ti invito a muoverti. Marco, davvero, potrebbe essere pericoloso e potresti trovarti a vivere o vedere cose che non voglio che tu veda.
    Si alzò di scatto dal divano e mi afferrò per la mano: - Vieni! Ti accompagno.
    - Ma zio....
    - Non aspettare oltre, si sta facendo tardi.
    Senza fare troppa resistenza, con una delusione crescente che mi spingeva quasi a piangere, capii che dovevo abbandonarlo. Uscimmo nella veranda sulla spiaggia ma in quella zio si fermò, imprecando: - *******, no!
    Dall'imboccatura della cala stava giungendo un motoscafo diretto verso il molo.
    Mio zio, come colto da grande paura, mi spinse in casa. - Porca *******, sono arrivati presto! Ora come si fa?
    - Ma che succede? Dimmi...
    Rudemente mi spinse indietro e mi portò sul retro, in una stanza lunga e stretta dove erano ammassati una canoa, strumenti da spiaggia, cianfrusaglie.
    - Ascoltami bene, - mi intimò con fare autoritario ma anche premuroso: - Dovrai restare qua dentro finché queste persone non se ne saranno andate! Devi giurarmi di non farti vedere da loro, né farti sentire. Giuralo!
    Io annuì e sibilai, spaventato: - Giuro.
    - Non scherzare, e ubbidisci. Qualsiasi cosa succeda, tu non uscire! Giura!
    Annuì: - Giuro.
    - Qualsiasi cosa tu senta stasera, chiudi le orecchie e ignorala. Ok?
    Annuì: - Ok
    - Se ti scoprono, siamo nei guai in due e non è cosa che ti raccomando. Dimmi che hai capito!
    Annuì: - Ho capito. - Iniziavo ad avere una grande paura.
    - Dopo che se ne saranno andati, a notte fonda, dormirai con me. Ti farò assaggiare i piedi ma solo se ubbidirai.
    Detto questo chiuse la porta e mi lasciò in quello sgabuzzino. Avevo il batticuore. Cosa stava per succedere? Sentii passi e voci maschili. Saluti, risate.
    Inspirai ed espirai come ormai avevo imparato a fare dopo anni di yoga. Mi calmai e percepii chiacchiere normali.
    Avrei mantenuto il patto, che diamine! Non solo perché avevo comunque paura, ma perché, con immensa gioia, realizzai che mio zio mi aveva appena prospettato che avrei dormito con lui e coi suoi splendidi piedi. senza volerlo, il mio piano aveva ripreso vigore.

    Sesto capitolo: una combriccola di giocatori ed un gioco molto particolare.

    Quando il mio respiro si normalizzò, accostai l'orecchio alle travi di legno della parete per ascoltare le conversazioni. Riconoscevo almeno sei voci differenti, una delle quali era chiaramente quella di mio zio. Una voce era cavernosa e baritonale, quasi da attore. Dalla discussione appresi che apparteneva ad un uomo che doveva chiamarsi Angelo e che immaginai avere più o meno l'età di mio zio. Una seconda voce, più giovanile, aveva una lieve inflessione umbra. L'uomo che parlava in questo modo si chiamava Peppe o Beppe e mi figurai che avesse più o meno la mia età. Una terza voce, calda e profonda, pausata nella scansione delle parole, apparteneva a un tale Tiberio. Il raddoppio mal celato delle B svelava la sua origine laziale anche se parlava forbitamente dandomi l'idea di una persona di cultura. Decisamente ligure e quasi familiare era invece la voce di un uomo la cui età faticavo a immaginare, che si chiamava Paolo. Fu la prima voce che riuscii ad abbinare ad un nome poiché questo Paolo sembrava essere molto richiesto da tutti e aveva un modo un po' organizzativo, quasi da leader. Qualcosa era familiare in quel tono. Molto più giovane era l'ultima di quelle voci. Sembrava quella di un ragazzo. Parlava meno degli altri e vi coglievo un certo riserbo se non addirittura un po' di imbarazzo come se questa persona fosse nuova nel gruppo e attendesse di essere miglio introdotta. Ci misi un po' a capire come si chiamasse il giovane: Manrico. Il tono delle prime discussioni fu un po' generico:
    Zio: - Oh, ma siete molto in anticipo stasera!
    Paolo: - Ci facevi tristezza tutto solo (ridendo scherzosamente), abbiamo deciso di venire prima per farti compagnia.
    Zio: - Non ho ancora cucinato nulla.
    Tiberio: - Meglio così, abbiamo portato noi qualcosa dal supermercato. Così si fa prima e iniziamo prima a giocare.
    Risata generale.
    Paolo: - Lui è un po' teso, vero?
    Manrico: - Eh, un po'... (ridendo con impaccio)
    Mio zio: - No, ma devi stare tranquillo. Vedrai che sarà divertente.
    Tiberio: - Almeno per noi! (ridendo in modo pungente seguito da qualcun altro)
    Paolo: - Senti Roberto, ma quel gommone ormeggiato al molo? Di chi è?
    Avvertii una breve pausa di silenzio e mi immaginai l'imbarazzo di mio zio. Tuttavia lui rispose senza inflessioni di incertezza.
    - Sono venuti ieri con due gommoni da Genova, dall'istituto e lo hanno lasciato qui. Lo riprendono la prossima volta perché aveva poco carburante.
    Paolo: - Ma dentro c'è uno zaino, pieno.
    Zio: - *******! Hai ragione, l'ho dimenticato. Mi hanno anche detto di metterlo dentro e l'ho completamente scordato. Dopo, quando andate via, lo prendo.
    Immaginai il timore di mio zio ma apprezzai la sua scioltezza nel mentire e nel trovare subito una più che plausibile soluzione.
    Beppe: - Peccato, noi speravamo in una sorpresa. Magari, ci siamo detti, stasera Robby ci fa trovare carne giovane per divertirci di più.
    Non so che gesto seguisse a questa conversazione ma sentii una risata collettiva.
    Tiberio: - Beh, dai, stasera c'è lui... accontentiamoci.
    Di nuovo risate. Compresi che 'lui' era riferito a Manrico.
    Dopo altri convenevoli, sentii suoni di posate e bicchieri e per una lunghissima e interminabile ora fui costretto a sentire confuse chiacchierate durante la cena. Terminata quella fase sentii che sparecchiavano dopo di che si spostarono ne portico fianco della cucina. Scivolai in avanti nello sgabuzzino, al buio. Lo feci cercando di non far cadere nulla e di essere il più silenzioso possibile. Rimasi colpito quando scoprii che una delle assi angolari aveva una profonda fenditura. Mi sistemai davanti a quella ferita e mi accostai. Quella postazione mi permise in tal modo di rimanere nascosto e di vedere tutto. Finalmente misi a fuoco i cinque ospiti di mio zio, dando corpo alle voci sulle quali avevo a lungo fantasticato. I sei amici di baldoria erano seduti intorno ad un tavolo a poco più di due metri dal luogo in cui mi trovavo. Da una trave del portico pendeva una bella lampada da bocciofila che illuminava lo spazio. Oltre il mare era nero, fuso col nero della notte stellata. Lontanissime, scorgevo le luci di alcuni grandi navi poggiate su un orizzonte invisibile.
    I cinque erano seduti intorno al tavolo e si apprestavano a fare una partita di carte. Il mazzo era collocato proprio davanti a mio zio. Sul piano di posa c'erano anche alcune birre, una bottiglia di vino rosso e vari bicchieri. Non coglievo nulla di insolito. Un gruppo di amici pronti a rilassarci con una partita, in un bel posto tranquillo. Perché mai mio zio mi aveva così a lungo messo in guardia da quella gente? Ero curioso e volevo capire. Iniziai a studiare ogni uomo seduto a quel tavolo e la mia natura perversa e sensuale mi spinse subito a prendere atto che ogni convitato era vestito in modo estivo. Tutti e sei indossavano pantaloncini, tutti erano rigorosamente a piedi nudi.
    Individuai accanto a mio zio Tiberio, il romano. Un bellissimo uomo di circa sessanta anni, robusto ma asciutto. Una barba folta, bianca e pepe, incorniciava curatissima il volto. Sul naso imponente e affilato campeggiavano due occhiali che gli conferivano un aspetto intellettuale. Era calvo, incredibilmente sexy. Le sue gambe ben fatte terminavano in due piedi curati, morbidi, molto arcuati.
    Sul lato corto del tavolo, a capotavola, era seduto Beppe. avevo intuito bene. Avrà avuto più o meno la mia stessa età. Era un bel tipo, altissimo, dal fisico snello, non eccessivamente palestrato, quello che in genere si dice una 'lontra'. Doveva essere molto peloso da come si intuiva dal petto ben visibile giacché teneva aperta la camicia hawaiana. Anche sulle belle braccia abbronzata si notava una peluria affascinante che si riproduceva su due gambe strepitose terminante in piedi da urlo. Erano due piedi davvero enormi, fuori proporzione anche per un uomo di quell'altezza. Stimai potessero essere un 48. In genere, grazie alle mie varie esperienze, dovevo ammettere che i piedi grandi sono una fantasia quasi sempre disattesa. Il piede grande raramente è ben fatto, delude sempre le aspettative. Ma i giganteschi fettoni di Beppe sconfessavano questa mia convinzione. Erano due giganti carnosi, affusolati e snelli, grinzosi sui fianchi, con talloni imponenti lisci e curati. Le dita erano impressionanti. Lunghissime, paragonabili a dita di una mano e gli alluci larghi e schiacciati. Beppe muoveva continuamente quelle dita, inconsapevolmente, mentre parlava o beveva. Solleticava l'aria e trovavo quella pratica di una sensualità sconcertante.
    Sull'altro lato lungo era seduto il giovane Manrico. Lo vedevo di spalle ma per ben due volte si voltò per studiare la casa tanto che mi ritrassi per paura di essere in qualche modo scoperto. Era un giovane di circa 23 anni. Aveva una statura media, un corpo proporzionato. Era biondo per cui la sua peluria si vedeva solo se toccata da luce radente. Aveva capelli corti e una barbetta molto ammiccante. I suoi piedi erano equilibrati col corpo, un 41 probabilmente. Ben fatti e curati.
    Accanto a lui c'era Angelo. Ricciuto, capelli nerissimi. Intuivo un volto affilato con un naso aquilino. Aveva il corpo snello e come immaginavo aveva la stessa età di mio zio, che gli sedeva di fronte. Le gambe di questo bel tipo erano coperte di una scura peluria e i suoi piedi erano nervosi, a tratti nodosi, come quelli disegnati nei taccuini da Michelangelo o da Durer.
    Quando però vidi chi sedeva all'altro capotavola, mi si mozzò il respiro. Ecco perché la sua voce mi era sembrata familiare! Paolo altri non era che il Paolo che per anni avevo frequentato online nel gruppo di videochat. Lo riconobbi. Capelli brizzolati legati in un codino, barbetta, corpo magro e tatuato, i suoi bellissimi piedi del 45 con alluci importanti! Incredibile che ora fosse lì! Quindi era un amico di mio zio! Beh, eravamo in Liguria e non era inverosimile che, anche alla luce di quanto mi aveva raccontato quel giorno mio zio riguardo alla sua passione feticistica, le strade di Paolo e di Roberto si fossero incontrate. Iniziavo a comprendere che quel gruppo di 6 persone fosse legato da quel tipo di interesse. Nell'apprenderlo il mio uccello si era nel frattempo ingigantito. Iniziavo a sognare di essere là sotto quel tavolo, steso sotto quei dodici piedi ciascuno così diverso eppure così eccitante.
    Non ebbi tempo di fantasticare che il gioco iniziò.
    Paolo: - Bene, allora spieghiamo a Manrico che è nuovo, come funziona il gioco. Tiberio ti ha spiegato?
    Manrico, con timidezza: - Beh, per sommi capi. Non sono molto edotto.
    Paolo, con ironia: - Beh, giovinotto, si sente che sei studente del nostro Tiberio! Parli come lui, come un libro stampato!
    Tiberio, con sarcasmo: - Non è un mio studente! Ci siamo incontrati in università ma non mescolo mai lavoro e divertimento, vero Manrico?
    Manrico annuì e tutti risero.
    Paolo: - Bene, allora a ciascuno toccano 5 carte. Le ruotiamo uno alla volta e ad ogni giro perde chi ha la carta più bassa. Chi scopre la carta più bassa segna un punto-penitenza.
    Beppe: - Si procede fino a che non copriamo tutti tre volte. Ogni giro segna il punto penitenza chi ha la carte più bassa.
    Mio zio: - Alla fine del terzo giro, chi ha più punti penitenza deve scontare, ovviamente, la penitenza.
    Angelo: - Se ci sono parimerito, i due che hanno stesso punteggio estraggono una carta e perde chi prende la carta più bassa. Tutto chiaro?
    Manrico: - Ok.
    Tiberio: - bene, allora nonr esta che spogliarci!
    Avevo capito bene? Sì, avevo capito bene. Infatti vidi he i sei si alzavano e ridendo in modo fra il goliardico e il malizioso, si denudavano velocemente gettando gli abiti alle spalle delle sedie. Notai che fra i cinque più maturi del gruppo scorreva un'energia cameratesca, tanto che si lanciavano occhiate complici e si percepiva che conoscessero già approfonditamente i corpi l'uno dell'altro. Non così era per Manrico. Vedevo la sua lieve prudenza nel denudarsi. Gli occhi degli altri cinque, compresi quelli di mio zio, erano rapaci. Studiavano i dettagli del corpo del giovane mentre si snudava. Ero molto eccitato anche se l'idea che mio zio stesse guardando con interesse il corpo del ragazzo mi infastidiva un po'. L'espressione di mio zio era stata rilassata per tutto il tempo. Evidentemente non sapeva che stavo spiando. Solo una volta lanciò uno sguardo verso la fenditura dal quale io assistevo alla scena ma non soffermò lo sguardo ed io ero certo di essere la sicuro nel buio.
    Paolo, guardando Manrico: - Non male, Tiberio. Non male. hai portato ottima merce.
    Risate goliardiche seguirono alla battuta e vidi che Manrico si adeguava a quell'ilarità con un certo equilibrio.
    Si sedettero e iniziarono a voltare le carte:
    Mio zio: - Tre.
    Tiberio: - Sei.
    Beppe: - Sei.
    Manrico: - Tre.
    Angelo: - Cinque.
    Paolo: - Otto. Bene! Segniamo i punti penitenza: uno a Roberto e uno a Manrico.
    Partì il secondo giro:
    Mio zio: - Otto.
    Tiberio: - Tre.
    Beppe: - Due.
    Manrico: - Sette.
    Angelo: - Sette.
    Paolo: - Sei. Stavolta caro Beppe il punto spetta a te!
    Beppe: - Vacca boia! - E rise con una certa ansia.
    Paolo: - Ultimo giro.
    Mio zio: - Sette.
    Tiberio: - Cinque.
    Beppe: - Asso... no, porca vacca.
    Manrico: - Quattro
    Angelo: - Nove.
    Paolo: - Dieci. Ah, ah! Carissimo Beppe, chi l'avrebbe detto che saresti stato il primo?
    Beppe, con voce un po' ansiosa: - No raga, facciamo che era un giro di prova per far capire a lui! - Indicò Manrico ma gli altri si erano alzati, ridacchiando. Anche mio zio sembrava travolto da quella frenesia.
    - Nessuna deroga, lo sai, a chi tocca tocca! - esclamò Tiberio. Beppe aveva un'espressione difficile da decifrare: rideva ma non con complicità. rideva ed era attraversato da una strana ansia, fra l'imbarazzo e la rassegnazione.
    Una cosa era certa e visbile: gli altri erano molto eccitati. Vidi meravigliose erezioni fra le gambe di ogni convitato. Quella di mio zio la conoscevo, ormai. Cappella grande e umida su un fusto carnoso. Quella di Tiberio era meravigliosa. Un pene lungo e sottile, a punta di freccia che si staccava da una peluria fittissima. Testicoli imponenti anch'essi pelosi. Il pene eretto di Manrico era piccolo ma ben fatto, adorabilmente ubicato nel nido biondorossiccio della sua peluria. L'erezione di Paolo la ricordavo dalle sessioni in video chat ed era davvero una carnosa libidine di vene, pelle e cappella tornita ma a stupire era, senza dubbio, l'uccello di Angelo. Non credo mai di aver visto una cosa più straordinaria. Angelo non aveva un pene fra le gambe, aveva un mostro, una bestia quasi spaventosa. Era un uccello largo quasi quanto una bottiglia, turgido e percorso da sottili vene a rilievo. Avevo intuito che Angelo fosse ebreo perché aveva tatuato sul braccio una frase della cabala. Il suo enorme uccello era circonciso e la sua cappella era una sorta di becco spaventosamente enorme. Faticavo a staccare gli occhi da quella meraviglia ma anche gli altri uccelli non erano da meno. Sentivo il mio premere fortissimamente nel pantalone. Avevo una grande voglia di masturbarmi ma avevo paura di perdere il controllo e di tradirmi. Avevo promesso a mio zio di essere invisibile e così mantenni il patto che mi avrebbe di notte portato a dormire accanto all'uomo dei miei desideri. Tuttavia l'idea di godere assieme di quei cinque ******* non era da poco.
    Beppe non oppose resistenza quando in quattro lo sollevarono braccia e gambe.
    Paolo: - Bene, portiamolo di là. Iniziamo con la sedia!
    Beppe: - Vi prego iniziamo con calma.... - C'era ansia mentre veniva riportato in casa. Manrico seguiva il corteo con aria curiosa e preoccupata.
    Persi dunque il contatto visivo. Cosa stavano per fare a Beppe?
    Scivolai silente come l'ombra di nuovo lungo la parete. Raggiunsi l'altro angolo dello sgabuzzino e capìì che stavano allestendo qualcosa in tinello.
    Ero frustrato. Sentire e non vedere era terribile. Avvvertivo che stavano ormeggiando ridendo e commentando:
    Mio zio: - Ti vedo preoccupato Beppe, hai paura?
    Beppe: - Sì, l'avresti anche tu bastardo.
    Tiberio: - Dai, lo sai che la prima mano di gioco passa veloce. Solo mezzora! E' dopo che diventa più pesante la cosa!
    Beppe: - sì, ma mezzora come l'altra volta non è fattibile. Siate più calmi.
    Io stavo impazzendo. Cosa stavano per fare a Beppe? Dovevo vedere. Poi scorsi in alto uno spiraglio di luce che perforava il buio compatto dello sgabuzzino. Cercai a tentoni di raggiungere uno sgabello che avevo visto quando mio zio mi aveva chiuso lì dentro. Lo trovai e in assoluto silenzio lo posi a filo del muro e poi, a piedi nudi, col ******* durissimo e dolente, mi issai. Giungevo perfettamente all'altezza del foro. Da là vedevo tutto. E vidi. Vidi come Beppe era stato legato ad una sedia a gambe divaricate issate su due travi inchiodate a quella sedia. Vidi cinque uomini nudi ed eccitati intorno a lui. E vidi cosa stavano per fargli. Il gioco stava per iniziare.
     
    .
  6.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    2
    Reputation
    +1

    Status
    Offline
    Settimo capitolo: quello che fecero a Beppe.

    Beppe era legato con le mani dietro lo schienale di una poltrona di vimini. Mi dava la schiena per cui vedevo la sua nuca e la schiena nuda attraverso le cane del vimini. Le mani erano state legate con delle cravatte ed una corda. Le gambe bellissime dell'altissimo ragazzo erano divaricate e legate con solidi legacci alle caviglie e all'altezza del ginocchio su due assi che erano state innestate su quella sedia che sembrava un'esotica traduzione artigianale di una poltrona da ginecologo. Quattro maschi decisamente arrapati gli stavano intorno, due per lato: a sinistra mio zio e Tiberio, a destra Angelo e Manrico, un po' titubante ed arretrato. Nell'incavo a V fra le due gambe, in piedi e con un'erezione che sembrava una minaccia, stava Paolo che rideva con aria sadica.
    - Caro Beppe, - annuì, - facciamo partire il tempo. Come sai, non puoi fare o dire nulla per farci smettere. La mezzora sarà intensa, vero ragazzi?
    Mio zio annuì e si diresse in cucina tornando con un timer a forma di uovo. Sistemò la carica e disse: - Possiamo partire.
    Ancor prima che i cinque si avventassero su Beppe, vidi le mani e i piedi enormi del giovane uomo agitarsi in preda ad una nervosa disperazione.
    Paolo si inginocchiò fra le sue cosce e iniziò a carezzarle lascivamente. Le belle dita delle mani del genovese iniziarono ad arcuarsi e subito il massaggio si trasformò in solletico. Beppe urlò istericamente e iniziò a ridere. Gli altri assistevano con sguardi avidi, famelici, vogliosi. Ben presto si inginocchiarono ai lati della sedia e ciascuno si dedicò ad un'area sensibile del flessuoso corpo del ragazzo legato. Il mio respiro si fece affannoso. Ebbi paura e provai eccitazione nello stesso tempo. Quell'ossimoro mi fece male. Mi vergoganvo eppure non ruscivo a non guardare. Le urla di Beppe invasero la casa, quella casa irraggiungibile, lontana da tutto.
    Vidi mio zio trasformato. La sua bella faccia rideva in un modo mai visto. Era un riso voluttuoso, accompagnato da gemiti animaleschi e da uno sguardo lascivo. Le mani di mio zio stavano torturando un'ascella e un capezzolo, senza sosta. Sul lato opposto Manrico imitava mio zio, guardando i suoi gesti per riprodurli sul versante opposto della vittima. Beppe si contorceva e si divincolava, reclinava indietro la testa e le sue erano risate miste a grida. Non c'era gioia ma dolorosa follia. Spostava istericamente il torso da una parte e dall'altra ma ovunque lo dirigesse, trovava due mani crudeli a solleticarlo. Quella crudele pratica gli mozzava il respiro così che la risata isterica diveniva urlo e poi rantolo. Ma i suoi aguzzini non mollavano, anzi, sembravano alimentarsi di quella sofferenza.
    - Guardalo come si agita, guardalo! - Sussurrò Tiberio che nel frattempo si era chinato presso l'enorme piede sinistro di Beppe.
    Dal versante del piedone destro, gli rispose Angelo: - Questi piedi così enormi sono una vergogna morale, chiedono vendetta! Meritano una punizione.
    All'unisono Tiberio spalancò la sua bocca incorniciata dalla folta barba e così fece Angelo. Ingoiarono gli enormi alluci e poi, con le lingue umide, iniziarono a passare attraverso ogni interstizio fra le lunghissime dita dei piedi di Beppe. Con entrambe le mani, mentre gustavano quella delizia, i due uomini solleticavano senza pietà i fianchi rugosi dei piedi giganteschi. Beppe urlava, il suo corpo stava ricevendo infinite sollecitazioni ed ogni area sensibile veniva iperstimolata. Paolo era al centro di quella tortura. Rideva con aria di sfida, passava lo sguardo su ogni dettaglio. Annuiva compiaciuto. Poi alzò il dito indice della mano destra e lo allungò verso l'ombelico di Beppe inserendosi là dentro a sfrucugliare con cattiveria. Quell'ulteriore stimolo portò Beppe al parossimo. La sua figura si inarcò ed io vidi i tendini e i muscoli delle braccia e delle gambe indurirsi.
    - Viii....prehhh....pre...goooooohhh....bbbbaaaastahhhh...
    Mio zio si voltò a guardare l'uovo timer.
    - Ma Beppe, siamo ad appena tre minuti! La cosa durerà mezzora, lo sai! cerca di non agitarti così...o non resisterai.
    Quello che mio zio aveva detto e come lo aveva detto mi aveva colpito. Avvertii un disgusto profondo. Vedevo un'anima diabolica dentro l'essere dei miei desideri. Mi respingeva quel sarcasmo sadico. E allora se mi respingeva perché rimanevo inchiodato a spiare? Perché non intervenivo? E, soprattutto, perché mai il mio uccello era enorme e gocciolava? E ancora: cosa c'era di così distorto in me per cui, sentendo quelle urla disumane, guardando quella scena che travalicava ogni pornografica fantasia per rendersi atroce realtà, anziché sperare la fine di quella violenza, ne desideravo intensamente la prosecuzione?
    Paolo si spostò verso l'inguine di Beppe che io non vedevo da quella posizione. Ma percepì cosa stava per fare. Abbassò la testa e iniziò a muoversi in su e in giù. Per un attimo tutti sospesero il supplizio. Beppe era scosso come da brividi. Piano piano l'effetto devastante del solletico scemava e quelle scosse si placavano ma Beppe ora gemeva...Paolo stava succhiando il suo bellissimo manganello carnoso.
    - Tante urla, - sibilò ridacchiando Tiberio con la sua voce profonda, . e poi basta prendertelo in bocca e ti viene duro!
    Mio zio si accostò all'orecchio di Beppe che gemeva e ridendo sussurrò: - Ti piace eh? Che troietta che sei, Beppe.
    - Dillo che ti piace, - ribadì Angelo. Ma Beppe poteva solo gemere. Era sudato e sfinito e il pompino di Paolo lo stava massacrando di un piacere umiliante e violento.
    - Non vuole dire che gli piace, - sbuffò allora Tiberio, - per cui dobbiamo riprendere. Mancano ancora venti minuti...
    - no, no, no....vi pregooo! - Urlò interrompendo i gemiti Beppe ma non fece in tempo che dieci mani erano tornate a solleticare senza pietà i quattro angoli del suo corpo. Ora Beppe però aveva un'erezione portentosa e Paolo continuava a succhiare la cappella stantuffandola con la bocca in modo abile, con ritmi diversi. Paolo nel frattempo non dimenticava di usare le mani che si abbattevano su cosce e petto del povero Beppe con solleticamenti spietati. C'erano dieci mani in azione su quel corpo. Una sorta di macchina tentacolare fatta di carne maschia sadica stava solleticando senza pietà un alto e terrorizzato ragazzo le cui urla venivano inghiottite dal mare. Non contenti di questa opzione, i cinque aguzzini unirono alle mani le lingue. Mio zio e Manrico iniziarono a titillare i capezzoli di Beppe, Paolo preseguì a stuzzicare l'enorme fallo impudico, Tiberio e Angelo si dedicarono alle sensibilissime piante dei piedi leccando e mordicchiando istericamente. A quel punto Beppe smise di emettere suoni. Il suo corpo irrigidito si arcuava e tremava senza sosta. Io ero preoccupato, sconvolto. Eppure il mio ******* pulsava e dallo sfintere uretrale gocciolava copiosa presborra. Un potere dionisiaco, un invasamento senza controllo si propagava in quel gioco-supplizio e mi raggiungeva così che mi costringeva a guardare, a godere pur provando immenso disgusto e paura. Beppe era in pericolo. Mi era chiaro. Ma nessuno aveva percezione di questo o forse, ed era ancor più atroce la consapevolezza di questa seconda possibilità, forse proprio il fatto che fosse in pericolo schiavo del potere altrui, era ciò che eccitava al parossimo i cinque aguzzini.
    Negli anni avevo assistito a qualche incontro basato sulla pratica del solletico. Avevo anche visto dei video. Talvolta mi ero pure eccitato perché un lato sadomasochistico lo avevo anche io e il solletico ha sempre a che fare coi piedi, la mia passione. Ma un conto erano quei video o quegli incontri un po' scialbi a cui avevo presenziato ai tempi dell'università. Un conto era questa reale penitenza a cui assistevo e che aveva tutte le caratteristiche di una pericolosissima tortura.
    Lo sperma di Beppe irruppe nella bocca di Paolo quando ormai mancavano cinque minuti alla fine di quell'infinito supplizio. Allora, dopo molti minuti di quella silenziosa tensione corporea, Beppe emise di nuovo un unico, infinito, terrificante urlo ed io pensai che stesse per morire. Paolo staccò la bocca ridendo. Il seme lattiginoso del povero Beppe gli colava ai lati delle lebbra sulla barbetta brizzolata. Paolo leccò avidamente quell'impasto di sperma e saliva e ingoiò. Beppe era scosso da convulsioni. Il corpo reso sensibile dall'orgasmo non resisteva più ma gli altri compagni non davano segno di voler cedere. Fu mio zio a chiamare il time out prima del tempo: - Stop, fermi. Così è troppo.
    - Il tempo deve finire, - ammise con crudele sarcasmo Tiberio che continuava imperterrito a grattare con le dita i piedi di Beppe. Beppe urlava disperatamente. Tremava come se avesse attacchi epilettici.
    - Fermati ora, - disse con autorità mio zio e allora la tortura finì. Mentre gli aguzzini si alzavano sudati e ancora eccitatissimi, mio zio si chinò accanto a Beppe e lo consolò carezzandogli la testa. Beppe piangeva e tremava. Mio zio sciolse le cravatte e lo liberò aiutato dal povero Manrico che non sembrava del tutto entusiasta di quanto aveva assistito. Manrico guardava Beppe con preoccupazione.
    - Come stai?
    Beppe tremava e non rispose. Ci vollero circa dieci minuti perché potesse riprendere il controllo del suo corpo e della respirazione. Quando finalmente potè alzarsi, gli altri lo abbracciarono con goliardica intesa.
    - Bastardi, - sussurrò, - vi avevo chiesto di non essere così stronzi!
    - Non farla tanto lunga! era solo la prima manche! Sai che la manche due è ben più terribile! - Rise Paolo, - e comunque il tuo sperma sa di varichina.
    Tornarono dunque in veranda. Scivolai già dallo sgabello e tornai a spiare dalla feritoia.
    Si servirono da bere e lasciarono che Beppe si calmasse del tutto. aveva un'espressione sconvolta ancora, come da ubriaco. Il corpo era rosso per gli sfregamenti e le ditate del solletico. Notai che mentre Manrico si chinava a raccogliere delle carte che Angelo aveva fatto volutamente cadere a terra, Paolo versava nel bicchiere del giovane una polvere trasparente. Manrico non si accorse di nulla e mentre parlavano della sessione appena terminata, bevve la sua porzione di birra.
    - Bene, disse Paolo, sessione numero due. Distribuiamo le carte!
    - Scusate, - disse allora Manrico alzandosi con urgenza, - ma devo scappare al bagno! Aspettatemi. Puoi indicarmi dove è il bagno? - Chiese a mio zio che gentilmente lo accompagnò.
    Poco dopo mio zio tornò da solo ridendo:
    - Quella polverina è fantastica a quanto pare. Agisce subito. Sta pisciando come una fontana!
    - Bene, hai preparato le carte truccate? - Chiese allora Paolo a Tiberio.
    - Certo, eccole. Così perderà di sicuro. Che ne pensate di lui? Giovane, biondo, carino. Non è stato facile convincerlo.
    - Non è il massimo ma penso che ci divertiremo con lui. - Ammise Angelo.
    _ Shhh...eccolo che torna, - disse mio zio.
    Manrico si sedette ed era stanco e visibilmente in ansia. Non sapeva che i cinque aguzzini stavano per tendergli una trappola e che quello che aveva appena subito Beppe era solo una pallida e vaga anticipazione di quello che di lì a poco avrebbe passato lui.

