| Ho lasciato passare un po’ di tempo prima di chiamarlo, circa tre settimane, dovevo prepararmi. Ogni tanto gli inviavo qualche foto o breve video della nostra sessione sul telefono, lui rispondeva sempre pregandomi di non divulgarle. Non avevo intenzione di farlo, volevo solo che si ricordasse chi era il suo padrone: lo volevo completamente soggiogato al mio volere. Lo faccio venire da me un tardo pomeriggio, vestito con scarpe sportive, calze in spugna, pantaloni della tuta e maglietta. Io lo accolgo vestito da lavoro, completo blu scuro rigato, camicia bianca, cravatta ed eleganti scarpe in pelle. Prima di iniziare la sessione lo faccio cambiare, gli ordino di spogliarsi completamente: tutto ciò che indosserà sarà un plug anale, con codino da coniglio, ed un collare con guinzaglio in pelle. Ora è tutto pronto, sarebbe stato il mio schiavo domestico. Mi siedo comodo sul divano e lo faccio mettere a quattro zampe davanti a me, appoggio le scarpe sulla sua schiena, come fosse un pouf umano, intanto controllo le mail di lavoro. Dopo poco gli ordino di togliermi le scarpe e di annusarle; nonostante conosca il ruolo, lo trovo un po’ reticente, così lo tiro per il guinzaglio e lo obbligo a infilare naso e bocca nelle calzature. Sembra che gli piaccia farmi innervosire; a me un po’ meno. Ora è in ginocchio davanti a me, gli appoggio i piedi in faccia per farglieli annusare bene. Gli ordino di togliermi calze, sfilandomele con la bocca, e, poi, di iniziare ad adorare i miei piedi, nudi e sudati, leccandomeli piano, dal tallone fino alle dita, prima il destro e poi il sinistro. Noto che il trattamento inizia a produrgli piacere nella zona pelvica e decido di intervenire. Lo faccio sdraiare a pancia in giù, per terra, e mi siedo sopra di lui; ora, con il p**e schiacciato a terra avrà qualche difficoltà in più ad eccitarsi. Gli infilo i piedi tra la faccia ed il parquet, di modo che li abbia bene vicini al viso e, per punizione, estraggo e gli infilo di nuovo il plug anale per cento volte. Terminato il castigo lo mando, dolorante e con le lacrime agli occhi, nella stanza dei giochi, che già conosceva bene. Per me è importante che la borsa dell’ufficio sia pronta dalla sera prima e deve contenere tutto ciò di cui potrei avere bisogno il giorno successivo. Glielo spiego per bene, due volte, poi lo mando in studio a prepararla e gli do cinque minuti per tornare da me con lavoro finito. Torna per tempo; controllo il contenuto della borsa e mi accorgo che ha dimenticato il caricabatterie del portatile. Inaccettabile, lo devo punire. Recupero io stesso il cavo e per far si che non lo dimentichi più lo uso per frustarlo sulla schiena, cento volte, facendolo contare ad alta voce. Piange, e non poco, ma io non ho finito. Gli ordino di sdraiarsi sul letto, a pancia in giù, poi gli lego polsi e caviglie agli angoli della struttura. Sostituisco il plug anale con un uncino anale che provvedo a legare, stretto, con il collare che gli ho fatto indossare appena arrivato, con il risultato che se cerca di rilassare la testa in avanti la penetrazione sarà più profonda e persistente. Se riesce a restare immobile non dovrebbe soffrire molto, ma io farò in modo che si agiti e che si dimeni il più possibile. Accendo una serie di candele e spengo le luci. Ora sono pronto. Inizio a fagli colare addosso, sulla schiena ancora arrosata dalle frustate, un po’ di cera bollente; lui soffre e cerca di sfuggire, ma non può: ogni movimento che effettua lo costringe, da una parte, a tirare indietro la testa o, dall’altra, a lasciare che l’uncino penetri sempre più. Gli lascio qualche minuto di pausa intanto che preparo i nuovi attrezzi. Prendo degli elettrostimolatori e li fisso con del nastro adesivo sulle piante dei piedi, sulle natiche e sui fianchi. Mi siedo sulla poltrona in pelle lì a fianco, faccio partire il sistema e mi godo, letteralmente, lo spettacolo. Le contrazioni involontarie sulle piante producono una sonora risata, quelle sulle natiche agitano l’uncino dentro e fuori e quelle sui fianchi inducono dolorosi movimenti scomposti della testa. Mi chiede di smettere, mi implora di farlo; gli propongo uno scambio: la fine di questo gioco per cento frustate, a mio piacere. Lui accetta. Lo slego e gli dò il tempo per ricomporsi. Lo faccio quindi inginocchiare sul letto e gli lego i polsi sopra alla testa con una corda che pende dal soffitto. Prendo la frusta corta in cuoio. Inizio con quaranta frustate sulla pianta dei piedi. Le successive sessanta sono alternate tra busto, natiche e p**e. È stravolto e sofferente, ma io ho ancora qualcosa in mente. Mi siedo sul letto ed alzo i piedi sudati e nudi fino all’altezza della sua faccia, gli metto una calza odorosa in bocca, per farlo respirare col naso, e con l’altra gli avvolgo il p**e. Intanto che mi adora i piedi, baciandoli e leccandoli per bene, accendo un vibratore e lo stuzzico tra le p***e, alla base del p**e. Ha un quasi immediato sussulto, gli prometto che se farà un buon lavoro di adorazione, avrà anche un buon finale. Sposto piano piano il vibratore lungo tutto il p**e fino alla punta e ne aumento l’intensità al massimo. Lo vedo contorcersi, sta per avere un orgasmo. Sposto il vibratore sulle piante dei piedi ed al contempo gli fisso due pinze con