    Ottavo capitolo: L’inizio del supplizio di Manico e la rinata setta dei Solleticatori.

    Il corpo di Manrico avrebbe cercato disperatamente di inarcarsi ma non gli fu concesso. L’unica cosa che il ragazzo potè fare non appena le crudeli dita grandi e dinoccolate di Tiberio iniziarono a solleticare le piante dei piedi che Angelo e mio zio tenevano saldamente tese bloccando le dita all’indietro, fu emettere un lunghissimo, straziante urlo d consapevolezza e di agitare furiosamente la testa a destra e sinistra visto che quello era l’unico movimento concessogli. Manrico non era stato legato alla sedia come Beppe. Per lui era stata allestita una stranissima struttura quasi a croce di sant’Andrea creata da quattro assi inchiodate a V e a V rovesciata ad una quinta asse più piccola e rivestite di gommapiuma. In pianta, quel tavolo poteva sembrare una runa celtica o la fusione di due Y sechiate sotto sopra. La strana croce era retta da sei solidi gambi e disposta in orizzontale, come un tavolo operatorio. Una tavoletta poggiatesta era stata incastrata fra le due braccia superiori, lievemente inclinata e munita di un cuscino affinché il disgraziato potesse vedere cosa sarebbe accaduto al resto del suo corpo. Il ragazzo biondo si trovava esposto con tutto il corpo, completamente nudo, alla stregua di un oggetto sacrificale. Il suo corpo disteso e divaricato veniva a trovarsi esattamente all’altezza dell’inguine dei suoi aguzzini. Le tavole su cui era disteso erano strette tanto che il corpo sembrava come sospeso nel vuoto. Solo ai lati della tavola verticale, in prossimità dei fianchi del ventre del ragazzo, si allegavano due sporgenze di legno anch’esse coperte di gommapiuma. Quella macchina da tortura rendeva possibile ogni tipo di contatto, ogni distanza fra lui e i corpi dei cinque torturatori era azzerato. I piedi e i polsi erano saldamente ancorati con maniglie di cuoio rinforzate di stoffa. I piedi sbucavano dalla tavola per essere interamente manipolabili. Ma la complessa struttura prevedeva altri legacci. All’altezza delle cosce, subito sopra il ginocchio, due passanti, strettamente tirati, ancoravano la parte alta delle gambe alle tavole e così accadeva per le braccia all’altezza dei muscoli tricipite e brachiale. Un’ultima strettoia passava sul ventre di Manrico simile ad una grande cintola. Ovviamente in prossimità dell’ombelico, la cintura aveva un grande foro che scopriva quella parte così segreta e sensibile. Per questo al corpo di mantico non era concesso nessun movimento. Manrico non poteva divincolarsi, ruotare, strattonare. Era immobilizzato.
    La sessione di gioco in cui il ragazzo era stato imbrogliato era stata ben architettata. Ritornato dal bagno il ragazzo non si era accorto di nulla tranne prendere atto, alla fine delle tre manches, di avere cumulato il punteggio necessario per la penitenza. La sua prima reazione era stata di disperazione. Piagnucolando era stato condotto in sala tanto che nuovamente mi ero dovuto arrangiare nello sgabuzzino per seguire la scena.
    Sentite, - aveva implorato mentre in modo robusto veniva trattenuto da quattro dei giocatori, - posso restituire i soldi o fare qualcosa? Non credo di volere…
    Hai firmato in università, ricordi? - Gli rispose in tono assertivo Tiberio andandogli di fronte. - Ti avevo avvertito che una volta partito e giunto qui, avresti dovuto giocare fino in fondo. Tu hai accettato i trecento euro, ed ora non puoi recedere. Quindi smettila di lamentarti e accetta la sorte. Questa è la regola. Hai perso e ora devi subire la penitenza. Durerà solo due ore…
    Vi prego, no… - provò a divincolarsi con la voce rotta da una disperazione che sembrava un anticipo di pianto.
    Mmmm … - rise gemendo Paolo che iniziava ad allestire la tavola a X mentre gli altri tenevano fermo Manrico, - mmmm…sentitelo, inizia a piangere. Questa è musica per le nostre orecchie, bello mio, ed è energia per i nostri cazzi. Mi stai facendo diventare ancora più duro.
    Più duro di così è impossibile, - rise Angelo e tutti scoppiarono in una risata che a me parve satanica.
    Quando iniziarono a stenderlo e a legarlo ebbero un gran da fare per i ripetuti tentativi del giovane di fuggire. Tuttavia uno contro cinque era uno scontro impossibile. Manrico urlava e gridava aiuto. Mi sentii in colpa. In colpa perché non stavo intervenendo in suo aiuto. Mi chiesi se non lo stessi facendo per paura di essere scoperto e fare la sua fine, o invece perché, come era avvenuto con Beppe, il mio cervello lo compativa ma il mio corpo e la mia voglia desideravano voluttuosamente di assistere al suo tormento. A garanzia che fosse quest’ultima versione quella più plausibile, c’era il mio uccello che era gigantesco e dolente, umido di desiderio.
    E’ un vero peccato che tu abbia perso la seconda manche, - disse Paolo mentre il ragazzo veniva definitivamente vinto e legato, - perché la prima dura solo mezzora, ma la seconda, per statuto, è quella realmente più pesante. Due ore, senza interruzione.
    Vi preg..ooo, - singhiozzava Manrico, - vi prego vi restituirò tutto, anche il doppio…
    Ma in risposta alle sue implorazioni, mantico ebbe solo risate. Quando fu pronto, i cinque aguzzini uscirono momentaneamente dalla sala lasciandolo lì a genere. Il povero Manrico piangeva, chiamava aiuto, tremava. Ma dove era andato mio zio coi suoi compagni?
    Li vidi tornare poco dopo. Avevano indossato delle bizzarre tuniche bianche, completamente smanicate ed aperte sul davanti in modo da mostrare il corpo nudo. Al collo avevano tutti una catena dorata con attaccato un medaglione su cui campeggiava qualcosa che da lontano non riuscivo a distinguere. Le tuniche avevano un cappuccio che copriva i loro volti a metà. Sentii un brivido corrermi dietro la schiena. Quel gioco si stava trasformando e non mi piaceva affatto come. Che la cosa stava sfuggendo e diventava altro fu così chiaro che la mia erezione si afflosciò immediatamente. Come mai erano vestiti in quel modo? Si apprestavano ad un rito?
    Gli adepti accesero candele sparse nell’intera sala, le luci furono spente ed una sola grande luce campeggiò sulla vittima. Ad ogni estremità della croce si collocarono i sacerdoti. Paolo alla testa di Manrico, Angelo e Beppe in prossimità delle ascelle, Tiberio e mio zio preso i piedi. Tenevano in mano, tutti, una piuma ed una forchetta. Manrico mugolava e osservava inorridito.
    Ecco, grande Dio Knismos, supremo fallo e grandioso piede cosmico, Principe del riso, - iniziò a recitare Paolo sollevando verso l’alto i due simboli, - eccoci nuovamente a renderti omaggio e ringraziarti per l’immensa gioia e la sconfinata energia sessuale che ci rende maschi potenti, potenti sopra ogni cosa, padroni del piacere e del dolore, padroni per tua gentile concessione. Anche stasera veniamo ad offrire a te, fallico e sublime Patriarca della disperazione, dell’urlo e della gargalesi, una vittima sacrificale. Saremo la piuma! - A quel comando i cinque abbassarono le lunghe piume che tenevano nella amano sinistra passandole sul corpo di Manrico che ebbe un fremito. Il ragazzo agitò al testa e lanciò un piccolo urlo.
    Poi saremo l’artiglio! - Proseguì solennemente Paolo alzando la forchetta. I cinque avevano erezioni portentose. I loro testicoli sembravano enormi poiché erano carichi di rigurgiti di sperma accumulato già dalla precedente esperienza con Beppe. Alzarono la forchetta verso la luce poi la abbassarono ciascuno sulla porzione di corpo che gli competeva. Paolo passò i rebbi della forchetta su e giù sui capezzoli di Manrico, Angelo e Beppe sulle ascelle, mio zio e Tiberio sotto i piedi.
    L’urlo di Manrico fu straziante e colmo di agonia. I cinque sollevarono le forchette.
    E dopo essere stati piuma e artiglio, - riprese Paolo, - colmi di energia, saremo anche fallo!
    A quel punti i sacerdoti si accostarono a Manrico e posando piuma e forchetta, afferrarono i propri enormi uccelli appoggiandoli sul corpo del malcapitato. Angelo passò il suo enorme mostro ripetutamente nell’incavo dell’ascella. Beppe diresse il suo pene perfetto lungo il fianco del corpo. Mio zio e Tiberio giocarono coi loro randelli carnosi sotto le suole sensibili mentre Paolo lo sbatteva ripetutamente sulla faccia del povero Manrico che invano ruotava la testa per sfuggire a quel supplizio. Cinque cazzi viventi e pulsanti stavano palpeggiando, strusciando, solleticando, titillando, colpendo la carne nuda del suo corpo offerto in omaggio ad un misterioso Dio.
    Con vergogna scoprii che la paura appena provata era già stata baipassata da un nuovo, perverso senso di curiosità. Quel gioco di solletico prodotto coi cazzi mi stava facendo tornare un’erezione fortissima.
    Terminata questa fase rituale, i cinque tolsero i cappucci e le tuniche e rimasero nudi, splendidamente nudi, sudati e arraffati con i misteriosi amuleti al collo. Tiberio, come dicevamo pocanzi, iniziò a torturarecon le dita i piedi di Manrico. Zio Roberto e Angelo tenevano con una mano fermo il collo del piede laddove era legato, e con l’altra avevano afferrato le dita dei piedi di Manrico tendendole indietro. Questo produceva una evidente stesura dell’arco plantare che diveniva super sensibile. Il solletico che le belle dita virili di Tiberio producevano su quelle suole era troppo, era qualcosa che pur non essendo dolore ne aveva la stessa intensità disperante. Tiberio si era seduto su una sedia equidistante dai due piedi e tenero le braccia appena allargate, raggiungeva facilmente i due piedi che i suoi due aiutano mantenevano così tesi e indifesi. Era così eccitante Tiberio. Quel bellissimo sessantenne con gli occhiali e la barba curatissima aveva un modo di fare potentemente erotico. Sorrideva e nel frattempo parlava.
    Mai sedurre un professore, caro Manrico. Sapete amici? Questo bel biondino mi incontrava nei corridoi e mi lanciava sguardi inequivocabili. Pur non essendo un mio studente, a volte lo intravedevo nell’aula nascosto nelle ultime file. Sì, è uno di quei giovanotti attratti dai maturi.
    Forse anche la tua cultura e il tuo profilo intellettuale dovevano attrarlo, o era solo il tuo bel corpo da orso maturo? - Rise Paolo che rimaneva con Beppe ad assistere a questa prima fase. Nel frattempo che amabilmente conversavano, Tiberio proseguiva la tortura e Manrico gemeva e urlava. IL suo corpo immobilizzato non poteva che tremare.
    Mah, magari sì, - riprese Tiberio, - tant’è che una sera ci siamo incontrati in un localizzo gay e allora ci siano presentati. Non è stato difficile convincerlo a venire qui.
    Non dirmi che te lo sei scopato! - Chiese Beppe.
    Beh, scopato no. Pare che abbia ilc eletto ancora vergine. Lui si definisce attivo, vero? - Rise Tiberio grattando le suole con avidità. - Ma siccome anche io sono attivo, ci siamo fatti qualche bella sega assieme e devo dire che sa leccare benissimo. Quando però gli ho prospettato un giro erotico di solletico con compenso di 300 euro, mi è sembrato interessato.
    Paolo si accostò al volto di Manrico e si chinò su di lui. Il ragazzo lanciava urla seguite da lunghi silenzi di respiro intermittente: - Ahi, ahi, caro Manrico, fate tutti lo stesso errore. Pensate che sia un guadagno facile, pensate che alla fine il solletico sia una cosa ingenua e infantile, e cascate nella nostra rete come pesci.
    Non sanno questi ragazzi, - aggiunse Beppe che, nonostante la precedente sessione, sembrava ben felice di infierire sul ragazzo, - che se fatto come si deve, il solletico è una delle pi atroci torture. E poi, brutto stronzetto, prima non ti sei di certo lesinato a farlo a me! Vero amici?
    Ah, verissimo, - aggiunse Tiberio, - si è dato un gran da fare su di te. Per me merita una punizione.
    Mi sa che mi vendicherò, - rise con sadismo inatteso Beppe. Si issò sulle due sporgenze della croce poste ai lati dei fianchi di Manrico. Vi si mise in ginocchio con le sue lunghissime gambe e si sedette sulla pancia del ragazzo, voltato verso la sua faccia. Allora basso le mani sulle ascelle e sui fianchi ed iniziò a grattare e solleticare con dovizia.
    L’azione solleticatrice congiunta di Tiberio e Beppe fece andare fuori di testa Manrico. Il suo unico urlo straziò lo spazio, poi seguirono piccole risate e singulti. Gli aguzzini non intendevano smettere. Vedevo il cazzo dritto di Beppe emergere come dal torace di Manrico mentre veniva straziato da movimenti isterici e velocissimi delle mani del mio coetaneo. Un secondo urlo e poi Manrico smise di tremare e di urlare. Io mi sentii raggelare il sangue. Cosa era successo?
    Svenuto! Fanno tutti così, - rise Beppe scendendo dalla croce.
    E che cazzo, sono appena venti minuti. Ora ci tocca aspettare, - si lamentò Paolo.
    Tieni conto che è giovane e molto sensibile, - ammise Tiberio.
    Siamo partiti troppo duramente, dovremmo iniziare con meno foga, - disse mio zio che si chinò con una certa apprensione sul volto di Manrico schiaffeggiandolo.
    Sei sempre troppo gentile, tu! - Rimbrottò Paolo, - e anche molto ipocrita. Lo sai che Knismos verrà solo se saremo perfettamente autentici. A noi interessa il nostro piacere, costi quello che costi.
    Mio zio non rispose ma ebbi l’impressione che fosse contrariato.
    Ti ricordo, se avessi qualche dubbio, - riprese Paolo, - Che quando la rinata setta dei Solleticatori è stata fondata, qui, a casa tua, tu eri entusiasta. Il libro dice che dobbiamo essere spietati e pensare solo al nostro piacere. La vittima è solo un tramite. Vada come vada.
    Ma l’ultimo ci è quasi rimasto!
    Balle. Sta benissimo ora e non parlerà. Sta tranquillo.
    Ah beh, lo credo. Ne è uscito pazzo.
    Meglio così. Ma finché non ne troviamo uno resistente che non sviene al primo contatto, temo che il Dio non si materializzerà.
    Mio zio sbuffò e lasciò perdere. Manrico si era ripreso, aveva l’espressione cianotica e le labbra bianchissime. Gli fu offerto da bere. Mio zio gli sollevò il capo e Angelo fu attento a versargli acqua da una bicchiere piano piano.
    Su ragazzino, siamo solo a mezzora. La cosa deve andare avanti, - tuonò con sufficienza Tiberio.
    Vi…vi..prego…non ce la faccio, - sussurrò Manrico.
    Inizieremo con meno foga ma arriveremo ben oltre a ciò che ahi appena provato. Resisti se puoi, - ribadì Paolo, - ad ogni modo di te non ce ne frega molto sai? Pi soffri e più godiamo.
    I cinque si sistemarono di nuovo intorno al povero Manrico e la tortura, senza alcuna pietà, riprese.
    Dalla casa della cala, immersa nel buio e protetta dal mare si levarono acute risate e poi urla, urla e ancora urla.


    Nono capitolo: il ricatto e del buon sesso con lo zio

    Il supplizio di Manrico mi apparve interminabile. Se, come era stato promesso, la ripresa fu tutto sommato leggera con solleticamenti fatti con le piume e con carezze quasi erotiche più che autenticamente aggressive, nel lungo scorrere del tempo rimasto la sessione andò progressivamente facendosi più folle. Mi fu chiaro che le due persone più pericolose del gruppo erano Paolo, un vero fanatico, e Tiberio, un uomo tanto raffinato quanto sadico. Paolo continuava a invocare questo misterioso dio e la sua folle energia si manifestava sempre più come quella di un folle che avesse perso il controllo della situazione; Tiberio era palesemente una persona dotata di una crudele perversione e si percepiva come godesse intensamente nell'infliggere quel supplizio al giovane studente che lui stesso aveva attirato nella trappola. Angelo partecipava con divertimento, sembrava divertirsi anche se a tratti si staccava dalla sessione per guardare a distanza, forse per non compromettersi del tutto con il sadismo contagioso degli altri. Beppe era un gregario. Eseguiva la sua parte ma era chiaro che il suo desiderio principale fosse alla fine quello di scopare. Per quello sul finale della sessione, si mise dietro Paolo e mentre questi solleticava spietatamente il piede di Manrico con spazzole dai denti metallici, nelle urla disperate del ragazzo, inserì il suo uccello durissimo nel buco del culo del sacerdote. Paolo gemette gridando di un dolore tramato di orgasmo e continuò a solleticare la vittima mentre Beppe lo stantuffava da dietro con una foga dionisiaca. Mio zio cercava di equilibrare la situazione e talvolta invitava tutti a sospendere, proponendo loro giochi erotici a tre o quattro. Mio zio si offriva di succhiare o farsi succhiare in una mischia di fellatio che era chiaramente un elemento di piacer per tutti e di sospensione momentanea della tortura. Tuttavia anche lui non disdegnava di dedicare qualche contatto solleticatorio alle parti più indifese di Manrico. Devo però riconoscere che se non fosse stato per mio zio, Manrico non se la sarebbe cavata. Inoltre apprezzai quanto mio zio fosse elastico e versatile. Mentre un vibratore a sonda era inserito nell'ano di Manrico ed accesso con il massimo delle vibrazioni, i cinque amici conclusero la sezione in un'orgia spettacolare. Manrico gemeva ancorato al letto da tortura, iperstimolato da quel marchingegno che giungeva alla fine di una valanga di stimolazioni bestiali: i suoi piedi erano graffiati, rossi, paonazzi; i capezzoli incandescenti; le ascelle violacee; l'ombelico e i fianchi come irritati. Su quel corpo si erano avventate mani simili a granchi; mani simili a tentacoli; su quel corpo si erano sfogate lingue umide e crudeli; denti stuzzicanti; ******* carnosi e duri; unghie raspanti, barbe grattanti; inoltre pettini, spazzole e spazzolini; pompe tiralatte, anelli vibratori. Manrico era stato il banco di prova di tutto ed ora il vibratore prostatico lo stava finendo definitivamente.
    - Vi....prr....pppp.....reeee...gooo..mmmm...non...re....re...sis..to....non...ce....la fa---hh---cio più...
    Ma non ricevette alcuna pietà. I Cinque sacerdoti lo guardavano con sguardi colmi di desiderio. Allora mio zio si mise in ginocchio su una sedia e si chinò a succhiare l'enorme uccello di Angelo che da dietro Tiberio incaprettava stantuffando senza posa. Beppe continuò a sfondare il culo di Paolo che nel frattempo si era chinato a leccare i piedi di mio sporgenti dalla sedia di mio zio. Godevano, gemevano e al contempo guardavano il povero ragazzo che vibrava ancorato alla tavola del supplizio. Paolo, in quel deliquio orgasmico, invocava il dio Kismos, fra gemiti e rantoli di piacere. Alla fine, forse perchè la stimolazione prostatica era arrivata al parossimo, il pene di Manrico schizzò un fiotto di sperma di proporzioni immani. La massa lattiginosa finì in faccia a Paolo e in quella tutti e cinque esplosero in un orgasmo multiplo. L'odore di sperma mi raggiunse persino nello stanzino tanto la sala si era riempita del seme di ogni partecipanti. Manrico urlava. Dopo l'orgasmo il suo corpo era oltremodo sensibile e qualcuno doveva assolutamente spegnere il vibratore altrimenti il ragazzo sarebbe impazzito. Mio zio fece per correre in suo aiuto a Paolo e Tiberio lo bloccarono.
    - Ancora un po'...- rise sadicamente Tiberio gaurdando la vittima e tenendosi l'uccello grondante in mano, - voglio che soffra ancora un po'...
    - Per il dio Kismos, questo è necessario, - aggiunse Paolo. Ma mio zio scosse la testa e baipassò i due. Raggiunse il lettino, spense il vibratore e poi, mentre gli altri si accasciavano esausti in preda al rilassamento postcoito, sciolse i legacci e liberò Manrico che rimase disteso. Non riusciva a muoversi. Zio Roberto lo aiutò a sedersi e poi lo strascinò al divano dove lo depose. Manrico tremava ancora e sembrava avere piccoli attacchi isterici.
    Io avevo bisogno di evacuare. Quella visione mi aveva scioccato, eccitato e disturbato. Non sapevo se avevo voglia di farmi una sega, di sicuro dovevo pisciare ma non potevo. La mia vescica stava per esplodere, colma di una pisciata che attendeva da almeno un'ora. La prostata, similmente, era intasata di sperma. Lo sentivo premere nello scroto e le mie palle erano tese dure. La mia speranza era che gli amici di mio zio se ne andassero il prima possibile. Ma non fu così. Passò almeno un'ora. Manrico dovette riprendersi e subì una sorta di processo capeggiato da Paolo e Tiberio.
    Tiberio: - Sia chiaro che sei venuto qui ricevendo un compenso.
    Paolo: - Quello che è avvenuto lo hai cercato e voluto.
    Tiberio: - Per cui non ne farai parola con nessuno, intesi? I patti erano chiari.
    Manrico scuoteva la testa.
    Paolo: - Guarda, - si diresse alla dispensa e tirò fuori due tablet: - Abbiamo registrato tutto, anche la sessione di Beppe. Quella ci serve come copertura, capisci? Prima torturiamo per una mezzora uno di noi, per rendere la cosa credibile. E riprendiamo tutto. Se ti venisse la malaugurata idea di denunciarci, qui abbiamo un video dove ti si vede all'opera sul povero Beppe. Saresti davvero poco credibile visto che mentre lo solleticavi con noi, si vede benissimo il tuo pipo duro e molto eccitato. Sei fottuto, ok?
    Manriccardo li fissò con le lacrime agli occhi, annuì e non parlò.
    - Alla fine, - prese Angelo, - sei stato solleticato, nulla di terribile no? E ci hai pure guadagnato dei soldi. Sicchè ora torneremo a La Spezia, tu riprenderai le tue carabattole e dimenticherai questa notte.
    Terminato il chiarimento, i cinque ripartirono. Mio zio li accompagnò al molto con una torcia per illuminare il buio totale della notte nella cala. Quando mio zio tornò, da solo, aveva il mio zaino che, come aveva recitato, aveva dimenticato sul gommone.
    Io uscii dallo sgabuzzino e lui mi fece segno di fare silenzio perché il motoscafo di Paolo non era ancora partito. Io senza far rumore mi diressi al bagno dove pisciai per un minuto. La mia urina era densa e lattigginosa, ovviamente. Mi usciva dall'uccello non solo acqua gialla, ma anche un concentrato di presperma e goduria.
    Trovai mio zio in camera. Mi fissava con una certa preoccupazione.
    - Ti avevo detto che era meglio per te non rimanere.
    Io ammisi: - Sì, effettivamente è stato forte.
    - Sono una persona maledetta, Marco, - aggiunse con un non so che di malinconico, - ma ormai sono dentro questa cosa e non riesco a tirarmene fuori.
    - Non sei maledetto, i tuoi amici un po' di più, - sorrisi e mi gettai sul letto. Guardia mio zio. Era ancora nudo, meraviglioso come i miei desideri lo avevano forgiato nel ricordo.
    - Hai una promessa da mantenere, - dissi facendogli segno di stendersi. Lui sgranò gli occhi poi con malizia rise: - Ok, anche se ho appena sborrato come un toro, credo che ti farò giocar eun po' coi miei piedi, nipotino.
    E non solo con quelli, - sorrisi.
    Mi apprestavo così a passare la mia prima notte di sesso con zio Robby. sentii nei testicoli un formicolio forte.
    Lui si stese, ed iniziammo.


    Decimo capitolo: io e mio zio, il sesso

    Mio zio si stese accanto a me, si voltò su un fianco per ammirare il mio corpo nudo e iniziò a massaggiarmi la pancia con la mano destra. Era un contatto bello, intenso ma gentile.
    - Zio, - disse mentre mi eccitavo, - ma questa cosa della setta, quello che avete fatto intendo....
    - Shhh, - disse lui scuotendo la testa, - no, non ne parleremo, ok? Ora voglio farti godere.
    Non proseguii nella mia inchiesta. Avrei dedicato a questo un momento successivo. Ora intendevo egoisticamente godermi quel momento che attendevo da anni. Con il piede della gamba reclinata iniziò a scorrere su e giù lungo i miei polpacci e fino alla coscia.
    - Mmmmm..... - gemetti in preda all'estasi.
    - Ti piace vero? Senti il mio piede sulla tua gamba...
    - Quanto ho desiderato tutto questo...- sospirai. L
    Lui abbassò il volto sul mio, sentii la sua barba sfiorare la mia e infine le labbra umide agganciarsi alla mia bocca. La lingua di mio zio iniziò a scavare dentro la mia bocca, la sentii impazientemente aprirsi il arco mentre la mano e il piede continuavano a massaggiare il mio corpo. Le belle dita di mio zio accarezzavano il mio ventre. Ad un certo punto avvertii il suo dito indice entrare nel mio ombelico e iniziare a ruotare con sensuale decisione. Gemetti. Oh, l'ombelico era uno dei miei varchi. Là, in quella cicatrice, avevo ricettori erogeni potentissimi oltre che una spiccata sensibilità. Inarcai la schiena. Mio zio mi schiacciò con la gamba e premette la bocca sulla mia insistendo. Continuava a ravanare nell'ombelico regalandomi qualcosa di potente. Sentivo il suo uccello farsi duro a contatto con la mia coscia. Come era possibile che dopo tutta quell'orgia a cui avevo assistito, avesse ancora quell'energia sessuale?
    Si staccò da me e con una certa violenza mi rovesciò sul letto a pancia in giù. Si stese su di me. Il peso del suo corpo mi sembrò piacevole e arrogante nello stesso tempo.
    - Allarga le gambe, ora, - mi sussurrò con voce ansimante e vogliosa.
    Ubbidii.
    Sentii il suo carnoso randello stendersi lungo e durissimo fra le cosce, aderendo al mio scroto. Da dietro la sua asta raggiungeva i miei testicoli e si insinuava con la cappella gigantesca fra il mio pene e la mia pancia.
    - Ora chiudi le gambe e stringi...
    Gemendo lo feci e sentii quell'arnese farsi durissimi fra le ie cosce, premermi nella zona pelvica. Oh che *******, quanto mi faceva godere...
    - MMm, sììì .... - Fu l'unica cosa che io fui capace di emettere mentre lui con piccoli stantuffi delle natiche iniziava a muovere su e giù il suo meraviglioso fallo nell'antichissima tecnica della copula intercrurale, tanto cara ai Greci.
    - Prima di *******ti, perché so che vuoi che ti fotta e tu sai che non vedo l'ora di farlo...- mi disse all'orecchio, sussurrando e mescolando delle leccate lascive al lobo, - ti farò impazzire coi miei piedi e io mi divertirò coi tuoi. Lo vuoi vero?
    - Sì...sì..ti prego...
    Sempre con quella violenza gentile mi rovesciò di nuovo e si sistemò specularmente a me sul letto. Iniziò osì a succhiarmi le dita dei piedi e a solleticarli con dolcezza. In preda a un'estasi senza precedenti, inarcai la schiena e risi, risi di gioia e per l'effetto di quel solletico erotico che mi rendeva vulnerabile. Allora lui allungò la sua gambe e mi porse consapevolmente quell'alluce che io da sempre consideravo un secondo ******* di mio zio.
    - Leccalo, lo so che ti piace!
    Non me lo feci ripetere due volte. Presi in bocca quell'alluce e iniziai a succhiare, succhiare potentemente mentre lui proseguiva a tormentare i miei piedi. In quel momento io fui l'essere più felice e potente, seppur massimamente indifeso, del pianeta.
     
    .
  7.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    2
    Reputation
    0

    Status
    Offline
    Undicesimo capitolo: finalmente mio zio entra.

    Mio zio continuò a succhiare, leccare e stimolare i miei piedi per una ventina di minuti. Nel frattempo io ingurgitai i suoi alluci e mi delizia di quella sottomissione. Alternativamente venivo costretto a leccare ora il piede destro, ora il sinistro. Il piede che rimaneva libero, nel frattempo, scivolava sul mio petto e andava a stuzzicare il mio ******* gigantesco. Avevo due testicoli tesi e gonfi. Le lunghe ore in cui, chiuso nello sgabuzzino, avevo assistito ai sadici giochi della setta di mio zio, mi avevano riempito di sperma. Lo sentivo formicolare, quasi ribollire dentro le palle, ed ero consapevole che se non fossi venuto di lì a poco, sarei impazzito.
    - Fammi venire zio, mmmm...- gemetti infine ma mio zio, per tutta risposta, si alzò e si sedette sul mio petto. Serrò i miei fianchi con le cosce e i polpacci ben torniti. I suoi piedi, umidi della mia saliva, si trovavano all'altezza delle mie anche. Il suo *******, ora enorme e diritto come un menir, campeggiava così a pochissimi centimetri dalla mia faccia. Con fare dominante, dall'alto, mio zio mi fissò con uno sguardo che non dimenticherò mai.
    - Prima di venire, devi leccarmi. Lo so che vuoi leccarmelo.
    Quanto era dannatamente vero. ed ero certo che lo avrei fatto. Tuttavia il gioco non poteva restare solo nelle sue mani. La mia natura versatile mi impediva di cedere del tutto alla sottomissione e inoltre volevo completare quella scopata con la certezza che mio zio non stesse solo compiacendo le mie voglie. Desideravo avvolgerlo totalmente, ricambiarlo con pari intensità. Per cui annuì con un sorriso di sfida e gli dissi:
    - Sì, te lo leccherò però tu devi dirmi una cosa...
    - Dimmi, troietta... - sorrise abbassando l'asta carnosa sul mio volto. Sentìì l'odore umido e muschioso mentre l'asta toccava la mia guancia.
    - Dimmi che ti ricordo mio padre. Gli assomiglio vero? Ti piacerebbe che io fossi lui?
    Mio zio sembrò perdere la ragione. Sgranò gli occhi e sospirò, gemendo: - Siii, brutto bastardo, siii..gli assomigli e sei anche meglio di lui e ora io fotto tuo padre!
    Mi ritrovai quell'enorme randello succoso in bocca e da quel momento non potei fare altro che succhiare mentre con abili moevimenti di natiche, mio zio mi scopava letteralmente in gola. A volte quella cappella gigantesca giungeva a tocacrmi le tonsille e mi venivano dei conati di vomito ma ero talmente eccitato e in estasi, che per nessun motivo avrei ceduto.
    - Mmm, bravo, s''', cosììì...- gemeva mio zio guardandomi e l'idea malsana che nel *******mi in bocca, vedesse in me l'oggetto dei suoi giovanili desideri, mio padre, mi esaltava.
    Quando fu quasi per venire, si staccò e con un balzo fu tra le mie gambe. Le divaricò e senza alcuna precauzione e gentilezza, infilò l'asta lubrificata dalla mia saliva nel mio buco. Il dolore fu solo un attimo, breve e intenso. Poi giunse il piacere, lo stantuffo dell'estasi. Su, giù, giù, su, con una lentezza sfibrante, da manuale.
    - MMm ecco, così...- diceva ridendo, - ecco che ti sfondo piano piano...
    - Oh, sììì...- inarcai la schiena pieno di quella turgida pienezza. La verga potente di zio Roberto sfregava le pareti del mio ano e premeva sulla prostata. Non resistetti oltre. Il formicolio dei testicoli divenne un solletico ingestibile. Quel titillante groviglio di cose che si muovevano iniziò a risalire e sentii i prodromi dell'orgasmo venire su, su come schizzi ripetuti mentre dentro la mia pancia un palo carnoso continuava a stantuffare senza sosta. Nello stesso attimo in cui dal mio uccello schizzava fuori un lago di bianchissimo seme, sentii l'urlo dell'estasi di mio zio e la mia pancia si riempì di un fiotto caldo, una sorgente di latte così copiosa che iniziò a uscire dal mio ano ancor prima che mio zio estraesse il suo uccello barzotto.
    Avevo scopato con mio zio. Il mio desiderio si era avverato ed ero immensamente felice anche se sfibrato. Ogni angolo del mio corpo era sfatto. Mio zio si stese accanto a me. Eravamo sudati, impregnati di sperma e saliva. I nostri respiri impiegarono alcuni minuti prima di regolarizzarsi.
    - Come stai? - Mi chiese infine voltandosi verso di me. Aveva di nuovo quel bel modo di sorridere e guardare.
    - Come vuoi che stia? Credo sia stato il momento più bello della mia vita.
    - Addirittura?
    - Sì, addirittura. Grazie. Grazie per avermi concesso questo momento. L'ho immaginato, desiderato così a lungo che c'era il rischio di una delusione...
    - E sei rimasto deluso?
    - Ti sembro deluso? - Mi misi a ridere tappandomi gli occhi.
    Anche mio zio rise di gusto, poi si sporse su di me e con una tenerezza inattesa mi baciò: - Marco, ora promettimi di vivere la tua vita. Meriti di meglio.
    Lo fissai con struggimento. Aveva ragione. Capivo che non saremmo potuti andare oltre. LA pienezza di quello che avevamo vissuto era stato un premio. Ora dovevo ricostruirmi una vita al di fuori di un'ossessione. Annuì e ricambiai il bacio.
    La mattina dopo sarei ripartito, come stabilito. Ci addormentammo abbracciati. Non so cosa sognai nella notte buia della Cala Laida. Però so che presi sonno epnsando che sarei ripartito pieno di energia. Non sapevo che il giorno a venire, le cose avrebbero preso una piega diversa.

    Dodicesimo capitolo: colazione don mio zio e coi suoi piedi

    Quando mi svegliai, ero solo nel grande letto sfatto di mio zio. Ancora la stanza odorava di noi, del sesso, del sudore misto a seme. Mi alzai, andai al bagno e feci una copiosissima pisciata. Infilai i boxer e raggiunsi mio zio in cucina. Passai attraverso la sala dove ancora era allestito lo strano letto a croce su cui il povero Manrico era stato torturato. Le grandi finestre che davano sul mare erano aperte ed entrava un buon odore di salmastro che ripuliva l'aria. Tuttavia il sentore dell'ambiente sapeva ancora di odori maschili, di uccelli sudati, di maschio, di sperma. Aggirai quello spazio quasi per paura e raggiunsi mio zio che stava preparando il caffè. Era in piedi, solo con i pantaloncini. Lo trovai bellissimo.
    - Buongiorno, - mi disse, - devo ancora pulire e mettere a osto di là...scusa.
    - Figurati, - dissi sedendomi al tavolino.
    - Hai sentito tutto ieri sera, immagino... - disse lui portando in tavola una biscottiera, del burro e della marmellata.
    - Anche di più. Visto e sentito.
    Lui si voltò con fare corrucciato: - Visto?
    Annuì indicandogli la fenditura in alto della parete: - Da là ho assistito a tutto.
    Mio zio portò la caffettiera e si sedette di fronte a me. - Porca vacca, mi dispiace....
    Io risi spontaneamente: - Potevo scegliere di non vedere, se avessi voluto.
    - E invece hai continuato?
    - Sì, fino in fondo.
    L'espressione di mio zio oscillava fra turbamento, vergogna e curiosità.
    - e...dunque ti ho deluso? Ti respinge che io abbia fatto quelle cose?
    - No...- iniziai con una certa difficoltà ad esprimermi, - ...sono abbastanza aperto in fatto di sesso..è che a un certo punto...
    - Ti è sembrato eccessivo?
    - Ad un certo punto mi sembrava che il gioco non fosse più un gioco.
    - Sì, in effetti questo è un problema. Ma non è facile ragionare con alcuni dei miei amici.
    - Ho notato. Quando hai cercato di riportare la cosa sul binario della ragionevolezza, qualcuno si è opposto. Ci sono due tipi che mi fanno paura, dovresti stare attento.
    - Pensi a Paolo e Tiberio?
    - Sì, soprattutto Paolo mi pare un fanatico. Questa cosa della setta è inquietante.
    Mio zio sospirò: - Sì, in effetti sì. La cosa ci è scappata di mano ed è per questo che ti ho raccomandato di non farti scoprire. Paolo e Tiberio, ma anche Angelo e Beppe come gregari, sono presi pericolosamente da questa cosa del solletico. Io mi diverto ma credo.... - attese un attimo con volto preoccupato, - credo e spero di sapere ancora tenere una distanza.
    - Posso sapere come sei entrato in questo giro?
    - Sì....
    E così mio zio iniziò a raccontare.

    Tredicesimo capitolo: la storia di mio zio

    Mio zio iniziò a raccontare: - Appena lasciai tua zia, mi ritirai a vivire per un po' da un mio vecchio amico. In quel periodo ero così eccitato per la mia nuova condizione. Mi ero finalmente accettato ed avevo una grande voglia di vivere la mia autentica sessualità. Furono mesi di grande attività. Frequentavo locali, luoghi di battuage e siti di incontri pe rgay. Raramente scopavo con qualcuno, ero cauto e anche esigente. Però quando lo facevo, esploravo ogni desiderio. Mi resi conto molto presto che la mia formazione sessuale era avvenuta all'ombra del feticismo. Come ti ho detto, i piedi per me erano un pulsante di piacere. Fin da ragazzo mi masturbavo accarezzandoli, stimolandoli. Allo stesso tempo, guardare i piedi degli altri uomini mi eccitava tantissimo. Non ti dico su quelli di tuo padre le seghe che non mi sono fatto! - Rise come imbarazzato ed io lo seguì, eccitato dal racconto. Mi intrigava che mio zio si aprisse così limpidamente con me, che si spingesse a svelarmi tutto di sé. Dopo la notte passata assieme, non c'erano più barriere. Sentii l'esigenza di manifestargli la mia eccitazione. Mi calai i pantaloncini. Lui mi guardò stupito: - Cosa fai?
    - Voglio che mi racconti questa storia mentre siamo nudi, perché è una storia che realmente ti mette a nudo. Spogliati anche tu e dammi i piedi, voglio massaggiarteli mentre parli.
    Mio zio mi guardò incuriosito, mi studiò. Probabilmente dovevo sembrargli eccessivamente perverso. Poi rise e annuì. Si spogliò dei pantaloncini e la sua erezione si mostrò a me. Poi si sedette di nuovo e mi diede i piedi: - Sto per raccontarti qualcosa di così spinto e perverso che penso che questa tua richiesta sia nulla al contrario.
    Pieno di voglia di lui, di sentirlo raccontare e di avere i sui piedi addosso, iniziai a massaggiarli con lenta e sensuale gentilezza. Lui sospirò. Io lo incitai: - Dai continua!
    - Bene, iniziai così a a frequentare online gruppi legati al feticismo del piede maschile e iniziai a incontrare uomini con questa mia stessa passione. Anzi, - rise con complicità guardandomi, con questa NOSTRA stessa passione. Bene. Una sera, a La Spezia, venni invitato da uno di questi miei contatti ad una festa privata. Eravamo nella casa i un facoltoso medico che aveva la fissa per il solletico. C'erano dei ragazzi molto belli che, pagati, si prestavano ad essere solleticati dai presenti. Ricordo che inizialmente la cosa mi disturbava tanto che ero deciso a non andare alla festa ma il mio amico insistette dicendomi che avrei cambiato idea. E così fu. Ricordo ancora quella sera quando in dieci ci divertimmo con quei due poveri ragazzi. Li sfinimmo di solletico per una intera notte e alla fine scopammo in modo promiscuo. MMMM...vedo che il tuo uccello sta diventando durissimo, nipote!
    - Eh, non so perché ma sì, mi stai eccitando... - dissi mentre volutamente, dato che massaggiavo i suoi piedi poggiati sulle mie cosce, facevo in modo che via via venissero in contatto con la mia enorme nerchia vogliosa.
    - Il solletico era un veicolo di potere. Mi dava molte possibilità: essere a contatto col corpo altrui, averne il controllo, vedere piedi bellissimi a mia disposizione e giocare con loro tirando fuori sensazioni pazzesche... da quella volta, come una droga, quel tipo di pratica divenne per me una necessità ricorrente. Iniziai ad essere ospite fisso del medico di La Spezia che si innamorò di me. Iniziò a farmi subire la pratica perché, diceva, solo se sei stato torturato col solletico puoi sapere come farlo e trarne il massimo godimento.
    - Ti solleticava?
    - Sì, mi legava e per ore si divertiva con me. Io soffrivo terribilmente e scoprivo che soffrire mi piaceva tanto quanto far soffrire. Scoprii angoli e aree del mio corpo la cui sensibilità ignoravo. Il medico, sui miei piedi, fece esplorazioni così intense e perverse che ho scoperto quanto ancora fossi acerbo sul tema. Per mesi venni ripetutamente solleticato e poi scopato da quel medico. Aveva dei piedi davvero affascinanti. Non belli ma affascinanti. Lunghissimi. Un cinquanta! Dita enormi, lunghe, pidi di gigante. Sapendo che ne ero succube, quei piedi erano il mio premio dopo ore di seviezie. Sudato, stremato, eccitato, spaventato per aver subito ogn forma di solletico che tu possa immaginare, alla fine potevo gustare quei piedi. Me li donava. Li leccavo, li ricevevo addosso, mi facevo penetrare dall'alluce smisurato....proprio come ho fatto con te, nipotino...
    - MMm... - gemetti mentre un piede di mio zio strusciava la suola sul mio *******, - e come ti solleticava?
    - Non hai idea di cosa non mi abbia fatto: sono stato solleticato sotto i piedi, sui fianchi, sui capezzoli, nell'ombelico, dentro le orecchie, nel palato, nell'ano, dentro l'ano fin nella prostata, sul *******, sulle cosce, sulla schiena, sulla pancia, sul collo, sono stato solleticato con le mani, coi piedi, con il *******, con la lingua, con spazzole per capelli, con spazzolini elettrici, con forchette, con vibratori, con guanti raschiatori...sono stato leccato, mordicchiato, sono stato legato in mille modi differenti e i miei piedi sono stati oggetto di ogni forma di supplizio...e mi piaceva, mi eccitava quel soffrire e sapere che stavo imparando. Mi eccitava sapere che quelle cose che lui faceva a me, io le avrei poi rifatte ad altri. E le feste a casa del medico divennero la mia palestra...in quel contesto diventavo il suo aiutante. Quando una sera, però, forse perché era ubriaco, il mio Padrone Maestro impose ai partecipanti di solleticare me, trasformandomi in una vittima di gruppo, ecco, lì decisi che era venuto il momento di staccarmi da lui.
    - Fu troppo?
    - Sì, ebbi paura di impazzire. Essere sottoposto al solletico senza sosta di sei, sette, dieci persone che hanno perso il controllo è spaventoso. Eppure nonostante l'atroce sofferenza, venni infine scopato e godetti come poche volte nella mia vita. Ma al mattino mi sentivo un sopravvissuto. Non mi feci più trovare e il medico iniziò a stolkerarmi. Fui costretto a lasciare la città e seppi che qui c'era questo posto dove lui non mi avrebbe trovato. Dovevo isolarmi e coltivare la mia passione in modo attivo. Non cercavo l'amore, una storia di coppia. No. Volevo essere libero di incontrare, di avere il mio sesso feticista e di solleticare. Fu così che, una volta giunto qui, iniziai a contattare persone che potessero essere interessate all'argomento. Così conobbi i membri del gruppo, eravamo sei inizialmente.
    - Ne avete perso uno per la strada?
    - Diciamo di sì. Lo abbiamo espulso. Lui era davvero pericoloso.
    - Racconta... - dissi preso dall'eccitazione crescente. Mio zio ammirava il mio enorme ******* dritto fra le cosce. Lui si stava carezzando l'uccello eretto e rideva.
    - Ok, racconto ma prima voglio farti godere un po'.
    Con entrambi i piedi cinse il mio uccello e iniziò a segarlo. Io reclinai la testa e ringraziai dio che mi stava regalando un'altra esperienza con quell'uomo pazzesco. Cosa potevo desiderare di più. Le suole carnose passavano su e giù sulla mia cappella regalandomi l'estasi. Con alluce e illicemi masturbava il frenulo e stuzzicava il glande enorme e umido.
    - Zio..oh..zio...mi fai impazzire...
    - Sapere che i miei piedi ti fanno godere mi dona un piacere pazzesco.
    - Sto per venire....
    Allora mio zio ritirò i piedi: - Allora mi fermo...
    - No ti prego..
    - Invece sì...devi rimanere eccitato mentre proseguo la mia storia.
    Respirai a fatica, rantolando quasi e annuì: - Prosegui allora.
    - bene, ma tu continua a massaggiarmi i piedi. Ubbidisci.
    Io ubbidii e mentre il mio pipo durissimo e dolorante gocciolava presborra, mio zio continuò il suo racconto.

    Quattordicesimo capitolo: una storia che finisce in un orgasmo

    - Quando iniziai a conoscere persone con la mia stessa passione su siti dedicati, mi resi conto che mi si prospettavano molte alternative. Da un lato avevo modo di parlare con moltissimi uomini che come me avevano il feticismo dei piedi. Con loro era facile avere un'intesa perché questo tipo di passione è trasversale e si presta a molte applicazioni. Ne incontrai diversi, sempre in città. Mai qui. Non intendevo rivelare la mia postazione isolata. Questo era il luogo dove vivevo isolato e libero. Tramite le chat e le videochat riuscivo a selezionare i maschi che mi intrigavano di più, quelli coi piedi più attraenti e che corrispondessero alle mie parecchio elevate richieste di standard... - mio zio rise e coi piedi nudi giocò un po' col mio uccellone che vibrava in attesa dei momenti più salienti del racconto. - Furono anni di eccitante varietà. Incontravo queste persone in un appartamento per B&B di un amico anche lui gay. Spendendo una sciocchezza, avevo una postazione sicura a La Spezia. Riuscivo ad appagare la mia fantasia erotica per quello che concerneva il sesso coi piedi. Ricordo di lunghe notti di gioco... ho leccato piedi stupendi, ho sentito lingue divine esplorare ogni angolo sensibile dei miei. In genere dopo lunghe sessioni preliminari, scopavo. Lo facevo in sicurezza e la penetrazione era il regalo finale per tutta quella guduriosa preparazione. Imparai ad essere attivo e passivo in egual misura scoprendo che la versatilità sia nei giochi di piedi che nel sesso mi regalava un ventaglio incredibile di piacere in più. Tuttavia faticavo a trovare risposta alla mia seconda fantasia, parafilia se vogliamo essere sinceri. Quando entravo in gruppi dedicati al solletico, in genere trovavo gente frustrata o nerd che viveva più nella dimensione della fantasia che della realtà. Le loro richieste appartenevano ad un mondo immaginato e stupidamente stereotipato mentre io avevo già conosciuto e sperimentato tutte le possibilità di quella pratica. Spesso sentivo il desiderio di tornare dall'avvocato ma non lo facevo perché con quella gente avevo chiuso e l'avvocato mi avrebbe fatto di sicuro scontare una terribile punizione per la mia fuga. Cercavo qualcosa di altrettanto forte ma indiscutibilmente più controllato e sicuro. Le cose cambiarono quando conobbi Paolo.
    - Posso dirti una cosa zio? - Interruppi quella bellissima narrazione. Ammiravo la proprietà di linguaggio di mio zio che rendeva nobile e quasi letteraria quella materia oscura e pornografica.
    - Dimmi.
    - Io Paolo lo conosco.
    - Che cosa? - Chiese mio zio fermando il movimento masturbatorio dei suoi piedi sul mio ******* sfinito di piacere. Mi fissò incredulo.
    - Sì, partecipava a delle videohat di un gruppo di cui ho fatto parte per un be po'. Facevamo cybersex legato al feticismo del piedi. Quando ieri l'ho riconosciuto sono rimasto colpito da questa incredibile coincidenza.
    Mio zio rise di gusto: - Che cavolo! Quel maiale! Non mi stupisce in verità. Paolo è talmente sessuomane e malato di feticismo che penso frequenti tutte le chat e i gruppi del mondo legate al tema. Se anche tu sei dei nostri, era inevitabile che prima o poi tu lo conoscessi. E capisco che tu lo abbia ripetutamente frequentato online perché diciamocelo... - mi guardò con complicità riprendendo a muovere lentamente le sue suole carnose sul mio pene durissimo, - non è niente male.
    - Non posso negarlo, mmm- gemetti mentre mio zio mi stuzzicava, - ha dei piedi da ruolo e anche a ******* non sta messo male.
    - Fu proprio Paolo, quando lo incontrai nell'appartamento a La Spezia a far svoltare la situazione, sai? Ci eravamo incontrato su un sito di incontri per uomini gay. Il suo nick era Pornopiede e il mio Footsea. Pensa, ci eravamo solo scambiati le foto dei piedi e del *******. Essendo lui ligure, venire a La Spezia non fu un problema. Mentre iniziavamo a giocare, nudi ed eccitati, uno coi piedi dell'altro...ricordo bene...stavo passando la lingua fra il suo alluce splendido e l'illice, facendolo gemere....mi resi conto che passandogli le dita sulla suola vibrava di piacere ridendo... per cui...gli chiesi se per caso il solletico gli piacesse. Si illuminò. Scoprimmo di avere questa folle parafilia in comune e da lì iniziò tutto.
    - Come reclutaste gli altri?
    - Paolo aveva già il contatto di Tiberio. Ci vedemmo due settimane dopo, a Roma, tutti e tre. Dopo una serata in un ristorante stellato, Tiberio ci portò nella sua villa fuori Roma, sui Castelli Romani. Ci divertimmo moltissimo. Avevamo tre modalità affini, raffinate e mature di giocare. Tre maschi con bellissimi piedi che amavano giocare col solletico per fare sesso. Cosa c'era di meglio?
    - In effetti anche se molto maturo, Tiberio è proprio bello.
    - Oh sì. e poi la sua mente intellettuale partorisce perversioni davvero pazzesche. Tiberio reclutava qualche escort o giovani maschi universitari amanti della trasgressione. Ci invitò a qualche festa a casa sua dove solleticammo vari uomini. Mi ricordavano le feste dell'avvocato ma tutto era più giocoso, divertente e sano. Quando ci vedevamo solo noi tre, ci alteravamo nei ruoli io e Paolo. Tiberio è solo attivo e non ama essere solleticato.
    - E quando giocate al gioco delle carte, se capita a lui di perdere?
    - Non accade mai... - rise.
    - Capisco. Quindi lui solleticava e basta e tu e Paolo facevate a rotazione le vittime'
    - Esatto. Una sera, ad una delle feste, arrivarono Angelo e Beppe, che si conoscevano ed avevano voglia di provare quell'esperienze. Uno degli studenti presenti li aveva contattati su internet proponendogli di venire alla festa. Tiberio all'inizio era incazzato per quell'intrusione ma dopo poco, quando li vedemmo interagire nell'orgia e nelle sessioni, capimmo che erano dei nostri. E poi dei piedi e dei piselli come quelli di Angelo e Beppe puoi forse lasciarteli scappare?
    - eh, eh no...
    - Ben presto iniziammo a frequentarci, a volte a Roma da Tiberio, a volte a Genova da Paolo. I cinque solleticatori.
    - E il sesto chi era?
    - Eh, il sesto si chiamava Federico. Fu Tiberio a portarlo una sera.
    - Chi era Federico, cosa faceva?
    - Un bel maschio, alto e ticcio, rosso di pelo. Barba folta fulva e peli ramati. Due capezzoli appuntiti come boccioli. Un uccello venoso e storto in erezione, simile ad un manubrio. Piedi da dio. Pelle chiara, piede nodoso. Calzava un 47. A ripensarci, Federico era un manzo da paura....
    - Anche lui feticista?
    - Di più. Federico era fuori da ogni schema.
    - Che lavoro faceva?
    Mio zio iniziò a ridere ed io per stuzzicarlo gli solleticai le piante facendolo vibrare.
    - Era un prete. Credo che però le sue convinzioni religiosi fossero un lontano ricordo visto il modo come partecipava alle sessioni. Aveva una voglia di sesso pazzesca. Federisco era il più porco e il più sadico di tutti.
    - Un classico, - dissi eccitandomi all'idea di quel bellissimo maschio rosso e barbuto che nella vita quotidiana indossava la tenuta da parroco.
    - Federico rese le nostre sessioni di piedi e solletico un vortice di perdizione. Con quei piedi giganteschi faceva cose inimmaginabili, sapeva essere autoritario come nessuno di noi e al contempo, se costretto a subire, si riduceva ad un essere passivo e lussurioso. Ingurgitava i piedi, i nostri piselli, leccava da dio. Da lui ho ricevuto dei rimming che solo a pensarci...ah...mmm guarda....- mio zio inarcò la schiena e mi mostrò il suo uccello durissimo che gocciolava copiosamente. Era eccitatissimo: - Federico spingeva la lingua in profondità nell'ano, sentivi la sua barba foltissima solleticarti lo scroto mentre quella lingua lunghissima entrava a esplorare il piacere fino alla prostata.
    Sentii un formicolio nei testicoli: - Mmm zio..se non ti fermi...vengo....
    Zio Roberto smise di muovere i suoi piedi e mi guardò con il volto sfigurato dal piacere sessuale che il ricordo evocato gli aveva trasmesso. Annuì. Sollevò i piedi e li pose a terra alzandosi. Mi trovai la sua erezione a pochi centimetri dal volto. Avevo voglia di succhiare, di baciare quella meraviglia sgocciolante ma mio zio si diresse verso il lavello.
    - Hai ragione, stiamo travalicando. Alla fine si tratta di ricordi. Vuoi altro caffè?
    - Ho voglia di sapere, la tua storia mi sta portando fuori di testa....
    Mio zio si voltò a guardarmi.
    - Mi piace eccitarti.
    - Mi piace che tu lo faccia.
    - Mi piace eccitarti ed eccitarmi assieme a te. Porca vacca, Marco....perché sei venuto? Mi fai perdere la testa. - Velocemente ritornò verso di me, mi sollevò e mi baciò con una foga erotica pazzesca. La sua lingua entrò a cercare la mia. Il mio uccello e il suo si fusero in un contatto potente, umido e durissimo. Mio zio iniziò a muovere il bacino in modo che i nostri due falli durissimi si autostimolassero nella pratica del frottage. Gemetti in preda all'estasi, nella presa di mio zio alla quale cedetti e che ricambiai iniziando anche io a muovere su e giù il bacino. Il suo glande enorme premeva sulla mia cappella. I suoi piedi sensuali erano attaccati ai miei. La sua lingua gicava con la mia. Schizzai un fiotto copioso di sperma che si appicciò ai nostri ventri. Poco dopo anche mio zio irruppe nell'orgasmo mescolando il suo seme al mio.
    Ci staccammo guardandoci con occhi grati e soddisfatti.
    - Cosa ******* mi stai facendo? - Mi chiese ridacchiando.
    - Sei tu che ci ecciti con la tua storia.
    - Dai vai a lavarti e poi preparati per partire.
    - No, ora andiamo a lavarci insieme ma prima di partire, voglio sapere tutta la storia.
    Mio zio acconsentì. Andammo assieme nella doccia e ci lavammo a lungo. In breve, sotto l'acqua, le carezze genitali, le insaponate, il passaggio reciproco delle mani sui pettorali, sui fianchi, sulla pancia incrostata di sperma ci resero di nuovo due bestie arrapate. Usciti dalla doccia avevamo nuovamente due pali carnosi e turgidissimi fra le gambe. Mio zio si stese così, come un dio fallico sul letto e i invitò a fare altrettanto.
    Mi stesi mettendogli i piedi in faccia e ricevendo i suoi. Lui mi baciò l'alluce:
    - Vuoi che prosegua la storia?
    Non aspetto altro.


    Quindicesimo capitolo: la storia di Federico e la setta dei solleticatori.

    Stavo vivendo un momento di estasi senza eguali. Avevo in bocca uno degli alluci di mio zio, uno di quegli alluci così perfetti, torniti e virili che mi avevano ossessionato negli infiniti deliri erotici delle mie fantasie. L'altro piede di quell'uomo straordianrio era sul mio pene in erezione e con sapienza lo stava massaggiando con la pianta tenendolo compresso sul mo basso ventre. Ma l'estasi non finiva qui. Mio zio teneva con le sue belle mani i fianchi del mio bel piede e con sadico sfinimento stava leccando la punta delle dita per poi indugiare fra l'una e l'altra. Lo guardavo gemendo. Vedevo il mio piede sulla sua bocca circondata da ispida barbetta brizzolata e la sua lunga lingua faceva capolino ora fra due dita, ora fra le altre. Stavamo facendo un 69 di piedi e quel meraviglioso maschio, padrone assoluto di più di 10 anni di mie fantasie, era concretamente in azione per renderle più reali del previsto. Come era possibile che fossi ancora eccitato dopo la scopata notturna e l'eiaculazione di poco prima in cucina? Stavo scoprendo che forse il potere erotico di mio zio unitamente al fascino ambiguo di quel luogo dimenticato, mi permettevano di rigenerare energia sessuale ben oltre il lecito.
    - Non immaginavi, - disse ad un certo punto mio zio come leggendomi nel pensiero, - che noi maschi potessimo essere sempre arrapati a ripetizione così, vero?
    - Oh, dio, sììì... non lo immaginavooo... - gemetti succhiandogli alluce e illice, - tu mi fai impazzire....
    - Lo so, e a me fa impazzire farti impazzire....
    - Non farmi andare via, ti prego....
    - Te ne andrai ma prima ce la spasseremo ancora una volta. Ora ti do una tregua, vuoi sentire la fine della storia vero?
    - Voglio tutto, voglio tutto di te.... - sospirai guardandolo con una voglia atroce. Lui annuì e riprese a raccontare massaggiandomi gentilmente i piedi che fino allora aveva straziato con la lingua.
    - Eravamo dunque in sei e Federico si integrò subito nel gruppo. Iniziammo a giocare come ti dicevo. Spesso ci bastavamo e giocavamo noi sei, alternandoci. Quando Tiberio riusciva a reclutare qualcuno in università, lo portava a Genova a casa di Paolo e allora ci divertivamo su di lui. A volte erano ragazzi di circa 25, 28 anni che per soldi, pensando che il solletico fosse un gioco da ragazzi, venivano convinti di fare un guadagno facile. Il patto era che per essere pagati non avrebbero dovuto rivelare la safe word. Molti se ne tornarono via senza il becco di un quattrino.
    - Quindi rispettavate le regole.
    - Sì, se i ragazzi pronunciavano la safe word, il gioco finiva.
    - E come ai ieri con Manrico non è andata così.
    - Quando vedemmo che molti stoppavano troppo presto il gioco, iniziammo a irritarci. Tiberio e Paolo e soprattutto federico avevano mire più estreme. Per cui escogitammo la strategia del gioco di carte. Chi avesse voluto partecipare con compenso, avrebbe dovuto accettare il pacchetto completo. La sessione non poteva più essere interrotta.
    - Rischioso, no?
    - Sì, ma creammo un contratto con tanto di firma. Alzammo, ovviamente la quota. Ovviamente il numero delle vittime calò ma quelle che venivano si offrirono a giochi davvero estremi. Lo hai visto tu ieri sera e quella con Manrico non è stata nemmeno una sessione particolarmente estrema.
    - Cosa? Può essere più estrema di quella?
    - Sì. E con Federico sfiorammo l'abisso.
    - *******, racconta. - Quella storia mi intrigava.
    - Federico, come ti ho detto, era un sacerdote e secondo lui una dimensione rituale e spirituale avrebbe non solo legittimato le nostre perversioni ma anche reso più eccitante e coinvolgente il gioco. Una sera che cenavamo da Paolo a Genova tutti e sei prima di una serata orgia senza vittime, Federico ci mostrò un antico libro russo. Si riferiva ad una setta che aveva prosperato in Russia fra il XVII e il XIX secolo, la setta dei Solleticatori.
    - Sì, qualcosa ne sapevo. Ma solleticavano donne, se ricordo bene.
    - Non era la più nota setta dei Solleticatori che chiuse dopo la morte di un'adepta. Si trattava di un meno conosciuto gruppo segreto di aristocratici che reclutavano nelle campagne uomini più o meno giovani per sottoporli a riti specifici in nome di una presunta, antichissima divinità, il dio Knismos. Secondo il testo si trattava di un demone-dio, vertice di una antica cultura religiosa che venerava tre simboli sacri: il fallo, il piede e la mano. Kismos era il dio del solletico sacro. Le vittime venivano solleticate fino allo shock o allo stato di trance. Ovviamente mi è chiaro che si trattasse di un manipolo di ricchi uomini omosessuali che con quel pretesto liberavano le loro voglie e perversioni. del resto ho approfondito, con studi molto circostanziati, come il solletico sia particolarmente praticato a livello sessuale in varie culture. Quattro sono le principali civiltà che lo hanno coltivato e praticato, sia come pratica erotica che come tortura: la cultura cinese, quella giapponese, l'antica cultura atzeca e per l'appunto la civiltà russa. Non è un caso che fra le più celebri estimatrici del solletico vi fosse la zarina Caterina di Russia.
    - Non sapevo. Quindi, diciamo, in qualche modo per la cultura dell'antica Russia il solletico era qualcosa di 'culturalmente' recepito.
    - Diciamo di sì. Questo spiega perché fosse più diffusa che altrove la parafilia legata a questa pratica. Nei riti previsti dalla setta del dio Knismos, la prima fase era dedicata a questa sorta di tortura rituale che conduceva progressivamente le vittime dal riso alle urla fino alla trance. Giunti al culmine dell'eccitazione sessuale, i sacerdoti si liberavano in un'orgia propiziatoria regalando al dio il proprio seme.
    - Un po' perverso, direi.
    - Come io e te su questo letto ora, direi, - rise mio zio con complicità. Io dovetti convenire.
    - Vai avanti...- dissi mettendomi in bocca il suo alluce e succhiandolo. Lo vidi socchiudere gli occhi gemendo.
    - MMm..va bene maialino mio... Paolo e Tiberio furono subito affascinati dall'idea della setta da ricostituire. Ammantare la cosa di una ritualità reale o presunta solleticava la loro fantasia. Beppe e Angelo inizialmente non parvero convinti, io restai neutrale. Decidemmo di tentare ma ci voleva un 'tempio' in un luogo appartato lontano dalla civiltà. Fu allora che proposi loro di venire qui, in questo posto dove saremmo stati soli e introvabili.
    Quando iniziammo a simulare i riti mi accorsi subito che Federico,in virtù del suo essere sacerdote, conferiva realmente alle sessioni un'energia e una convinzione totalizzante. Paolo e Tiberio lo seguivano come adepti e comprimari. L'aspetto religioso o fanatico, direi, li rendeva ancora più spregiudicati. Beppe e Angelo vennero presto catturati da quell'aura di delirio mentre io mantenni una certa distanza. A me interessava il sesso, il gioco. Quella nuova formula, lo riconosco, aveva un sapore più eccitante perché sembrava essere diversa. Non c'era più un gioco reale ma quasi un'autentica vocazione. Mi rendevo conto del pericolo sotteso. Di fatto il compenso economico per sottoporsi alla tortura sacra venne sensibilmente alzato e le vittime iniziarono nuovamente ad aumentare. Le sessioni iniziavamo come hai visto tu, con un gioco in cui uno di noi sacerdoti inizialmente perdeva per rendere falsamente democratica l'idea della penitenza. Truccando le carte, al secondo giro, il malcapitato di turno veniva dunque sottoposto al rito.
    - Non gli dicevate prima del rito, dunque!
    - No, Tiberio aveva escogitato l'idea del video come hai potuto vedere. Nella prima tortura, che in genere spettava a Beppe, a me o a Angelo, la sessione viene ripresa di nascosta così che si possano ben vedere gli 'ospiti' eccitati e partecipi. Questo poi diviene il deterrente perché nessuno abbia la malaugurata idea di denunciare.
    - Diabolico, direi.
    - Tiberio sa essere diabolico. Tuttavia io mi sono sempre fatto garante di non eccedere e per questo ho avuto fortissimi attriti con gli altri. Quando vedo che le cose rischiano di andare troppo oltre, cerco sempre degli escamotage per distrarre gli altri.
    - Ho visto e mi pare che offrendoti per giochi sessuali, prendi due piccioni con una fava... - ammisi sorridendo.
    - Anche più di una fava direi.... - rise di gusto, - sposto l'attenzione dei miei compagni sul sesso e mi offro a momenti di orgia in modo che lasciano in pace, o calino comunque il carico sul malcapitato.
    - E Federico cosa ha combinato?
    - Una sera stavamo solleticando un uomo di circa 35 anni. Era uno straniero, credo albanese o del Montenegro. Un bellissimo maschio dalla sensibilità spiccatissima. Urlava come un disperato e le sue risate isteriche penso arrivassero fino a Genova. Era stato proprio Federico a reclutarlo. Era un seminarista, lo ricordo bene. Avevano avuto una relazione clandestina in seminario e il sacerdote più giovane si era detto incuriosito dalla proposta di venire a giocare 'al gioco del solletico'. In effetti la prima parte del gioco lo vide molto divertito e partecipe. Quella sera spettò a me il turno della 'prima tortura' e quel maschiaccio balcanico si divertì moltissimo nel guardare mentre gli altri mi tormentavano. Ricordo anche che si chinò sul mio uccellone durissimo e pompò a lungo fino a farmi esplodere così che la tortura divenne per me ancora più atroce. Mentre imploravo, lui incitava gli altri a continuare per cui presi ad odiarlo e giurai che gliel'avrei fatta pagare. Così aspettai il turno della manche truccata. Inizialmente non sembrò avere paura di essere la vittima designata. Ma quando capì cosa significava stare dall'altra parte, e arrivammo al punto del rito sacro a Knismos, le cose cambiarono. Il suo corpo nudo era una meraviglia mentre si divincolava senza sosta sotto le nostre crudeli attenzioni. Ad un certo punto, però, mi resi conto che stava per andare in iperventilazione e soffriva eccessivamente. Anche se avevo avuto il proposito di vendicarmi, spinsi gli altri a smettere. Angelo e Beppe convennero subito con me. Contro voglia Tiberio, Paolo e Federico smisero. Il sacerdote balcanico soffriva e non riusciva a parlare. Portai i miei compagni in camera mia e feci loro un discorso chiarendo che dovevamo smettere perché non era il caso di mettere a rischio la vita di nessuno. Tiberio e Paolo concordarono con me, Federico si dichiarò contrario e mi disse che ero poco spirituale al che litigammo ma ebbi la meglio su di lui. Tornammo di là decisi a slegare il povero uomo che ancora tremava e faticava a riprendersi. Sentii un tonfo, poi un secondo tonfo. Mi voltai e vidi Beppe e Tiberio a terra, A quel punto Federico si avvicinò a me e mi accostò repentinamente la mano al naso. Sentii un odore fortissimo e poi fu buio.
    Furono le urla e una sensazione pazzesca dal mio ventre a riportarmi in vita. Mi risvegliai con la nausea e il mal di testa. Qualcosa mi stava iperstimolando la prostata. Cosa era? Avevo inserito un vibratore anale a sonda, acceso a forte velocità. Ero legato mani e piedi ad una sedia, nudo. Accanto a me, su altre sedie e nella stessa condizione c'erano Paolo, Tiberio, Beppe e Angelo. Tutti smaniavano per gli effetti dei vibratori. Davanti a noi, steso sul tavolo, il povero sacerdote veniva seviziato da Federico. Il prete rosso era in preda ad una insana follia e solleticava senza pietà quel maschio sudato, sfibrato, esaurito. Eppure le urla, i rantoli, le risate isteriche a tratti diventavano una sorta di orgia di paurosa potenza. Le mani grandi e forti di Federico giocavano col corpo dell'albanese. I piedi nodosi e bianchissimi di Federico entravano ed uscivano dalla bocca di quell'uomo quasi soffocandolo in una sorta di podo-pompino forzato mentre le mani si dedicavano ai piedi, alle cosce, ai fianchi della vittima. Anche se tormentati dai vibratori, iniziammo a gridare di smetterla. temevo davvero per la vita del giovane uomo legato e crudelmente seviziato dal prete. Non so come avvenne ma Beppe riuscì a liberarsi. Si lanciò su Federico e con un *******tto fortissimo lo fece precipitare a terra. Beppe ci sciolse e subito corremmo in aiuto del povero sacerdote legato. Lo slegammo ma per farlo riprendere non fu semplice. Mi prese una paura immensa. Quando Federico si riprese, ci guardò con crudeltà e io capii che non intendevo più vederlo. Anche Tiberio e Paolo furono concordi nel considerare Federico un capitolo chiuso. Gli ordinammo di non farsi più vivo e così è stato.
    - E il sacerdote albanese?
    - Quando si riprese inizialmente si scagliò contro di noi, minacciando denuncia. Allora io presi il video e gli mostrai con quale foga avesse prima incitato gli altri a fare a me quello che poi era stato fatto a lui. Sotto minaccia di rendere noto quel materiale, si quietò e di lui non ne ho più sentito parlare.
    - Ma il rito rimane se ho capito.
    - Per Paolo e Tiberio rimane un tratto eccitante e glielo permettiamo così che ognuno trovi piena soddisfazione nel gioco. Tuttavia, come hai visto, io continuo a regolare ... alla fine non voglio che succeda nulla di grave. Il solletico è un bel modo di giocare, una forma di sadomasochismo non violento, ma pur sempre da controllare.
    - Ho potuto vedere. Io potrei morire anche solo per dieci minuti...quello che avete fatto a Beppe e Manrico ieri sera non potrei reggerlo.
    - Ah, ah, ti stupiresti di quanto un bel corpo giovane come il tuo può sopportare. Per questo non volevo che ti vedessero.
    - Beh, ma se avessi detto no, sarebbe stata rispettata la mia volontà, no?
    - Penso di sì, ma Tiberio e Paolo hanno modi seduttivi e conoscendo la tua perversa voglia di sesso, avrebbero potuto convincerti, credimi....
    - Sarei morto....
    - Beh, ora voltati.
    Non me lo feci ripetere due volte. Un attimo dopo mio zio entrava col suo pene durissimo e carnoso dentro di me. Stantuffò a lungo prima di venire mentre io godevo immensamente. Quando mi voltai, con l'ano che gocciolava il suo seme caldissimo, mio zio mi offrì i suoi piedi: - Succhiali quanto vuoi!
    Mentre li leccavo e li succhiavo, inebriato e ancora con il senso di pienezza anale, mio zio iniziò a masturbarmi lentamente con entrambe le mani e dopo poco eruppi nell'ennesimo schizzo. Stavolta il mio sperma fu meno abbondante ma l'orgasmo mi fece urlare di un piacere sconfinato.
    Un'ora dopo ero vestito, con lo zaino in spalla. Mio zio aveva di nuovo i pantaloncini, la canotta e le infradito.
    - Marco, alla fine sono felice che tu sia tornato a trovarmi. Ora però mantieni la promessa. Non tornare mai più.
    Io lo abbracciai fortissimo. Ero grato, ero pieno di una completezza che non potevo spiegare. Sentivo che quei due giorni di conoscenza e di erotismo con lui mi avevano appagato, avevano saziato un conto in sospeso e ora sì, anche se mi struggeva l'idea di non rivederlo più, ora ero a posto, pronto per avere una vita sessuale ed affettiva tutta mia, completamente nuova, matura. Quel gradino era stato necessario e ora potevo volare.
    Mi accompagnò al molto dove era ormeggiato il mio gommone. Mentre stavo per salire mio zio cambiò espressione:
    - Ma che ca.... - sospirò.
    - Che cosa c'è? - chiesi senza capire.
    Mio zio stava guardando sull'altro lato della baia. Sulla spiaggia era depositato un altro gommone, vuoto. Si vedevano dei remi issati, segno che qualcuno era arrivato senza motore acceso.
    - Vai via, Marco, veloce, - disse mio zio spingendomi sul mio gommone ma una voce nota risuonò alle nostra spalle:
    - Dove dovrebbe andare il tuo bellissimo nipote che per altro credo di conoscere?
    Mi voltai. Paolo uscì da una macchia di mirto. Era a pochi passi da noi e rideva. Poco dopo Tiberio lo seguì e gli tennero dietro Angelo e Beppe.
    - Te lo sei scopato più e più volte senza condividerlo con noi, non sei stato generoso, - ridacchiò sinistramente Tiberio.
    - Inoltre, - attaccò Angelo, - gli hai raccontato un po' troppe cose che avevamo promesso l'un l'altro di conservare nel massimo riserbo.
    - In più, - concluse Beppe venendo verso di me e afferrandomi alle spalle, - questo ficcanaso ha spiato tutto ieri sera.
    - Avevamo capito che qualcosa non andava, - disse Tiberio mentre con Paolo bloccava mio zio, - la storia del gommone degli studiosi non reggeva. Siamo subito tornati col gommone...e vi abbiamo spiati per ore. Ci avete regalato attimi di autentica pornografia. Si direbbe quasi incestuosa!
    - Lasciaci, - gridò mio zio.
    - Oh no, carissimo Roberto, per nulla. Tali infrazioni vanno assolutamente punite. Dico bene? - rise Tiberio. Gli altri annuirono e poi a fora fummo ricondotti verso la casa di mio zio.
    - Sarà una lunga, lunghissima giornata ragazzi! Che dico? Giornata? Saranno probabilmente lunghissime giornate e notti di sfrenata fantasia! - rise di gusto Paolo.
    E così mi apprestavo a vivere la più estrema, sconvolgente esperienza sessuale ed umana della mia vita. Nulla di ciò che avevo visto e vissuto fino ad ora era minimamente paragonabile a quello che di lì a poco avrei subito con mio zio pe mano di quei quattro insaziabili viziosi.

    Sedicesimo capitolo: la preparazione

    Io e mio zio fummo portati di forza all'interno della casa. Per quanto mi divincolassi, la presa di Beppe e di Angelo erano fortissime. Mi avevano sollevato e Beppe mi stringeva in una morsa invincibile le braccia mentre Angelo sorreggeva le gambe. Tiberio e Paolo, alla stessa maniera, portarono mio zio che sbraitava e cercava invano di divincolarsi. Quando fummo dentro, mio zio cercò di liberarsi violentemente ma Tiberio e Paolo sembravano avere la meglio.
    - Eh che diamine, - rise Tiberio trattenendo a terra mio zio a pancia in giù con un ginocchio: - Mi sa che ci vuole il metodo del prete rosso! Vai Paolo, prendi il cloroformio.
    - No, noooo - gridò mio zio. Io ero stato bloccato dai miei due carcerieri e guardavo impotente.
    Paolo giunse con una boccetta ed un fazzoletto di stoffa. Velocemente lo imbevé del liquido del flacone e poi si chino premendolo con forza sul volto di mio zio. Le sue convulsioni terminarono all'istante e svenne. Paolo si avvicinò a me ridendo: - Anche a te...così vi sistemiamo prima.
    Non feci in tempo a voltare la testa. Un odore dolciastro mi avvolse le narici, poi gli occhi e le tempie e caddi nel buio.

    - Bene bene, svegliati cucciolone, - uno schiaffo mi destò da un dormiveglia strano e confuso. Il dolore si mescolò alla nausea. Ci misi un po' a destarmi del tutto. Mi trovavo su una sedia, legato. Legato e completamente nudo. Le mani erano state legate dietro, saldamente, così e caviglie, ancorate ai gambi. Al collo mi era stato messo un collare di cuoio a cui era attaccata una catena che Paolo, che mi aveva schiaffeggiato per svegliarmi, teneva in una mano: - ecco, ecco che si è svegliato il bel manzetto. Il nostro agnello sacrificale.
    - Lasciatelo! - Sentii gridare rabbiosamente mio zio. La sua voce proveniva dalle mie spalle ma pur torcendo la testa non riuscivo a vedere dove fosse.
    - Vuoi vedere il tuo zietto porcello? - Disse Paolo strattonando la catena. Beppe e Angelo afferrarono la sedia su cui ero legato e la ruotarono. Allora vidi come era stato legato mio zio.
    Zio Roberto era completamente nudo come me, disteso sul singolare letto a croce di Sant'Andrea su cui la sera prima era stato torturato Manrico. Tiberio era presso di lui e con fare falsamente distratto gli stava carezzando la pancia, l'inguine e il grosso pene che ora era a riposo.
    I nostri aguzzini erano ancora vestiti e fra di loro avevano sguardi e modi di fare complici, attraversati da una comune e sadica vena ironica che mi metteva molto a disagio. Iniziai a tremare.
    - Guarda te chi dovevo trovare qui, nascosto a spiare i nostri maneggi, - rise Paolo sedendosi accanto a me. i guardò studiando il mio corpo nudo con desiderio e ironia: - Io e tuo nipote, caro Roberto, abbiamo giocato a lungo in videochat. Ma lo sai, te lo ha detto lui. E' quasi commovente vedere quale rapporto di sintonia avete sviluppato in questi due giorni, dico bene ragazzi?
    - Dici benissimo, - riprese Tiberio metre iniziava a masturbare mio zio che si divincolava rabbiosamente, - una sintonia così potente che quel ragazzotto niente male e così perverso è riuscito a scalfire la presunta integrità di questo maschiaccio tutt'altro che limpido, vero Roby?
    - Lasciatelo stare, prendetevela con me se propri dovete, bastardi! - Graffiò con la voce mio zio mentre provava a divincolarsi.
    - Insomma, abbiamo assistito ad un vero e proprio incesto... - Ridacchiò Beppe appoggiato alla parete. L'altissimo ragazzo aveva pantaloni della tuta grigi e vedevo la sua erezione muoversi progressivamente mentre mi guardava con fare sensuale. Aveva le braccia incrociate sul petto.
    - Formalmente non è incesto, - puntualizzò Paolo iniziando a titillarmi il capezzolo, - non hanno legame di sangue eppure vedervi in ogni dettaglio delle vostre scopate ed ascoltare i vostri reciproci racconti aveva davvero qualcosa di profondamente disturbante.
    - Vi prego, - provai a dire mentre il titillamento al capezzolo mi scatenava degli strani brividi, - vi prego lasciateci andare...
    - Ohhh, avete sentito? - Ammise con falsa serietà Paolo, - il mio amico di videochat mi chiede di lasciarlo andare.
    - Non possiamo e non vogliamo, caro ragazzo, - disse Tiberio venendosi a sedere anche lui accanto a me e iniziando a titillare l'altro capezzolo, specularmente a Paolo. - Non solo sai troppe cose ora. Una severa risciacquata ti aiuterà a capire che tutto rimarrà un segreto. Inoltre.... - si abbassò con la bella faccia barbuta e iniziò a leccarmi il capezzolo che fino a quel momento aveva solleticato con il dito indice. Quel lascivo senso di impotenza che la sua lingua mi diede quando iniziò con la punta umida e rossa a titillare il mio capezzolo, mi fece sobbalzare. - ...Inoltre oltre ad essere molto arrabbiati, mooolto, per vari motivi, siamo anche decisamente interessati a giocare con te e col tuo corpo niente male. I tuoi piedi, le tue gambe e il tuo cazzo sono per noi carne molto pregiata e il fatto che quel bastardo ipocrita di tuo zio ti abbia tenuto nascosto ci rende molto determinati. Ci riprenderemo tutto il divertimento che rischiavamo di perdere, ma faremo anche molto di più... - iniziò a passare le sue dita lungo i miei fianchi nudi e Paolo lo imitò sul fronte opposto. Iniziai a ridere e a gemere. Quel piccolo accenno di solletico già mi terrorizzava. - ...in più a solleticare te fino a farti perdere la testa, sperimenteremo nuove sevizie erotiche e ci occuperemo anche di tuo zio. Sarà molto eccitante vedere entrambi sottoposti alle nostre attenzioni. Di tuo zio sappiamo tutti i punti deboli, ma di te, tesoro bello, dobbiamo davvero esplorare e scoprire tutto e sarà una lunga, divertentissima esperienza. Inutile dire che abbiamo appreso come tu sia una vera t-r-o-i-e-t-t-a vogliosa..non ti deluderemo. Assaggerei i nostri manganelli carnosi uno ad uno ed anzi... - rise di gusto guardando i suoi compagni, - sperimenteremo probabilmente alla fine anche una doppia penetrazione visto che sarai così provato e sfinito dalle nostre cure, che accetterai anche di venire sfondato dai nostri bei piselloni. Hai visto che belli?
    Ti berio smise di solleticarmi mentre Paolo iniziò a massaggiarmi la pancia. Il professore di Roma tornò verso mio zio che ringhiava.
    - Non fate cazzate, Tiberio! Lasciatelo, rimaniamo nel binario della snesatezza.
    - Smettila di mugugnare, - disse Tiberio e con cattiveria strizzò un capezzolo di mio zio facendolo urlare. Io guardai inorridito. Stavo capendo che non era un gioco, non c'era più alcun gioco e quei pazzi stavano per sottoporci a qualcosa che non aveva nulla di giocoso o leggero. Tiberio si rivolse a mio zio: -Abbiamo in serbo per te una doppia sorpresa... Vista la rabbia che il tuo atteggiamento ci ha scatenato, abbiamo concordato una punizione esemplare per te. Ci sembrava doveroso rendere i prossimi giorni un delirante esperimento di ricerca. Per cui abbiamo contattato dei vecchi amici...appena arriveranno inizieremo a torturarvi come mai è avvenuto prima.
    Mio zio scosse la testa: - Non puoi aver fatto questo...avevamo deciso di non rivederlo più.
    - Oh, sì, in effetti sì ma io in verità, a tua insaputa, ho continuato a sentirlo. Si è detto ben felice di venire qua a punirti. Ti reputa il responsabile principale del suo esilio e credo che su tuo nipote scatenerà tutta la foga del suo amatissimo dio Knismos.
    Mentre i quattro aguzzini ridevano, mio zio si voltò verso di me con aria terrorizzata. Mi parve che iniziasse a piangere: - No, no...vi prego...
    - Oh sì! sarà qui fra poco, - prese Paolo che si era disteso a terra e mi baciava voluttuosamente i piedi. sentivo la sua bocca e la sua barba morbida carezzare le dita e i fianchi del piede.
    - Sarà qui fra poco ma non sarà solo! - Aggiunse angelo la cui enorme erezione premeva nei pantaloncini. Vedevo quel gigantesco membro premere sulla stiffa disegnando la sua sagoma che tanto mi aveva sconvolto. La punta si stava bagnando lasciando una traccia sulla stoffa.
    - Ma di chi parlate? - Domandò allarmato mio zio.
    - Oh, l'hai raccontato anche al tuo nipotino, non ricordi? - Riprese Beppe, avvicinandosi a me. Si chinò sulle ginocchia per guardarmi in viso. Con le grandi e belle mani iniziò a carezzarmi il ventre e a penetrare con l'indice nell'ombelico. Tirai indietro la testa e gemetti: - Ehi, Marco, non ti ha colpito come tuo zio sia stato inseguito e stolkerato da un avvocato di La Spezia che amava farlo torturare dai suoi amici?
    Io ricordai la narrazione e di come mio zio fosse andato via dalla città proprio per far perdere le sue tracce.
    - Beh, - attaccò Tiberio iniziando a solleticare i fianchi di mio zio che aveva compreso e stava vibrando di rabbia e paura, - non è stato difficile rintracciarlo. Quando gli abbiamo spiegato la situazione, ha subito colto la palla al balzo. Sta venendo qua anche lui sai? Si è dato appuntamento un'ora fa con Federico al molo. Prenderanno un gommone e probabilmente sono già in viaggio. Ci pensi Roberto? Due tuo adorabili nemici stanno venendo qua. L'Avvocato Bedlin ha detto di volerti infliggere una meritata punizione. Ha detto che sei in arretrato di un po' di anni... capisci cosa sta per succedere?
    I quattro scoppiarono in una risata. Poi Paolo mi sciolse le mani e con forza, aiutato da Beppe, me le legò sul retro della schiena con delle manette. Sciolsero poi i piedi e tenendomi al guinzaglio, mi fecero alzare.
    - In attesa di iniziare, ora andremo al bagno per la cerimonia della 'pulizia', - disse con serioso sadismo Tiberio.
    - Noo, nooo, Marco no! - Urlò mio zio rimanendo ancorato al tavolo. I


    Diciassettesimo capitolo: la pulizia, prima fase

    Prima di entrare nel bagno, i miei aguzzini si fermarono nella camera di mio zio. Il letto era ancora sfatto. Per un attimo ripensai al sesso con mio zio quella notte e a come ora la prospettiva fosse del tutto cambiata. Lo sentivo urlare dalla sala dove era rimasto legato al tavolo da tortura. I quattro che mi tenevano in ostaggio si misero in cerchio intorno a me.
    - Inginocchiati, - mi ordinò Paolo strattonando la corda. Mi piegai sulle ginocchia e senza perdere l'equilibrio, giacché avevo le mani ammanettate dietro la schiena, mi misi a terra.
    - Visto che ti piacciono tanto i piedi di tuo zio, - prese a dire Paolo, - e visto che conosco bene quanto ti piacessero i miei e in generale tu sia una fichetta che impazzisce per i piedoni, ora sarai servito come meriti. Ragazzi, toglietevi ciabatte e scarpe. La prima pulizia la farà lui a noi, poi, dopo, al bagno, rovesceremo i termini dell'equazione.
    I quattro risero con un sarcasmo cinico, poi come suggerito da Paolo, denudarono i loro piedi. Beppe sfilò gli enormi fettoni da un paio di sneakers e li lasciò ancora nei calzini di spugna. Tiberio tolse i sandali da frate, Paolo gettò le infradito e Angelo si tolse i mocassini. In breve mi ritrovai schiacciato a terra. Con l'enorme piede ammantato da un calzino bianco, Beppe mi schiacciò la testa a terra. Lo faceva con durezz ama al conempo senza farmi male. Ma la presa del suo piede era autoritaria e mi faceva capire che se avessi disubbidito non sarebbe stato piacevole. Avevo la testa torta di fianco, la schiena in discesa verso la nuca. Il mio sedere rimaneva ora la cosa più alta del mio corpo. Intorno alla mia faccia alitavano gli odori di quegli otto piedi. Intensi. Sentivo il cuoio dei mocassini esalare dagli interstizi sudati dei piedi nodosi di Angelo, avvertivo intensissimo l'odore sudato del calzino di Beppe. Tiberio avvicinò il suo alluce alla mia bocca e allora mi giunse al naso un misto di crema solare e piede appena sudato:
    - Succhia, e fallo bene.
    Cosa mi stava succedendo? Nonostante la paura e l'umiliazione a cui ero sottoposto, nonostante il desiderio di essere altrove, quel tripudio di piedi mi faceva perdere il capo. Mi stavano sottoponendo ad una sopraffazione che conteneva esattamente il culmine delle mie fantasie erotiche. Con imbarazzo, piangendo, mi resi conto che stavo avendo un'erezione. Iniziai a succhiare il pollice di Tiberio, quel carnoso e grande pomello si muoveva nella mia bocca e veniva spinto dal suo proprietario con crudele insistenza.
    - Mmm, bravo, bravo...succhia così...ahhh
    Nel frattempo Paolo si divertiva col suo bellissimo piede a solleticare il mio fianco. Angelo, che era dietro di me rise:
    - Ragazzi, è da non credere. Questo troietto si sta eccitando!
    - MMMmm... - sogghignò Tiberio mentre continuava a godere della mia bocca, - cosa c'è da stupirsi? Non ha fatto altro che giocare e bramare i piedi di suo zio... facciamogli sentire il vero piacere, dai. Suo zio gli ha messo dentro il suo alluce e poi anche l'uccello, ma qui possiamo fare di meglio no?
    Allora, mentre Tiberio iniziava a spingere nella mia bocca tutto il suo piede cremoso, sentii una dilatazione inizialmente dolorosa nell'ano e poi l'alluce di Angelo entrò stantuffando: - ecco, ora hai piedi in bocca e in culo, sei contento?
    Godevo come una cagna, ero in preda ad uno shock che faceva cortoircuitare la mia mente. Come potevo godere in quel momento?
    Eppure era così. Venivo riempito di una maschia violenza e i miei aguzzini usavano su di me, come strumento, la parte del corpo maschile che da sempre mi aveva fatto impazzire. Nell'imprimermi umiliazione e sofferenza, in verità mi regalavano un godimento estremo tanto che iniziai a gemere senza riuscire a fermarmi.
    - Sentitelo come gode, sentite come mugola! - urlò trionfante Paolo che si spsorò sull'uscio che divideva la sala dalla camera e si rivolse a mio zio: - Lo senti come lo stiamo facendo godere? Dovresti vedere....
    Sentii mio zio urlare: - Lasciatelo stareeeeee!
    Ma Paolo tornò di là e ridendo impartì ordini alla combriccola. Si stesero in tre sul letto facendo sbordare i loro piedi. Paolo mi strattonò il guinzaglio tirandomi su affinché con la testa fossi ad altezza di quei sei piedi diabolici. Beppe aveva tolto le calze di spugna e le sue immense, lunghissime fette carnose mi mostravano le suole umide di sudore. C'erano poi i bellissimi piedi curati di Tiberio e quelli nervosi e ossuti di Angelo.
    - Bene, inizia a pulirli bene, uno per uno! Dovrai passare la lingua fra le dita, lentamente per pulire tutto. Intesi? - Strattonò la catena affinché io potessi annuire.
    - Inizia.
    E così iniziai. Mentre ancora sentivo lo sfintere anale vibrare per lo stimolo ricevuto dalla penetrazione dell'alluce di Angelo, iniziai con la lingua ad eseguire quanto mi era stato chiesto. Quell'umiliazione mi eccitava all'inverosimile e non volevo. Eppure il mio uccello durissimo stava gocciolando copiosamente mentre la mia lingua e la mia barbetta regalavano pura estasi a quei tre maiali. Mentre passavo fra minolo e pondulo, dedicando tempo a quell'interstizio odoroso, Beppe si abbassò i pantaloni e iniziò masturbarsi l'enorme uccello. Godeva, le mie leccate precise e minuziose lo facevano andare in estasi. Tiberio e Angelo guardavano lui e poi me con sguardi lascivi. Desideravano lo stesso trattamento e non attendevano il loro turno.
    - Mmm, sììììì, sììì così dai.... - sussurrava Beppe mentre su e giù masturbava il suo pene.
    Poi fu la volta di Tiberio che si divertì a bloccarmi la lingua fra le dita: - Seiun piccolo giovane porco. Non sai cosa ti faremo!
    Infine Angelo che come Beppe si mastubrò lentamente mentre indugiavo fra gli anfratti dei suoi piedi che sapevano di cuoio. Alla fine l'odore viscido della mia saliva aveva impregnato quei piedi e l'aria. Paolo aveva assistito in piedi accanto a me, tenendomi in riga con la catena. Alla fine si sistemò sul letto passando la catena a Tiberio.
    - Ora sta a me.
    Al che io ripresi dedicandomi ai suoi piedi, a quegli alluci bellissimi, ammirando le sue gambe magre e tatuate. Quando anni prima mi ero masturbato in videochat con lui, mai avrei mmaginato che un giorno Paolo sarebbe stato realmente di fronte a me. Mentre succhiavo e leccavo i suoi piedi, TIberio si divertiva con il mio scroto. Aveva messo il suo piede fra le mie cosce, da dietro, e lo muoveva su e giù. Questo aumentò considerevolmente la mia eccitazione e il suo piede si ricoprì di fiotti densi di presborra. Mi stava uscendo dall'uccello un liquido denso, misto fra urina e siero prespermatico. Quando Tiberio se ne accorse imprecò:
    - Mi hai sporcato di nuovo, troietto. Si accostò al letto e mi offrì il piede: - Lecca tutta questa roba, è tua!
    Dovetti ubbidire e così succhiai via tutto quel liquido che era pocanzi uscito dal mio uccello disperato.
    Ero un fascio di nervi e di sensi. Tremavo e godevo al contempo. Quando ebbi finito, mi fecero rialzare.
    - Ed ora andiamo al bagno. Ora sta a noi pulire te.
    Ormai eravamo tutti completamente nudi e la cosa terribile era che di fronte alle loro quattro erezioni prodigiose, la più imbarazzante era la mia che svettava turgida come non mai. Cosa mi aspettava dentro al bagno?

    Diciottesimo capitolo: la pulizia, seconda fase.

    Il bagno di mio zio aveva una classica disposizione. Sul lato d'ingresso c'era il lavandino e in angolo il box boccia dove io e mio zio ci eravamo lavati assieme. Sul lato opposto c'erano una vasca, il water e il bidet. Venni fatto accomodare su quest'ultimo a gambe larghe ma con la faccia rivolta verso il muro, in modo che il rubinetto fosse diretto alla mia area inguinale. Strattonando il collare venni fatto così sistemare, ripiegando le gambe indietro in una posizione che era una via di mezzo fra la seduta e l'inginocchiamento. Le mani ammanettate sul retro mi facevano male. La mia erezione si era nel frattempo un po' ammosciata mentre quelle dei miei aguzzini rimanevano delle turgide dimostrazioni di potere e forza virile. Sentivo l'odore intenso e penetrante di quei quattro uccelli sudati, lucidi, pulsanti. Come fui sistemato sul bidet, Tiberio si sedette sul water lì accanto rivolto verso di me. aveva uno sguardo così perverso che faticherei a descriverlo. Aveva un qualcosa di paternalistico, quell'espressione che solo gli uomini maturi sanno avere e che è determinata da un cumulo di esperienza anche erotica ma vi era anche mescolato un chiaro segno di brama di possesso e di sopraffazione, di sicurezza. Sul lato opposto del bidet, inginocchiato fra la mia gamba sinistra e il muro d'angolo, si sistemò Paolo. Il suo corpo tatuato ora mi toccava ed io non potevo distogliere lo sguardo dalla sua faccia soddisfatta e profondamente pervasa da un sudicio senso di lussuria. Un volto bellissimo, maturo ma ancora giovane, incorniciato da quel tono pepato grigio che si riversava sulla barbetta e sui lunghi capelli annodati alla giapponese in una sorta di scomposta cipolla. Il suo sorriso era un inno al sesso, alla pornografia. Paolo era il sesso senza freno e mi guardava come se io fossi un oggetto da poter usare a suo puro e insindacabile giudizio.
    Angelo, che tratteneva salda la catena del mio collare, e Beppe furono ale mie spalle e con le loro cosce costituirono un morbido appoggio per me affinché non potessi retrocedere. I loro ******* si trovarono così, eretti e gocciolanti ai lati del mio volto e, sicuramente con deliberata malizia i due carcerieri, spesso venivano fatti strusciare contro il mio volto. Il pene di beppe era sottile e nervoso, odorava profondamente di muschio e sudore. Quello di Angelo, che già dalla sera prima mi aveva stupito a distanza per le sue dimensioni, si rivelò impressionante. Era enorme, carnoso. Non riuscivo a valutare la sua circonferenza. Il fusto rosa, polposo e cosparso di venature finiva in una cappella turgida, fuori misura, talmente lubrificata di liquido preseminale che gocciolava copiosamente sulle mie spalle.
    - Poichè nelle prossime ore ti sottoporremo a svariate sessioni e prove sessuali, devi sapere che a noi piace la pulizia e l'igiene del tuo uccello ci è particolarmente cara. - Disse Tiberio iniziando a massaggiarmi il petto con movimenti lenti. Apparentemente potevano apparire i gesti rassicuranti di un massaggiatore ma il tono con cui il professore romano parlava era tale da renderli tutt'altro.
    - Ora laveremo questo bellissimo uccello come si deve, - disse Paolo e con una mano afferrò alla base il mio pipo serrandolo alla radice dei testicoli. Con l'altra sgusciò completamente il glande che era rosso paonazzo. Tiberio aprì l'acqua del rubinetto, bagnò la sua mano poi afferrò il sapone liquido che era sulla mensola e lo lasciò colare sulla mano umida. Massaggiò il palmo con le dita e quando il liquido iniziò a schiumare abbassò sulla mano del mio pene che Paolo teneva ben saldo.
    - Ohhhhh nooo, - sibilai mentre sentivo la mano insaponata iniziare a muoversi con lentezza sulla mia cappella sensibilissima. La manualità di Tiberio era esperta, sapeva procedere con una sapienza che è quella di un maschio che non solo ha conosciuto tante nerchie, ma che probabilmente sulla propria ha talmente esplorato negli anni ogni forma di minima variazione alla masturbazione da divenire una micidiale macchina di piacere estenuante. Io non posso dire quel massaggio fallico cosa stesse producendo in me. So solo che il mio corpo era scosso da brividi, la sensibilità della cappella era tale da farmi gemere e a tratti urlare. Eppure godevo intensamente e la pelle liscia e rossissima del mio pene sgusciato si tese fio a diventare un bastone di durezza imponderabile, forte anche del fatto che Paolo nel frattempo stringeva la base giocando con l'afflusso ai vasi sanguigni.
    - Godi come un porcellino vero? - Sibilò Angelo stuzzicandomi il collo e la zona dietro l'orecchio con il suo spropositato manganello sessuale. Sentii l'umida traccia dei suoi liquidi rimanere ovunque la cappella passasse per solleticarmi.
    - Ohh ddiio, vi prego, bastaaa, così vengo... - ed era vero, sentivo il mio sperma montare per l'ennesima volta nei testicoli.
    - No, questo no, - disse allora Tiberio sganciando la sua mano. L'assenza di quel tormento-piacere fu una frustrazione. Dovevo, volevo, esigevo di venire. Ma il bloccarsi di quella deliziosa tortura mi umiliava ancora di più.
    Io gemetti urlando: - Nooooo, nooo...
    - Lasxiatelo stareee, bastardiiii - urlò di nuovo dalla sala mio zio.
    Tiberio sbuffò: - Tuo zio è infinitamente noioso, qualcuno vada di là e inizi a lavorarlo un po'. Non voglio che ci disturbi. Beppe vai di là e inizia a prenderti cura di quella zona dove lo soffre tanto.
    - Wow, sì! - esultò Beppe, staccandosi dalle mie spalle e scomparendo oltre la porta del bagno. Un minuto dopo sentii mio zio iniziare a ridere istericamente, a implorare - No, no, noooo, lì nooooo.. - le sue risa divennero ben presto urla strozzate e poi liberatorie. Cosa stava facendo Beppe a mio zio tale da renderlo in questo stato di totale sottomissione e impotenza? Quelle urla erano un misto di disperazione, di rabbia, di paura.
    Mentre questa angosciante colonna sonora proseguiva ininterrotta dalla sala, il formicolio nei miei testicoli si era placato. Paolo dunque passò all'azione assieme a Tiberio. Insaponate di nuovo le mani, i due iniziarono a turno a massaggiare l'intero fusto a partire dalla cappella e scivolando verso il basso. Paolo usava anche la seconda mano per titillare i miei testicoli. La durezza del mio uccello era ora pari a quella di un bastone di marmo. Ad un certo punto i due si fermarono e tenendomi stretto l'uccelo quasi fino a farmi male, ammirarono la vastità della mia cappella:
    - Hai una cappella sistina del *******, ragazzo mio, - rise Tiberio scatenando l'ilarità lascivia degli altri due.
    - vediamo la sneisbilità dello sfintere ora, - sibilò Paolo. Alzò il dito indice davanti ai miei occhi terrorizzati e pieni di lacrime di piacere e di paura. Iniziò a muovere l'ultima falange velocemente per farmi assaporare la modalità del suo 'strumento' naturale. - Ghiri, ghiri, ghiri...- Rise, mentre Tiberio stringeva alla base la mia cappella. Paolo abbassò il dito titillante e poggiò la punta che si muoveva velocissima sullo sfintere che era insaponato. Lì, sul taglio fisiologico da cui esce urina e sperma, iniziò a premere in un solletico bestiale che mi mandò fuori di testa. Inarcai la schiena iniziando a scuotere repentinamente la testa a destra e sinistra. In questo modo andavo costantemente a sbattere contro la mostruosa verga di angelo che rideva divertito da questo ripetuto contatto del suo uccello col mio viso. Quel solleticamento insistente della punta del mio uccello era una cpsa che non avevo mai provato. L'idea era che il dito volesse entrare senza farlo, facendo prillare di continuo le due piccole labbra dello sfintere e trasformandole in una sorta di micro-zona erogena da cui ricevevo sensazioni che mi facevano impazzire. Non contenti di infliggermi questo supplizio, ridendo con sguardi bramosi e sadici, Tiberio e Paolo iniziarono a solleticarmi i testicoli con la punta delle dita di entrambe le mani. In questo modo il mio povero, turgidissimo uccello esasperato veniva iper stimolato alla radice e sulla sommità. Inarcato provai a sottrarmi ma Angelo, da dietro, mi teneva ben saldo.
    - Bastaaaa, vengooooo .... - gridai sentendo una marea di sperma iniziare a migrare dai testicoli sottoposti al solleticamento senza sosta delle due mani dei miei padroni. Sì, erano padroni. Erano i miei padroni ed io ero un fascio di nervi racchiuso in un corpo-oggetto la cui volontà stava per annientarsi. Io godevo e al contempo avevo orrore del mio godimento. Volevo fuggire e al contempo volevo restare lì a farmi seviziare da quei due esperti masturbatori. I miei padroni. Ero una cosa, ero un giocattolo a cui stavano premendo i più perversi tasti del piacere. - Oddio vengooooo,,,,,, - gridai mentre le urla-risate di mio zio giungevano dal salotto come contrappunto alle mie.
    Sentii la montata dello sperma iniziare a migrare verso l'alto ma sul più bello i miei due carcerieri tolsero le mani e lì io iniziai a scuotermi istericamente senza riuscire a calmarmi.
    Frustrato, iper teso e sensibilissimo, il mio corpo e il mio ******* desideravano esplodere ma al fine di quella tortura masturbatoria, mi veniva nuovamente negato l'orgasmo.
    Ero pieno di sesso, ero pieno di sperma formicolante, ero una corda tesa. Allora Angelo iniziò a titillarmi con la punta gigantesca del suo ******* il capezzolo destro e lì io urlai. Esasperato da tutto quel processo di eccitazione prolungata, il mio corpo non tollerava più alcun contatto e quel massaggio solleticante sul capezzolo divenne una sorta di spietata crudeltà. Mentre il bel maschio dai ricci neri continuava a strusciare sui miei capezzoli il suo ******* tenendomi al guinzaglio come un cane, i due aguzzini accesero l'acqua del rubinetto. Acqua marmata. Iniziarono a sciacquare il mio uccello durissimo con abbondanti ondate raggelanti che mi fecero malissimo. Il freddo smorzò l'erezione e mi umiliò ulteriormente placando brutalmente la montata lattea dei miei testicoli.
    Quando fu ripulito dal sapone, i due spensero il rubimetto e Angelo smise di masturbarsi col mio seno. Mi fecero alzare.
    - Beppe! - Gridarono allora. Dalla sala le urla di mio zio si fermarono. Giunse poco dopo Beppe.
    - Che c'è? Mi stavo divertendo!
    - Riprenderai dopo, - ammise con complicità Tiberio. Il suo uccello era durissimo. Avermi sottoposto a quel supplizio aveva ulteriormente eccitato la sua virilità, - Ora dobbiamo completare la pulitura di questo maschietto prima che arrivino i due ospiti e inizino le sessioni. Vai a prendere la poltrona perché dobbiamo passare alla sessione della pulitura dei piedi e ci servi anche tu!
    Pulirmi i piedi? Sperai in cuor mio che i miei padroni si sarebbero dedicati ai miei peidi così come loro avevano imposto di fare a me. Ma Tiberio aprì una borsa e vidi che estraeva una coppia di spazzole a setole fitte, due spazzolini per unghie e altri arnesi. Capii cosa stavano per farmi. Nel frattempo Beppe portò una poltrona dalla sala. La sistemarono davanti alla piccola vasca. Beppe si sedette sopra la poltrona a gambe larghe. Bellissimo maschio trentenne dal corpo grande, alto, peloso e seducente. Tirnadomi per il collare, mi fecero inginocchiare. Mi tolsero le manette per rimettermele stavolta con le mani legate sul davanti, davanti al petto. Poi mi fecero sedere su di Beppe. Sentì le mie natiche umide del lavaggio recente aderire al suo uccello che si schiacciò al suo pube. In pratica Beppe divenne la poltrona umana su cui fui fatto stendere. Angelo prese i miei piedi e li legò con una sorta di doppia cavigliera. Allora beppe incrociò le gambe lunghe, muscolose e pelose su di me, serrando le mie da sopra in una morsa micidiale. Allo stesso modo con le braccia mi bloccò il torso. Vedevo le sue mani tenermi con forza e vedevo i suoi piedi giganteschi incrociati all'altezza delle mie ginocchia. I miei piedi furono appoggiatisul bordo della vasca, verso l'interno. Tiberio e Paolo si sedettero a destra e sinistra e aprirono l'acqua del rubinetto.
    - L'uccello ora è pulito ma per gli amanti dei piedi come noi, l'igiene del piede è essenziale e ora che hai camminato scalzo così a lungo dobbiamo assolutamente ripulire ogni angolo delle tue povere fette. Sarà poco piacevole per te, preparati.
    Detto questi i due padroni afferrarono il bruschino e il sapone e mi guardarono pieni di desiderio e crudeltà.

    Diciannovesimo capitolo: la pulitura dei piedi

    Quando i due padroni iniziarono senza pietà a grattare le povere suole dei miei piedi con i bruschini insaponati, lanciai un grido acutissimo e provai a inarcarmi ma Beppe mi teneva stretto impedendo al mio corpo di agitarsi. Provai a ritirare i piedi ma la morsa delle cosce e dei piedi di Beppe era così solida da impedirmi ogni movimento. Inoltre, per garantire ancora più immobilità, Angelo si mise a cavalcioni dei miei stinchi e mi bloccò le caviglie già ancorate l'una all'altra dai due anelli di cuoio con le sue cosce serrate. Cone le mani afferrò in blocco le dita dei miei piedi e le forzò all'indietro affinché l'arco plantare fosse tesissimo. La tortura divenne insostenibile. Le mie risate erano isteriche, miste a grida acute e a rantoli profondi. I miei piedi erano vittima di una violenta aggressione solleticatoria. Vedevo Tiberio e Paolo con occhi stralunati, sadici e deliranti. Farmi tutto questo era per loro un rito dionisiaco che li invasava rendendoli pericolosamente fuori controllo.
    Iniziai a muovere sussultoriamente tutto il mio corpo nella stretta di Beppe, tremava e io ondeggiavo come potevo con vibrazioni velocissime. Avvertivo l'erezione portentosa della mia 'poltrona umana' farsi sempre più dura fra le mie natiche e il mio fondo schiena dove la cappella di Beppe era compressa fra il suo ventre e il mio corpo: - mmm.. se ti muovi così me lo fai diventare ancora più duro e alla fine mi farai venire, porcellino... - disse Beppe leccandomi il lobo dell'orecchio sinistro.
    - Vanno puliti benissimo Paolo, - rdacchiò Tiberio iniziando a raschiare con il bruschetto i fianchi carnosi dei miei piedi.
    - Sì, bravo, ancnhe sui fianchi...devo dire che buon sange non mente. Se lo zio ha dei bei piedi, non si può negare che anche il nipote sia davvero ben fornito...
    - PUliamo bene anche gli interstizi che dici?
    - Sì, prendi gli spazzolini.
    Quando gli spazzolini da denti insaponati iniziarono a passare fra un dito e l'altro, io urlai e le mie risate divennero grida disperate di aiuto. Come mai, dunque, se stavo così soffrendo fino ad impazzire, con la paura che mi attanagliava e il respiro che mi veniva meno, come mai, ecco, mi chiedo ancora oggi, il mio uccello era di nuovo durissimo?
    L'idea di essere vincolato alla volontà di quattro maschi così sexy, così protesi al soddisfacimento dei loro bisogni bestiali e che mi stavano sottoponendo consapevolmente ad una tortura erotica, avrebbe dovuto farmi orrore. E se anche quell'orrore albergava nel mio animo tormentato, al contempo quel senso di esser prigioniero e di venire sottoposto ad ogni volontà perversa di quei carcerieri, mi eccitava. Vuol dure che non stavo soffrendo? Oh, tutt'altro. Soffrivo, soffrivo quel solletico che era così vero, così autentico, così maschio nella sua veemenza eppure anche così raffinato nella sua matura perversione. Soffrivo come non mai. Nulla a che vedere con le sbiadite e rarefatte volte in cui, durante serate di sesso e feticismo, avevo anche sperimentato qualcosa del tickling. Anzi, da quelle volte ero rimasto deluso e poco interessato a quella proatica che mi pareva un giochino per adolescenti non cresciuti. Ora invece capivo. Capivo perché si dice 'soffrire' il solletico. E capivo quanto fosse maschio, e quanto fosse potente e pornografico quel modo di aggredire un corpo nelle sue aree erogene e vulnerabili. Le dita di Tiberio e anche quelle di Paolo mollarono i bruschini e per un lungo interminabile momento iniziarono a grattare, a stuzzicare con isterica velocità le mie suole che Angelo manteneva dolorosamente tese. Le nocche, le falangi si muovevano come macchine infernali e mentre i due aguzzini infierivano, mi guardavano ridendo e quel loro sorriso che era sarcasmo misto a malizia mi eccitava. Continuavo a tremare e a muovermi in modo susussultorio tanto che Beppe gemeva per l'effetto masturbatorio che quel movimento provocava al suo pene durissimo.
    - Bimbi, io così vengo... - disse Beppe che iniziò a gemere sempre più forte. Questo rese ancora più sadica l'azione dei due pulitori. Li caricò di energia così che iniziarono a passare velosiccimi con la mano chiusa a punta sotto i miei piedi umidi come stessero suonando la chitarra. Mio zio urlava dal salotto di finire. Si intrecciarono così tr colonne sonore. Le mie grida, quelle di mio zio e i gemiti di Beppe su cui si innestarono i commenti lascivi di Tiberio.
    IO: - Bastaaa...vi..preg...ehh..gooo.....hh...bb...b...a......ahhhh ahhh sssssttaaa.....
    BEPPE: - MM..sì, sì, così dai....
    TIBERIO: - non smetteremo finché BEppe non ti avrà bagnato di sperma....
    ZIO: - Fermateviii!!!! Basta!
    IO: - Ohhh...noooonnn....ce....la....facc.....ahhh...ciooo più
    TIBERIO: - Sempre più forte, senza pietà!
    BEPPE: - OHhh, ******* a...rrivo
    ZIO: - Vi pregooo lasciatelo!!
    IO: - Nooon....resist..ohhhhh - La voce mi si strozzava e il respsiro era bloccato. Dai miei piedi arrivavano sensazioni di violenza e piacere, di crudele e insopportabile iperstimolazione.
    BEPPE: - SBooooorrrrrrroooooo!!!!
    Un fiotto bollente mi inondò la schiena bassa e le natiche. Allora Tiberio e Paolo gridarono con esultanza e staccarono le mani per prodursi in un applauso.
    Ero sfinito. Sudato come se avessi fatto una doccia. Il mio corpo tremava ancora, piangevo...piangevo sperando che non riprendesse quel delirio. Avevo un ******* durissimo e dolorante e i piedi in fiamme, formicolanti.
    - Bene, direi che anche i piedi sono puliti. - Ridacchiò Tiberio alzandosi dal bordo della vasca assieme a Paolo. - Ora il ragazzo verrà ricondotto nella sala delle torture dove inizieremo a molestarlo di fronte a suo zio.
    Paolo si accostò a me, ancora bloccato nelle braccia di Beppe che ancora gemeva in preda ad un orgasmo lunghissimo.
    - Prima che inizino le sessioni di solletico, abbiamo pensato di sottoporti ad un bel gioco di seghe di piedi, sai? Di fronte a tuo zio.... sarà molto interessante vedere quesat combinazione.
    Strattonando la catena mi costrinse ad alzarmi. Preceduto da Tiberio e Angelo, nudi e coi peni turgidi e bagnati, avanzai portato al guinzaglio da Paolo. Lasciammo Beppe al bagno a pulirsi. Sentivo il suo sperma scivolare caldo dai lombi sulle natiche e mi resi conto che il liquido, tantissimo, si insinuava fra le mie natiche pelose, si incuneava fra i glutei e giunto alla base dello scroto cadeva a terra. Camminando seminavo gocce e piccole bozze di sborra che odorava inetnsamente.
    Giungemmo in sala.
    Mio zio sollevò la testa dal tavolo del supplizio a cui era ancorato. Era sudato e sulla pancia aveva strani segni rossastri concentrati nella zona dell'ombelico. Pensai che fossero i segni lasciati dal trattamento che poco prima Beppe doveva avergli riservato. Mi guardò con uno sguardo supplice e pieno di compassione.
    - Marco... - disse mugolando.
    Io lo fissai esausto, ridotto ad un fascio di nervi sensibili. Mi vergognavo. La mia erezione mi metteva in imbarazzo così come lo stato sconvolto che dovevo rivelare.
    - Bene, ora ti legheremo e giocheremo un po' con te...il tuo pisello conoscerà le abilità tattili dei nostri piedoni, che ne dici? - Rise Paolo tirandomi rabbiosamente a sè con la catena.
    Così fu portata la sedia del supplizio su cui avevo visto, la sera prima, torturare Beppe. Mi stesero su quella e mi bloccarono in una posa a gambe divaricate simile a quella di una sedia da ginecologo. Davanti a me, nell'incavo delle gambe divaricate, fu portata una sedia su cui sedette Tiberio. Al che, il bellissimo professore maturo, ridendo, alzò i suoi piedi nudi, carnosi e curati e li appoggiò ai lati del mio *******.
    - fermatevi... - implorò mio zio.
    Oh no, caro, siamo appena all’antipasto!
     
    .
  8.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    2
    Reputation
    0

    Status
    Offline
    ventesimo capitolo: il gioco del bastoncino

    - Benvenuti amici, sorridete ai vostri piedi e ai vostri uccelli goderecci!
    Quando accendevo la cam ed entravo nell'esclusivo gruppo di piedi, questo era il messaggio che campeggiava nella barra come sottotitolo alla stanza privata Piedi italiani tenuta da Paolo. In genere eravamo tutti e sette già nudi e comodamente sistemati chi su una poltrona di vimini (Paolo), chi sul divano (Io e Stefano), chi sul letto matrimoniale (Nunzio e Lucio) e chi su una chaise longue (Luca). Paolo guidava con abilità le videochiamate, ci stimolava dandoci indicazioni su come muovere i piedi, su come sperimentare nuove posizioni e nuove metodiche di masturbazione. Veniva lasciato ampio spazio anche ai nostri suggerimenti ma, come vi ho già detto, alla fine il gioco era quasi sempre guidato da Paolo. Sul finale delle sessioni, Paolo accostava il suo bellissimo uccello alla suola del piede. La sua corporatura snella e una prolungata attività da ginnasta gli concedevano ancora una buona elasticità. faceva in modo di inquadrate bene la suola chiara, pulita e carnosa su cui lui faceva scorrere su e giù, aiutato dalla mano, il suo meraviglioso *******.
    - Mmm...sentite? Sentite il mio piede sul vostro *******? - diceva godendo e noi, in coro, ci abbandonavamo a quel rituale che sapevamo ci avrebbe condotto ad una specie di orgasmo collettivo. Chi come me riusciva a imitare Paolo, piegava la gamba e si masturbava col piede. Chi non ci riusciva, si aiutava con le mani ma era un momento di magica bellezza. era molto eccitante ascoltare quello che Paolo diceva mentre si masturbava e CI masturbava virtualmente: - Immaginate che sia il mio piede a strusciare su e giù sui vostri uccelli così belli e duri...mmm..sentite...? Sentite?
    - MMM...sìììì..sììì--- - gemevamo socchiudendo gli occhi ma lasciando fessure tali da permetterci di vedere in video lo spettacolo porngrafico più eccitante del mondo.
    - Ecco, ora insisto più forte, sentite? sentite la carne morbida della mia suola sulla cappella?
    - MMm...siii ... sììì..

    Piedi sul *******.....mmm..ssiii...godete?...ohhh ssiiiiii...piedi carnosi sul mio ******* durissimo....OOOHHHH ssssiiiii!

    -MMM...siiiiii..sii...- irruppi senza riuscire a controllarmi.
    - Guardalo come gode...- sibilò Tiberio mentre il suo piede così virile e così curato iniziava a masturbare il mio pene durissimo.
    - Non è eccitante? Ora accade davvero? - mi sussurrò Paolo all'orecchio con una complicità piena di ironia. - Ti piace il piede di Tiberio?
    - Questo uccello è proprio un bel massaggia piedi! - Riprese con fare astuto e falsamente serioso Tiberio. I suoi piedi erano quasi uniti, pianta a pianta. Trattenevano compresso fra le due suole il mio gigantesco manganello. Con le dita, bellissime e curate, il professore creava movimenti simili a minuscoli grattini che titillavano la mia cappella spietatamente serrata dalla morsa di quelle fette sublimi.
    - MMMM...sss.... - mi bloccai perché mi sembrava così umiliante dire Sì! Eppure era così pazzesco quel gioco, eppure mi piaceva così tanto! Ma mio zio mi stava guardando ed io non potevo, non dovevo assolutamente cedere.
    - Fermatevi, ve ne prego! - Ribatté zio Roberto sollevando la testa per un attimo e fissandomi. Dal suo sguardo fugace capivo che provava una strana sensazione. Mi compativa e si sentiva in colpa. Tuttavia era costretto a vedere come il suo perverso nipote, seppur sottomesso al gioco, non riuscisse a sottrarsi al godimento dell'azione masturbatoria raffinatissima del professore di Roma.
    - In attesa degli altri due, direi di fare il gioco del bastoncino ragazzi! - Propose allora Angelo.
    - sì! Ottima idea! - schioccò le dita Paolo.
    -Cosa è' Cosa volete farmi? - Chiesi con una certa tensione mentre ancora il mio uccello era nella morsa dei piedi di Tiberio.
    - Ohh, nulla... hai presente quel gioco che si fa al mare? Si fa una montagnola, ci si mette in cima un bastoncino e poi a turno, ogni giocatori sottrae un po' di sabbia la montagnola. Il giocatore che fa crollare il bastoncino, è eliminato o paga una penitenza.
    Paolo si avvicinò a me e proseguì la spiegazione divertendosi a strusciare ripetutamente la sua cappella tersa e asciutta sul mio capezzolo destro: - Facciamo che il tuo bel pipone duro è il bastoncino. A turno ti masturbiamo coi piedi, una raffica di footjob da esperti massaggia******* come noi sarà per te un regalo davvero speciale...chi di noi ti farà sborrare, pagherà una penitenza! Dovrà leccare tutto il tuo sperma e ingollarlo!
    - Bene, intanto va lubrificato questo *******. - Disse Beppe entrando dalla camera con un tubetto di crema. Si avvicinò al mio uccello e strizzando il tubetto riversò sulla cappella e sul fusto una enorme quantità di crema. Sentii subito il fresco e liquido contatto con quella sostanza.
    - Inizio io son già qua. Ognuno di noi avrà un minuto di footjob ok? - Tiberio attese che Paolo facesse partire il ti*******l suo orologio da polso e quando Paolo diede il via, i suoi piedi si allungarono sul mio uccello e iniziarono lascivamente a splarmarsi di crema assieme alla nerchia del sottoscritto. Io provai a muivermi ma i legacci mi tenevano ancorato a quella sedia concepita perfettamente per un simile scopo. Tiberio, per la sua età, aveva una forza ginnica di tutto rispetto e muoveva le gambe magre e ben tornite, pelose e scure in modo simile ad una pedalata. Con una suola unta si muoveva su e giù sul mio fusto mentre con le dita dell'altro piede, divaricando alluce e illice, iniziava a giocare con la base della mia cappella che ora era schiumosa di crema. - oohhh ssiiiiiii - gemetti e non pitei trattenermi.
    - Gode come una troietta, - rse Paolo che continuava a titillarsi il ******* sul mio capezzolo. Paolo era un uomo perverso e sessualmente demoniaco. - Il minuto è terminato, cambio!
    - Vado io, - disse Angelo andandosi a sedere sulla sedia dove pocanzi era stato Tiberio. Il ricciuto maschio dal pene gigante e dai piedi nervosi sollevò le gambe e ben presto i suoi alluci furono sul mio glande. La mobilità delle lunghe dita era tale che con le quattro dita più piccole del piede, Angelo teneva fermo il fusto del mio ******* mentre coi pollici lo stimolava sulla cappella. I suoi alluci si ricoprirono della schiuma della crema mentre i vibravo. Paolo guardava la scena con un'espressione stravolta dall'erotismo più deviato e intanto godeva della sensazione solleticatoria che il suo pene riceveva dal mio capezzolo ormai duro come un punteruolo.
    - OHHHH...sssssss....iiiiii - gridai impazzendo per il trattamento doppio che stavo ricevendo. In quel momento ero un fascio di nervi sessuali. Qualsiasi cosa avrei accettato pur di giungere ad un orgasmo che era letente nei miei testicoli da troppo
    - Minuto finito, - disse Paolo e e Angelo dovette interrompere lasciando posto a Beppe.
    I piedi di Beppe, gli enormi piedi bellissimi di Beppe furono ben presto sul mio pipo sfinito. Erano così grandi che lo coprirono quasi subito, schiacciandolo. Poi il mio uccello emerse dall'intersezione di quelle due suole pazzesche, Beppe affiancò i due enormi fettoni tenendovi nel mezzo la mia asta e poi iniziò ad andare su e giù con velocità mai costante in modo che la variazione costante di ritmo e velocità producesse in me estasi e tormento.
    --Ohhh...dio..siiiiiiiii - sentivo il formicolante esercito dei miei spermatozzoi, così a lungo feriti e bloccati, mettersi in modo. Quel contatto coi piedoni di quel gigante era così arrapante. Mio zio ogni tanto sollevava la testa e guardava. Inizialmente questo per me era scioccante poi mi resi conto che a mio zio si era rizzato l'uccello e che la mia deliziosa tortura era divenuta anche per lui motivo di involontario e potente stimolo.
    - Minuto finito, - disse Paolo staccandosi da me e andandosi a sistemare fra le mie gambe. Beppe, con aria da giocherellone, venne a sostituire il ruolo fino ad allora avuto da Paolo. Col suo sottile e lungo uccello riprese a titillare il mio capezzolo mentre Paolo, sollevando i piedi, li appoggiò sul mio pene esasperato. Li sapeva muovere così bene. Schiacciò il mio membro sulla mia pancia e poi con le suole avviò ad impastarlo con lenti ma decisi movimenti massaggianti. L'esercito di latte si mise in modo, lo sentii partire formicolante come un solletico interiore nei testicoli.
    - veehhhh,...n...GOOOOOOO!!!! - urlai. Lo sperma risalì dei testicoli, lo sentii percorrere con grumi e schianti nell'uretra mentre tutto il mio corpo si tendeva. Le punte dei miei piedi si incurvarono in avanti e dala punta del mio ******* esplose un fiotto, poi un altro e infine un mare. Un mare di latte che mai era uscito dal mio uccello in quel modo! Urlai. Urlai con disperato piacere. Urlai nel recesso di quella baia dove nessuno, al di fuori di mio zio e dei miei carcerieri poteva sentire.
    Urlai di un piacere sconfinato, divino.
    - Ohhhhhhhh DIIIIIIOOOOOOOOOOO!!!!!
    Paolo rise di gusto e continuò imperterrito a mssaggiarmi l'uccello coi piedi. Io impaziii non potendo tollare alcun tipo di contatto. La sensibilità postorgasmica del mio corpo era così acuita che ogni cintatto era ora simile ad una scossa elettrica. Per questo Paolo continuavadivertendosi a mstaurbare il mio povero uccello in fiamme e Beppe proseguiva a ttillarmi il capezzolo col suo *******.
    - ferrrrmiiiiii---fermi, fermi..bastaaaaaaa!
    Per dieci secondi quel tormento proseguì poi i due mi lasciarono in pace. Mentre respiravo a fatica e ancora tremavo scosso dalle convulsioni di ritorno di quell'orgasmo, mi resi conto di avere letteralmente un lago di sperma depositato sull'incavod el mio ventre che colava ovunque.
    - Beh, ho perso, - rise Paolo, - dobrò pulire tutto questo. Non avrei mai immaginato! Quasi imbarazzante.
    - E non dovrà rimanerne alcuna traccia. Peccato che solo tu potrai goderne, - sospirò Tiberio.
    - Davvero, non è una punizione bensì un premio, - ribatté angelo avvicinandosi a guardare la gora di sperma sul mio ventre. Alcuni schizzi avevao raggiunto i miei pettorali, i capezzoli.
    - beh, allora sarò buono. Condividiamo ragazzi, e banchettiamo! - Rise Paolo e gli altri non se lo fecero ripetere.
    In breve quattro bocche voluttuse si avventarono sul mio corpo. Le sentìì raspare, leccare, succhiare, mordere ocunque vi fosse traccia del mio liquido seminale. Quel gico produceva un solletico per me ora bestiale sicché dopo le prima risate isteriche iniziai a urlare, implorando di smettere ma quei quattro maiali ingordi non smettevano. A volte sollevavano le teste e così vedo la barba di tiberio intrisa di sperma, la bocca di Paolo gocciolare sperma, la lingua lunga di Beppe bianca del mio sperma, le labbra bellissime di Angelo sporche del mio sperma. Ci vollero molti minuti di quel banchetto per ripulirmi e le mie risate ed urla spinsero mio zio a sollevarsi più e più volte. Implrai pietà ma non la ottenni se non quando ogni singola goccia bianca non fu assorbita dalle gole diaboliche dei solleticatori.
    - Mmm, buono, un po' acido direi vero ragazzi?
    - hai erittato una tale quantità di sperma che non sarà facile per te reggere le prossime ore, - ammise compiaciuto Tiberio dirigendosi da mio zio dove riprese a masturbarlo come aveva fatto un'ora prima. Tiberio era affascinato dal ******* di mio zio, lo si evinceva benissimo. E come dargli torto? Il bellissimo manganello carnoso di zio Roberto era la perfezione e Tiberio sembrava saperlo manipolare benissimo a tal punto che mio zio iniziò a gemere senza riuscire a proferire parola.
    Beppe si affacciò sul portico della casa e salutò qualcuno. Sentii un rumore di motore che si spegneva.
    - Oh, finalmente sono arrivati! - esclamò al settimo cielo Paolo, - andiamo ad accogliere il sacerdote e l'avvocato così possiamo iniziare a giocare seriamente!
    I quattro uscirono ed io rimasi sfibrato, sudato e bagnato di saliva ancorato alla sedia.
    Mio zio sollevo la testa. - Marco, mi dispiace, dico davvero.
    - Lo so zio, - mugolai piangendo. Piangevo non per paura o disgusto, ma per l'eccesso di emozioni a cui venivo sottoposto.
    - Non volevo...
    - Lo so, ma hai l'uccello duro. Vuol dire che ti piace.
    Mio zio sembrò ferito: - Ma che dici? Anche tu allora...lo sai, lo vedi, sanno farci cose che ci eccitano anche se non vogliamo... ma ora con qui due sarà una cosa estrema.
    IO fissai mio zio e poi annuì. se doveva essere una cosa estrema (come se quello vissuto fino ad ora non lo fosse stato), l'avremmo vissuta. Assieme.
    Mentre ci pensavo e aspettavo il supplizio, mi accorsi che il mio uccello stava già rizzandosi di nuovo.

    Ventunesimo capitolo: Il prete e l'avvocato, la lingua e l'ombelico.

    Federico non era un uomo. Era l'uomo, anzi, era il maschio.
    Ho un pregiudizio, anzi, l'avevo. Un pregiudizio sui preti. Li imagino sempre un po' melliflui, mollicci, con le mani bianche e flaccide. Federico mi insegnò che ogni immagine mentale può essere scardinata alla radice. Entrò vestito da prete. Pantaloni neri, camicia nera con il collarino ecclesiastico bianco, la sua barba folta e curatissima era rosso fuoco. Un rosso incendiario come i baffi che incorniciavano una bocca umida, dalle labbra apparentemente sottili. Aveva lo sguardo torvo, accigliato, quasi da vikingo ma anche questa cosa del vikingo era sicuramente un mio stereotipo mentale. I capelli similmente fulvi, erano ben pettinati. La sua corporatura era massiccia. Si trattava di un uomo molto alto e di corporatura ticcia. Non avrei saputo dire se era grasso, sicuramente aveva una pancia prominente che tendeva quella camicia ma era una di quelle pance allenate, sode e si intuiva che anche i pettorali dovevano essere ben sviluppati. Era un vero maschio, un prete maschio e a mio avviso davvero sensuale. La cosa che subito mi colpì, fu che per quanto fosse vestito era scalzo, Entrò a piedi nudi, due piedi lunghi, sottili e virili. Bianchissimi. Gli uomini dei pelo rosso hanno spesso la pelle lattea e a me questa cosa eccita molto.
    Lo seguiva l'avvocato. Un uomo di età indefinita fra i cinquanta e i sessanta anni, ben tenuto, snello, asciutto si sarebbe potuto dire. Aveva una leggera stempiata sulla fronte che gli conferiva l'aspetto severo di un giudice. Bel profilo, naso sottile e tagliente, bocca carnosa incorniciata dall'alone di una barba rasata forse due giorni prima. Aveva una canottiera da cui sbucavano folti peli. Le braccia e le gambe, snelle e pelosissime, terminavano in mani e piedi curati. Aveva uno zaino ancorato alla spalla destra.
    Appena entrarono prima guardarono me e sorrisero, poi il giudice e il prete si voltarono verso mio zio che li gaurdava cn occhi terrorizzati.
    - Ma guarda guarda chi si rivede! - disse l'avvocato avvicinandosi al letto da tortura. - I tuoi amici mi hanno rintracciato. Era da tempo che mi stavo avvicinando al tuo nascondiglio. - Allungò la bellissima mano curata e inserì l'indice nell'ombelico di mio zio: - Mi dicono che è ancora il tuo punto debole. Sperimentiamo.
    - No, no.... - provò a sussurrare mio zio ma non appena il dito dell'avvocato iniziò a raspare con sadica precisione dentro l'ombelico, mio zio inarcò la schiena e iniziò di nuovo a ridere e urlare così come quando probabilmente era stato sottoposto a un siile trattamento da Beppe mentre io venivo 'lavato' al bagno.
    L'avvocato ridendo si rivolse alla platea che guardava divertita e compiaciuta. Mentre continuava senza pietà a seviziare l'ombelico di mio zio che si dimenava e gridava e rideva, si presentò: - Piacere di conoscervi tutti. Sono l'avvocato Sasha Bedlin e questo signore ha infranto un patto, anzi, un vero e proprio contratto e mi deve degli arretrati. Per cui sono davvero lieto che mi abbiate rintracciato e che oggi possiate offrirmi opsitalità affinché questo fuorilegge possa saldare il suo conto, vero Robertino mio? Non vi dispiace se rimango un po' qui a prendermi cura del suo pancino?
    - Oh no, fai pure, disse Paolo carezzandosi l'uccello. Paolo e gli altri guardavano con sadico interesse quello che stava avvenendo. Vedere mio zio disperato, contorcersi in quel modo e solo per l'effetto di un dito malizioso che scavava e si rigirava e titillava istericamente l'ombelico sembrava eccitarli ancora di più. L'aria era riempita da quel doloroso mescolarsi di risa, urla, gridolini. Federico invece che guardare la scena, si fissò su di me e i suoi occhi verdi mi studiarono in ogni angolo. La mia nudità esposta era per lui motivo di studio. Si avvicinò: - Tu saresti il nipote ninfomane di quel bastardo lì, eh? Che effetto ti fa vedere come si agita e soffre il tuo zietto? A dire dal tuo bell'uccello, non ti dispiace. E' durissimo. Sei davvero quel gran maiale senza fondo che mi hanno descritto. Hanno detto che avete fatto di tutto tu e lui...per cui ora ti metterò alla prova. So anche che tuo zio ti ha parlato di me, ti avrà detto che fra i miei molti meriti, ho anche una lingua lunghissima e crudele?
    Iniziai a tremare mentre lui, che aveva raggiunto l'incavo delle mie gambe divaricate, iniziava a inginocchiarsi.
    - Mentre assisterai alla tirtura di tuo zio, ti regalerò qualcosa che difficilmente potrai dimenticare. Sono un prete sai? Consideralo un battesimo.
    Aprì la bella bocca umida e vidi uscirne una lingua di lunghezza spropositata. Una lingua sottile e umidissima, scarlatta. Muovendola al di fuori di un sorriso sadico, guardandomi con occhi cattivi, Federico si abbassò fra le mie cosce e poi si accostò al mio scorto che la sedia ginecologica esponeva perfettamente per il suo intento. Prima sentii la barba ispida solleticarmi le cosce e poi lo scroto. Poi il naso di Federico toccò il mio inguine e infine la sentii. Oh, se la sentii. Quella lingua con una sicurezza saettante e indicibile entrò, umida e viscida, solleticante come una sorta di lumaca dalla velocità pazzesca. Scavò le resistenze muscolari del mio ano ancora baganto dallo sperma di Beppe e dal mio sudore. Entrò e iniziò a farsi strada nel mio retto così sensibile. Là dentro, nelle oscurità della mia pancia, quella lingua iniziò a muoversi e a stimolare ogni angolo. La prostata, così iperstimolata, si attivò ed io iniziai a sentire un'irrefrenabile solletico interno che mi spingeva a urinare. Iniziai a mugolare e poi a gemere e poi a urlare ed era un urlo, il mio, che non si poteva dire se di piacere infinito o di sofferenza. Nel frattempo davanti ai miei occhi vedevo l'avocato circondato dagli altri che si divertiva su mio zio. Angelo e Beppe nel frattempo avevano iniziato a solleticare i suoi piedi così che il mio povero, adorato zio Roberto sembrava impazzire. Avrei voluto partecipare con compassione alla sua sofferenza, gridare di farla finita ma quello che don Federico mi stava facendo mi impediva qualsiasi altra azione che non fosse quella di gemere e urlare a mia volta.
    La lingua proseguiva. Federico si staccò un attimo e si rivolse a Tiberio e Paolo: - Sento la sua prostata turgidissima, io dico che se vi dedicate un po' ai suoi piedi, lo facciamo pisciare. Mi piacerebbe molto vederlo pisciare.
    - Come desidera don Federico, - rise Tiberio che nudo ed eccitatissimo si sistemò al mio piede destro. Paolo fece lo stesso a quello sinistro. Al che Federico si immerse nuovamente fra le mie cosce. Come la sua lingua terribile tornò a penetrarmi e riprese il suo crudele gioco di stimolazione violenta, le mani dei due padroni si avventarono sui miei piedi. Le sentii maschie e virili, potenti, sicure, iniziare a solleticare le suole, i finachi del mio piede. Erano mani d'esperienza, mani allenate da decenni a perfezionarsi in quell'arte così sadica e guduriosa. Inarcai la schiena ma le possenti mani di Federico mi tennero ancorato alla sedia. Il solletico pra era dentro e fuori di me. A tratti perdevo il controllo e mi espandevo come in un universo di terrore e poi scivolavo dentro un oceano di strano piacere. Per cui le mie urla venivano inframezzate da gemiti e le poche parole che riuscivo a dire erano. - Baaahhh.....staaa...e poi...sììììì
    - Ha le idee confuse il ragazzo, - rise Paolo mentre si dedicava con solerzia al mio piede sinistro, suonandolo come un accordo di chitarra.
    - Forse dobbiamo essere più decisivi! - ammise Tiberio che stava crudelmente solleticando la base delle dita snesibilissima del mio piede destro. Il professore fischiò e chiamò Beppe che si staccò dai piedi di mio zio e ci raggiunse. - Beppe, il ragazzo non capisce se gli piace o meno.... io credo che il tuo piedone potrebbe schiarirgli le idee.
    Beppe mi guardò con aria di sfida. Aggeggiò alla base della sedia e lo schienale fu reclinato. I miei piedi vennero così a trovarsi in alto e tutto il mio corpo, divaricato, fu in discesa. In alto vedevo i due padroni continuare imperterriti a slleticare la carne viva dei miei piedi. a metà strada Federico si dedicava con la lingua ad esplorarmi il culo e a solleticare la mia prostata dall'interno. ma Beppe cosa stava per fare. L'enorme piede di Beppe, bellissimo con le sue dita fuori misura, si stese sul mio petto. Lascivamente il ragazzo lo fece scorrere sui capezzoli e infine raggiunse la mia bocca dove con insistenza entrò. Inizialmente ebbi come un conato di vomito poi, nonstante il solletico mi facesse scuotere istericamente, iniziai a respirare. Beppe muoveva il suo piedone dentro e fuori, stantuffandomi la bocca come la stesse scopando.
    - Ti piace vero?
    -grr..mmm-....- non riuscivo a parlare perché quel divino ammasso di carne e quelle dita lunghe si agitavano dentro mentr eil mio corpo veniva martirizzato dal piacere e dal solletico. C'era solo una cosa che mi inquietava. Sentire mio zio in preda alla disperazione. Eppure quello che mi stavano facendo, anche se era qualcosa di incredibilmente affine ad una tortura, mi piaceva. Oh, ******* se mi piaceva!!! Mi piaceva soffrire il solletico, mi eccitava quella lingua vellicatrice che stava facendo esplodere la mia pancia e la mia prostata. sentivo che dovevo pisciare, esplodere. E il piede di Beppe era una violenta scarica di goduria che nell'umiliarmi mi rendeva anche potentissimo.
    - Ci siamo... - borbottò don Federico tronando a spingere la sua tentacolare protuberanza viscida dentro di me.
    Sentii un fremito iprovviso poi mi inarcai e un fiotto di piscio simile ad una fontana schizzò fuori dalla mia cappella violacea. L'urina gialla e fragrante si riversò in aria e poi mi bagnò completamente. I miei aguzzini mollarono la presa e applaudirono. Federico si sollevò con la barba scarlatta, il colletto bianco e la camicia nera imbrattati di saliva e liquidi. rideva soddisfatto. Anche l'avvocato e Angelo avevano smesso di solleticare mio zio. La stanza tornò un secondo in quiete.
    - Bene, ora che abbiano fatto le presentazioni, direi di iniziare con le cose serie no? - Ammise Federico guardando con complicità gli altri. Annuirono. - Bene andiamo a cambiarci per il rito!
    I sei solleticatori, i sei padroni dai piedi straordinari scomparvero oltre la porta della camera. L'aria odorava della mia urina, ero completamente fradicio di sudore e piscio. Mio zio respirava velocemente come se avesse corso una maratona.
    - Come stai Marco? - Mi chiese senza sollevare la testa.
    - Mi dispiace dirlo, zio, e mi vergogno...ma mi piace subire tutto questo.
    - Bene, - disse lui, - questo ti aiuterà a resistere.
    -E tu?
    Aspettò a rispondere poi parlò: - Riesci a vedere il mio uccello?
    Lo guardai. Aveva un erezione enorme, turgida.
    - Bene, - dissi, - allora godiamocela tutta fino in fondo. Assieme, io e te.
    Ok nipotino, buona fortuna.


    Ventiduesimo capitolo: L’orgia di Knismos

    Per descrivere quanto avvenne di seguito, devo necessariamente riorganizzare le idee e trovare una sistemazione dei ricordi in un ordine logico. Fu tale, per quantità e intensità, la sequenza di cose che vennero fatte a me e mio zio - in una escalation che avrei definito insostenibile se non che riuscimmo non so come a sostenerla - che per renderla a voi comprensibile dovrò sezionarla in 13 paragrafi.
    Ancora fradicio della mia urina e sudato, attendevo che il mio respiro tornasse a regolarizzarsi anche se un’ansia interiore lasciava che il mio battito cardiaco rimanesse accelerato. In una simile situazione doveva trovarsi mio zio che rimaneva disteso con la sua erezione in bella vista. La mia, nel frattempo si era nuovamente ammosciata ma era comprensibile. Nelle ultime 12 ore ero venuto almeno 4 volte. Tuttavia non dovemmo aspettare molto. Dopo circa venti minuti, i sei solleticatori fecero di nuovo la loro comparsa.

    1)Inizio del rito. il massaggio delle sei verghe.

    Entrarono in fila, ammantati delle lunghe tuniche bianche da sacerdote che avevo visto utilizzare la sera prima. Ogni sacerdote aveva sul volto un cappuccio che ne nascondeva la fattura. Aperte sul davanti, le tuniche lasciavano in vista le turgide erezioni dei celebranti. Capì che a guidare la fila era Federico. Il suo corpo bianco e massiccio emergeva con la soda prominenza della pancia sotto la quale, da una fittissima peluria rossa, emergeva la più spaventosa nerchia ch’io avessi mai visto. A quell’età potevo già dirmi un esperto di cazzi, ma mai avevo visto un manubrio come quello. Era un cazzo carnoso, grasso, cosparso di enormi vene e con una cappella appuntita scarlatta. La cosa perversa di quell’uccello era che era curvo, mostruosamente curvo vostro destra quasi a disegnare un semicerchio. Sembrava davvero uno scherzo della natura e un tentacolo turgido di una qualche creatura demoniaca. Al collo ogni partecipante indossava lo strano medaglione che da vicino compresi rappresentare un piede tormentato da una piuma.
    Riconobbi Beppe perché era il più alto. Si accostò a me e mi costrinse ad annusare un fazzoletto imbevuto di quel maledetto cloroformio. Non svenni del tutto ma persi parzialmente coscienza così che intuii che mi stavano slegando per sistemarmi su un nuovo supporto. Nel dormiveglia nauseabondo, percepivo che anche mio zio veniva spostato.
    Quando fui nuovamente cosciente mi trovai legato su una unica asse orizzontale. le mie braccia erano state stirate sopra la mia testa, ben saldate da legacci. Allo stesso modo, le mie caviglie unite, erano bloccate sul bordo dell’asse in modo da far fuoriuscire i piedi. a vedermi dall’alto dovevo sembrare una linea retta tanto ero stato stirato. Il mio corpo era così massimamente esposto, ascelle, fianchi e ventre esposti. Mio zio era stato legato nella medesima maniera su una seconda asse a circa due metri dalla mia.
    Mi accorsi che le finestre delle vetrate che davano sulla baia erano state tutte oscurate da pesanti tende nere. Il salotto era diventato un buio spazio templare illuminato da molte candele e luci soffuse.
    - Il rito inizierà con un battesimo speciale. Le nostre due vittime saranno massaggiate come si conviene per rendere i loro corpi più degni per al cerimonia - disse allora Federico con una certa solennità. Sentii le risate ironiche di vari partecipanti. Era evidente che mentre Federico prendeva sul serio la questione, gli altri non erano del tutto dello stesso avviso. Tuttavia i sei si disposero ritualmente intorno a me. Vedevo dal basso i loro splendidi uccelli carnosi, duri e valorizzati dalle luci delle candele e delle lampade soffuse. Al comando di Federico ogni sacerdote fece cadere la tunica a terra rimanendo completamente nudo ed eccitato intorno a me. Ai miei piedi vedevo Tiberio e Paolo; presso il mio inguine, a destra e sinistra, si trovavano invece Beppe e l’avvocato Sasha, il cui cazzo era duro e notevolmente lungo. Presso le mie ascelle campeggiava Federico, con il suo uccello disumano che sembrava puntarmi come un rettile, e Angelo, anche lui con uno de più straordinari cazzi che mai avessi ammirato in vita mia. L’asse su cui ero disteso era esattamente all’altezza dei loro inguini.
    Ora le nostre sei verghe netteranno questo corpo e lo libereranno dai suoi peccati di lascivia.
    Ne ha commessi ben molti, il ragazzo, - rise con complicità Paolo.
    Bene, allora lo puliremo come si deve, - approvò Federico al che, al suo cenno del capo, tutti i sacerdoti afferrarono il proprio pene in erezione e lo abbassarono a toccare il mio corpo. Con un senso inizialmente di repulsione, poi di stranezza e infine di piacevole abbandono sentì le carnose escrescenze virili iniziare a muoversi su e giù, a destra e a sinistra, in cerchi e in traiettorie rettilinee sulle aree sensibili del mio corpo. I giganteschi cazzi di Federico e Angelo iniziarono a massaggiare le mie ascelle e i miei fianchi. Tiberio e Paolo passavano il loro cazzo sotto i miei sensibilissimi piedi. Sentivo le cappelle dure premere sotto le mie suole e percorrerle dall’alto al basso e viceversa, indugiare alla base delle dita e poi forzatamente farsi spazio fra alluce e illici. I manganelli carnosi di Beppe e dell’avvocato massaggiavano invece la parte bassa dei miei fianchi e giungevano a solleticare il mio cazzo a volte in un connubio di tre cappelle che si sfregavano l’un l’altra. Da quel contatto ricavavo un piacere sublime e viscido, la volgare e pertanto arrapantissima masturbazione prodotta dallo strusciare di tre uccelli assieme che si scambiavano umori, odori e godimento. Ma mentre quel gioco a tre mi regala attimi di estasi, dalle ascelle e dai piedi altri quattro enormi bastoni sessuali mi solleticavano senza pietà così che ai gemiti del mio piacere si mescolavano le risate sardoniche dovute al supplizio.
    Pulite bene, bene a fondo. Massaggiate la carne di questo impuro, - diceva Federico in preda ad un’immedesimazione quasi sacra nel suo ruolo di Sacerdote maggiore. Il suo pene ritorto era carnoso e duro e passava la sua cappella unica e appuntita ora sul mio capezzolo, ora sul fianco e infine sotto l’ascella. Mi faceva impazzire allo stesso modo con cui Paolo e Tiberio stimolavano i miei poveri piedi con la pornografica brutalità dei loro uccelli trasformati in veri e propri strumenti da tortura.
    Quel micidiale trattamento andò avanti per circa venti minuti. Quando i miei sei tutori decisero che ero stato massaggiato e nettato a dovere, si dedicarono a mio zio. Zio Roberto subì un trattamento più duro. Mentre i vari uccelli lo massaggiavano solleticandolo, l’avvocato si dispose a cavalcioni sul petto di mio zio e gli infilò il suo lungo pene in bocca iniziando a stantuffarlo.
    Mentre voi lo ripulite dai suoi peccatucci, io devo sturargli la gola dalle sue menzogne, - rise l’avvocato mentre scopava mio zio facendolo quei trangugiare. Eppure zio Roberto godeva. Io e lui eravamo fatti della stessa corteccia. Mentre guardavo gli altri solleticare il suo bellissimo corpo coi turgidi uccelli mentre l’avvocato stantuffava nella sua bocca, io ero in estasi. Ancora sentivo sul corpo il solleticante formicolio di quei meravigliosi manganelli pieni di una insana lascivia. Vedere mio zio che si divincolava per l’effetto di un solletico che era anche piacere, potenziava il mio recente ricordo. Godevo nel vederlo godere ma al contempo lo invidiavo. Volevo nuovamente quel trattamento. Avevo l’uccello così duro che mi sembrava di avere un pulsante bastone di marmo fra le gambe.
    Anche io ancora…. - gridai.
    Senti senti il maialino, - rise Paolo staccandosi dai piedi di mio zio. Paolo mi raggiunse e rise guardandomi: - Hai voglia vero? Mi sa che con te abbiamo trovato l’adepto perfetto. Sta tranquillo. Avrei tutto quello che vedi. I nostri cazzi ora li hai sentiti sul tuo corpo. Ma prima che venga la notte, li avrai tutti, dentro, in ogni buco che possiedi. Ora succhiami il piede, schiavo!
    Mentre mio zio veniva fatto gemere, godere e soffrire, mi ritrovai il piede di Paolo in bocca. Era salito su uno sgabello e appoggiandosi a un trave del basso soffitto, iniziò a stantuffarmi col suo piede in gola simulando quindi il pompino a cui mio zio veniva costretto da Saha.
    A tuo zio un cazzo in gola, a te il piede più bello del mondo. Non era così che dicevi? Che io avevo i piedi più belli del mondo?
    La cosa durò ancora un quartod’ora. Io gemevo di piacere, leccavo e succhiavo quel piede meraviglioso e mi sentivo così sottomesso da volermi annullare. Mio zio aveva un’erezione paurosa segno che anche ciò che gli stavano facendo aveva su di lui un effetto decisamente positivo.
    Bene, - disse quindi Federico interrompendo tutto, - se queste due puttanelle credono che sarà solo un godimento, si sbagliano. Ora passeremo alla seconda fase del rito. Ora esploreremo.
    E così, nell’ora che sarebbe seguita, avrei sperimentato cosa significava ‘esplorazione’.

    2) esplorazioni sensibili
    Fu portato un rotolo di grandi dimensioni. Una volta aperto si rivelò una sorta di tavola anatomica di quelle che ricordo nelle classi del liceo. Vi era raffigurato un corpo maschile nudo visto due volte, frontalmente e di schiena. Era ben eseguito, asettico ma molto esplicito. Il pene dell’uomo effigiato era in erezione. Ad ogni sezione del corpo corrispondevano delle linee guida che con frecce puntate indicavano alcuni dettagli. Al termine di ogni freccia si trovava un rettangolo con il nome esplicativo di quella area del corpo e due caselle vuote. Erano indicati, sulla figura vista frontalmente, questi indicatori: orecchie, collo, ascelle, capezzoli, area intercostale, fianchi, ombelico, addome, inguine, fusto del pene, glande, sfintere uretrale, testicoli, interno coscia, collo del piede. Sulla figura vista da dietro si leggeva, schiena, area dei lombi, natiche, area intergluteo, ano, scroto, area del ginocchio posteriore, polpaccio, suola del piede.
    Compresi subito che ognuna di quelle aree sarebbe stata esplorata con dovizia. Io e mio zio fummo appesi uno di fronte all’altro a due funi ben tese ancorate alle travi del soffitto. I nostri corpi cadevano in verticale fino al ginocchio dove poi le nostre gambe erano state costrette ad inginocchiarsi su alti sgabelli. Polpacci e caviglie erano saldamente legati agli sgabelli e i piedi rimanevano esposti fuori dal bordo dello sgabello. Era una posizione oggettivamente scomoda. Io e mio zio sembravamo due disgraziati penitenti, in ginocchio uno di fronte all’altro, con le mani protese in alto sopra la testa. Le cappelle dei nostri due uccelli quei si sfioravano.
    Le esplorazioni vennero condotte in contemporanea sui nostri corpi. - Bene, ora ad ogni parte del vostro corpo, dopo debita stimolazione, applicheremo una valutazione sulla vostra reattività da 1 a 10. - Disse con fare ossequioso e quasi scientifico Federico: - Io, Angelo e Beppe ci occuperemo del nipotino. Paolo, Sasha e Tiberio si prenderanno cura dello zietto. Inutile ma necessaria raccomandazione, siate lenti e poco frettolosi. Che ogni area venga esplorata molto in profondità.
    Fu così che la casa perduta nella baia isolata dal resto del mondo si riempì delle risa sardoniche e isteriche e poi delle urla e poi ancora delle implorazioni e poi di nuovo delle risa e poi dei gemiti di due poveri maschi i cui capi vennero letteralmente ispezionati con ogni tecnica di solleticamento. Ricordo di avere provato un fastidio pungente quando le piume tastarono le mie orecchie e vi sin infilarono. Angelo teneva ferma la mia testa mentre Beppe mi infliggeva quel supplizio. Mio zio gemeva nel frattempo e i nostri esaminatori appuntavano sulla tavola anatomica appesa i risultati di varie valutazioni. Ricordo di mani che grattavano le mie ascelle, di polpastrelli isterici che si agitavano sui miei fianchi in un sottofondo di voci divertite che all’unisono facevano: ghiri, ghiri, ghiri….- Ricordo l’ombelico martoriato da dita impudiche, simili a cazzi turgidi che stipolavano quella cicatrice così senibile. Io gemetti, mio zio urlò e gridò fino al parossimo. Se sui fianchi entrambi fummo valutati 7, il mio ombelico ricevette un 7m5 e il suo, come prevedibile, un 10. Ancora preso dalla sua smania di vendetta, Sasha indugiò ben oltre il lecito nel tormentare l’ombelico di mio zio che a tratti cadde in una specie di isterico tremore. Ricordo che quando il solletico passò sui genitali, io e mio zio iniziammo a gemere.
    Sfiorategli le cappelle e lo sfintere con le piume, - comandò Paolo e mentre subivamo quel lento, esasperante tormento, con la punta umida della piuma che esplorava la base del glande, il frenulo e infine si incaponiva sullo sfintere quasi a volervi entrare, io e mio zio venivano scossi da un’estasi di dolore e piacere. Ci guardavamo, sudati, con le lacrime dovute forse al riso, forse allo sforzo. Ci guardavamo e in quel momento, mentre i nostri uccelli venivano iperstimolati, sentivamo la nostra reciproca attrazione. Mi eccitava guardare mio zio che veniva solleticato sul suo splendido uccello da quei tre bellissimi maschi arrapati. E ero certo che, da parte sua, anche lui era eccitato nel vedere come Federico e i suoi due aiutanti, stessero rendendo vulnerabile ogni segmento del mio cazzo gocciolante.
    Mi esplose di bocca un gemito: - Oh dio quanto godooo.
    Mio zio come richiamato da questo mio infelice cedimento, mi fece eco: - Ohh, godooo.
    Quasi a punirci per aver dimostrato un lato masochista del nostro essere, gli aguzzini si incattivirono. Ecco dunque mani isteriche solleticare e grattare i testicoli, spazzolini elettrici sul fusto dell’uccello con un effetto vibrante che ci portò in brevi a rischio eiaculazione.
    La schiena e le natiche si rivelarono due aree sensibilissime. Non lo avrei mai detto. La mia schiena fu valutata 9, le mie natiche 8,5. Quando venni solleticato nell’ano dalla lingua di Federico entrai nuovamente in una fase di prostrazione consapevole, di desiderio di essere stravolto da quel rimino così crudele e celestiale. Mentre Federico esplorava con la lingua le aree più sensibili del mio culo, allo stesso modo Sasha faceva con mio zio. Gli altri appuntavano il grado di reattività dei nostri sfinteri anali e sia io che mio zio risultammo meritevoli di un bel 9.
    A quel punto eravamo due masse di carne sudata, sfibrati. Eppure le esportazioni dovevano procedere.
    L’interno coscia fu stimolato con strumenti vibranti e così anche lo scroto. Quasi irresistibile. Meritai un 10. Non andò meglio nella zona sul retro del ginocchio dove Angelo fece passare lentamente le sue dita, muovendole piano piano per farmi impazzire. Presi un 10 anche in quell’area perché le mie risate e le mie urla riempirono l’intera baia.
    I piedi vennero torturati per mezzora. Ogni angolo di quelle aree così deliziosamente erogene e sensibili fu esplorato con dovizia. Alla fine, quando il tabellone era completato, venimmo seviziati per un quartod’ora. Federico si pose di fronte a me, col suo enorme cazzo storto che strusciava contro il mio. Rideva soddisfatto per la punizione che stava per infliggermi. Alle mie spalle sentì posizionarsi Beppe che divaricò le sue lunghe gambe da maschio per aderire al mio corpo da dietro. Sentì di nuovo il suo uccello strusciare con lascivia sulla mie chiappe. Angelo si collocò ai miei piedi.
    Ed ora, carissimi, tutti assieme! - rise Federico. Al suo via, sei mani iniziarono a lavorarmi in un’esplosione spietata. Federico si dedicava ai miei fianchi, ai capezzoli e all’ombelico. Beppe mi tormentava i capezzoli con le sue dita maschie e severe. Angelo giocava con i miei piedi sensibili e mi faceva davvero impazzire.
    A mio zio non andò meglio. Ridemmo e urlammo rasentando più e più volte lo svenimento e il rischio di iperventilazione. Ma gli aguzzini erano abili e sapevano come farci ricalibrare. Io guardavo mio zio e lui me. Ci specchiavamo in quell’orgia sollecitatoria, vedevamo l’uno il corpo dell’altro assaltato da maschi nudi e sadicamente colmi di un piacere perverso, quello di infliggere il solletico. Ci guardavamo e, mentre soffrivamo, godevamo dello spettacolo. Essere vittime e osservatori-carnefici ci eccitava terribilmente.
    Volevo scappare, no, non è vero. Volevo che smettessero, forse. No. Nemmeno questo. Cosa volevo? Anche questo faceva parte del gioco. Non capire più cosa desiderassi. Volevo finirla ma in verità il mio corpo e una parte perversa del mio animo desideravano che quel gioco così feroce proseguisse. Il mio uccello mi governava, il piacere di venire oltraggiato dal solletico dava la mio cervello un’energia che era anche resistenza. Ah, quanto ridevo nel soffrire.
    Ho un vago ricordo perché la posizione era scomoda e non facilitava la visione. Ciò che avveniva alle mie spalle ad opera di Beppe e Angelo era raccontato dai miei sensi. Quello che, di fronte, Federico mi faceva, lo sentivo e lo vedevo al contempo. Venni solleticato con le mani, coi piedi, con le barbe, coi cazzi, con le lingue, con spazzole, spazzolini da denti elettrici. Con forchette, piume, vibratori, guanti porosi.
    Alla fine esplosi in un urlo liberatorio, poi inizia a singhiozzare e a respirare a fatica così che i miei aguzzini interruppero la sessione.
    Paolo si staccò da mio zio che Sasha si divertiva a torturare senza posa in una sorta di delirio che mi parve preoccupante. Riuscirono a convincere l’avvocato a desistere. Così sia io che zio rimanemmo sudatissimi appesa in quel modo.
    Cosa ci aspettava? Di lì a poco lo avremmo capito.

    3) la capienza delle bocche e la punizione di mio zio.
    Passarono circa tre, quattro minuti di tregua. Giusto il tempo per riprendere una respirazione controllata. La mia reazione fisica sembrava più performante di quella di mio zio. Lo vedevo davvero provato, sudato e sfinito. La crudeltà con cui Sasha si era accanito con la sua area sensibile più debole aveva prostrato quel meraviglioso maschio che rimaneva appesa di fronte a me. Il suo uccello si era un po’ ammosciato ma la stimolazione erotica lo lasciava comunque barzotto e dalla larga cappella, come dalla mia del resto, gocciolava un denso e trasparente liquido prespermatico che dimostrava quanto quella sofferenza, in definitiva, fosse piaciuta se non all’animo, quanto meno al corpo di mio zio. La sua pancia, in prossimità dell’ombelico, era segnata da striature rosse, i segni temporanei di un raspare, grattare, stimolare di dita isteriche e crudeli.
    Io rimanevo in ascolto del mio corpo che mi dava informazioni importanti. I piedi erano bollenti e formicolavano. La feroce iperstimolazione del solleticoaveva attivato la piccola circolazione così che le mie suole erano attraversate da infinite micropunture che mi procuravano un formicolio insistente e che mi avvertivano che là sotto, ora, la situazione della sensibilità si era esasperata in modo considerevole.
    I miei capezzoli erano dolenti. Il perdurante e ribadito solleticamento, accompagnato da stuzzicadenti e a tratti da pizzicotti a cui Federico li aveva sapientemente sottoposti, li aveva fatti indurire e arrossare come mai era successo in vita mia. Ora sarebbe bastato uno sfioramento leggerissimo di una piuma per farmi scattare di disperazione.
    Accortosi forse della mia riflessione in corso, Federico si accostò a me e parlò alla platea: - Finalmente abbiamo una vittima degna del nostro sommo dio, Knismos. Questo giovane così bello, così sessualmente virile, sta rispondendo alle nostre stimolazioni meglio di chiunque altro abbiamo torturato fino ad ora, vero ragazzi?
    Gli altri cinque annuire ridendo in quel misto di gioco e verità che stava connotando quel momento così illogico. Chi credeva realmente al rito e chi invece lo stava sfruttando come un pretesto per creare il più perverso ed eccitante gioco di ruolo mai realizzato? Lo steso Federico, forse, sfruttava questo delirio assurdo per dare una cornice alla situazione, per legittimare quella insana follia e al contempo dare uno stimolo unitario e una giustificazione su cui far convergere tutta la parafilia che abbondava nelle teste di quei maschi impazziti. Perché dico ‘quei’? Perché sto usando questo aggettivo? Mi rendo conto ora che ne parlo che avrei dovuto dire ‘per far convergere tutta la parafilia di noi maschi impazziti’. Eh sì, perché in quei due giorni di delirio, dal momento esatto in cui avevo iniziato a spiare i giochi della combriccola, passando per le esplosive ore di sesso con mio zio fino a quella teoria di supplizi sublimi a cui divenivo sottoposto, indiscutibilmente anche io come del resto mio zio partecipavamo con un’energia sessuale inesauribile. Anche nel momento in cui eravamo schiavizzati e sottoposti davvero a pratiche di iperstimolazione spietate, in qualche modo, provavamo piacere ed eravamo contesi fra anima e corpo. Farli smettere? Sì, quando il solletico diventava insopportabile sì eppure perché il corpo, il cazzo, ogni centimetro sensibile della nostra epidermide cattiva in coro: ancora, ancora, ancora…
    Anche in quel momento in cui Federico si era avvicinato, io percepisco la paura sconfinata di quello che poteva farmi in quel momento di assoluta e sensibile fragilità, al contempo qualche parte di me (e il mio uccello durissimo lo comprovava, tradendomi miseramente) desiderava sperimentare qualche nuova manipolazione crudele di quel maschio pazzesco. Federico si avvicinò abbracciando il mio torso teso e nudo. Rise lascivamente: - Tu sei il migliore, caro Marco. E proprio per questo ogni tua risata, ogni tua disperazione sarà regalata al mio unico dio. - Poi si rivolse a mio zio di fronte a me, - Guarda, zietto, guarda come lo faccio saltare il tuo nipotino.
    Sollevò il suo lungo e dinoccolato dito indice, manco latteo e lo accostò alla punta del mio capezzolo. Io inarcai la schiena ma lui, con il suo abbraccio virile, mi tenne fermo. Il suo dito iniziò a stimolare velocemente il capezzolo che, come ho detto, era diventato un appuntito pulsante carnoso.
    Il mio grido disperato proruppe nella sala e tutti si misero a ridere. MI guardavano con occhi pieni di voglia e mio zio scuoteva la testa, forse voleva chiedere di fermarsi eppure il suo uccello barbottò si stava du nuovo indurendo. L’idea che mio zio si stesse eccitando di nuovo nel vedermi sottoposto a quel supplizio invece di disgustarmi mi diede energia nuova. Per cui accettai quel solletico così bestiale per vederlo di nuovo immensamente eccitato. Il dito stuzzicava, titillava, lavorava sul capezzolo dandomi scariche come elettriche. Stavo davvero impazzendo finché quel dolore si convertì, nell’abbandono, ad un piacere sovrumano. Un piacere fatto di tormento, insistenza, un godimento ottenuto da una percezione tattile che ora macolava in egual misura fastidio e sublime sfinimento. - Siiii, siiiiiiiii, - gridai. E ancora. - Siiiiiiiiiiii!!!!!
    Incitato da quella mia risposta, Federico parlò agli altri mentre continuava a solleticarmi. Sentivo il suo gigantesco manubrio carnoso premermi contro il fianco e tutto quel porcile di sudore, corpi nudi, cazzi odorosi, guardi lascivi, candele e sesso mi inebriava. Non volevo altro che quello. essere solleticato, scopato, umiliato da quell’orda di maschi dai piedi divini di fronte al mio maschio prediletto, mio zio, era un sogno reale. Il più bello, il più pericoloso. - Sentitelo! Vedete? IL dio lo sta riempiendo di voglia, converte il suo dolore in orgasmo. Abbiamo molto da lavorare dico bene?
    Paolo annuì e si accosta sul lato opposto al mio torso al che imitò Federico all’altro capeszzolo. Le scariche mi fecero impazzire.La mia pancia tesa era un’offerta a chiunque avesse voluto aggredirla. Mio zio guardava la scena ammutolito, forse incredulo di come il suo cazzo si stesse gonfiando oltre misura. - Siiiiii, ipazzis…sss…cooooohhh - gridavo gemendo e nella mia voce maschile si insinuavano i rotti rantoli di un’anima quasi femminile. Ero totalmente asservito alla volontà di due maschi potenti, arrapati. Mi abbandonai a quella prova.
    Sasha si fece avanti e parlò: - Questo ragazzo è capiente a sufficienza per tutti noi. Lo abbiamo conferito al piacere, sta letteralmente godendo del supplizio che gli viene inflitto, direi che possiamo sfruttare l’occasione. Ora sta ospitando il tuo dio, Federico, che altro non è che il delirio sessuale al massimo grado. Questo maschio giovane merita un premio, che dite? Mentre suo zio una punizione esemplare visto che ce lo ha nascosto, che ha un contro i sospeso con me e Federico e che si sta eccitando guardando il tormento di suo nipote. Non trovate? Quale zio sciagurato si fa rizzare l’uccello mentre gli stanno seviziando il nipote innanzi? Che ne dite se proviamo la capienza della bocca di questo divino ragazzo e nel frattempo puniamo suo zio come merita?
    Ci fu un urrà di approvazione al che la scena del rito mutò. Ci vollero alcuni minuti per cambiare il set. Mio zio venne legato seduto a gambe unite coi piedi ben saldi legati su uno sgabello davanti a lui. Io invece venni legato a terra, sul tappeto davanti al divano. Fui legato a gambe e braccia divaricate. Intorno alla mia testa furono sistemate due sedie su cui a turbo si sedettero gli aguzzini. Iniziai a sentire le urla e le risate sardoniche di mio zio che non vedevo da quella posizione. Sentivo solo i commenti dei suoi solleticatori dalle quali potevo vagamente intuire cosa gli stessero facendo.
    Tiberio: - qui hanno già lavorato abbastanza, ma che ne dici di un altro po’ di scavamento?
    Beppe: - Questa parte della suola, caro Roby, come sai è la mia preferita. Mmm senti come è reattiva…
    Tiberio: - Allargagli le dita…ecco…sì, così…. - Urla di mio zio… - Qui, seti qui come lo sofre.
    Angelo: - Sono anni che ci solletichiamo ma tu Roby riveli sempre nuove scoperte. E qui, qui lo soffri?
    Urla e risate, senza posa, senza pausa.
    Mentre mio zio veniva punito e la cosa, devo dire, mi eccitava moltissimo, Federico e Sasha si erano seduti sulle due sedie. Dal basso vedevo le loro cosce, i polpacci pelosi, e i piedi meravigliosi. Federico abbassò il suo fattone bianco latteo sulla mia bocca: - Apri!
    Non o feci ripetere e in breve le dita entrarono nella mia bocca. Le sentì agitare vogliose, tastare la lingua. Inizialmente ebbi il solito conato ma poi trovai un equilibrio mentre venivo penetrato da quel piede meraviglioso.
    Sasha osservava e poi annuì: - Ora entro anche io, fammi spazio.
    Non vi nascondo che anche il più efferato dei feticisti, come io del resto sono, avrebbe avuto paura in quel frangente. Federico spostò il suo piede verso la destra della mia bocca che così fu dilatata al massimo. Sentii un lieve dolore poi anche le dita di Sasha entrarono. Lunghe e pelose. Ebbi paura perché mi mancò il fiato e sentii il conato ripetuto, poi appresi che potevo respirare e nonostante i due piedi spingessero e stantuffassero (Federico con l’alluce e tre dita, Sasha con l’alluce e solo due dita), iniziai a regolarmi. Due piedi di maschio mi stavano voluttuosamente stantuffando, cosa potevo desiderare di più? Potevo, in verità, desiderare ancora di più e venni esaudito senza che nessuno mi chiedesse alcunché. Sentì dopo poco il gigantesco piede di Beppe iniziare a carezzarmi il cazzo durissimo, a massaggiarlo con una maschia veemenza eppure con una morbidezza senza eguali. Compresi che Beppe si era spalmato della crema sotto le imponenti suole e questo rendeva la sua masturbazione immensamente goduriosa. Sentivo le urla e le risate di mio zio che mentre venivo premiato in questo modo sublime, veniva solleticato senza pietà.
    Dopo essere stato riempito dai piedi di Federico e Sasha, fu la volta di quelli di Tiberio e di Paolo che, lasciato mio zio, si sostituirono primi due padroni. I loro piedi erano più piccoli e la doppia penetrazione fu ancora più piacevole. La capienza della mia bocca mi stupiva.
    Beppe proseguiva a masturbare con abilità il mio calzone e sentivo quel noto formicolio che preannunciava l’ennesima sborrata.
    Non farlo venire, - Intimò Paolo.
    Beppe tolse il piede e io ne fui mortificato. Era così bello! Le liste di mio zio ripresero seguite da urla e da gemiti. Stavolta a torturarlo erano Federico e Sasha, i suoi nemici storici. Beppe tornò da loro a dar man bassa e in presto dalla postazione del solletico la disperazione di mio zio divenne uno starno delirio. Lo sentivo ora gridare: - Bast…ahhhhh!- ora gemere: - Siiiiii, siiii - Ora ridere e urlare: - Nooo, lì nooooo! - E poi chetarsi e poi ringhiare: - siii, bastardi, sii dai così….
    Stavo godendo con i piedi dei due padroni assoluti quando improvvisante i due piedi furono tolti. Tiberio e Paolo tirarono via le sedie e si inginocchiarono accanto a me. MI sollevarono la testa e poi mi fissarono cn desiderio: - La capienza è notevole, ora dopo due piedi è la volta di due uccelli, che ne dici?
    Fu così che mentre la baia viva riempita dalle urla e dalle risate e dai gesti e dal godimento perverso di mio zio, io mi ritrovai in bocca, contemporaneamente, due carnosi e bagnati cazzi durissimi. Tiberio e Paolo si baciavano voluttuosamente mentre mi stantuffavano ed io, colmo di pienezza e gioia, iniziai a sperare che quel godimento non finisse più.
     
    .
  9.     +2    
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    1
    Reputation
    +2

    Status
    Offline
    Grazie a tutti per la comprensione. Carissimo boy78ud, se puoi, cancella tu il racconto dopo averlo salvato, se vuoi. Io sono entrato come utente temporaneo e non potrò farlo direttamente. Un abbraccio a tutti.
     
    .
  10.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    27
    Reputation
    +22

    Status
    Offline
    Carissimo spero risolverai il tutto per il meglio. Ovviamente hai il nostro sostegno ma in un mondo di gente strana comprenderai la nostra iniziale reazione. Risolvi il tutto per il meglio. Quando vorrai ti aspettiamo. Un grande in bocca al lupo
     
    .
  11.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Friuli-Venezia Giulia
    Posts
    3,996
    Reputation
    +1,835
    Location
    Udine, Friuli-Venezia Giulia, Italy

    Status
    Offline
    CITAZIONE (Rodolfo. @ 21/4/2024, 22:25) 
    Grazie a tutti per la comprensione. Carissimo boy78ud, se puoi, cancella tu il racconto dopo averlo salvato, se vuoi. Io sono entrato come utente temporaneo e non potrò farlo direttamente. Un abbraccio a tutti.

    non riesco prima di stasera, se puoi avere un po' di pazienza bene, altrimenti pazienza
     
    .
  12.      
     
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    27
    Reputation
    +22

    Status
    Offline
    Scusate stavo pensando. Ma non potremmo continuare noi il racconto?
     
    .
131 replies since 3/3/2024, 01:46   10137 views
  Share  
.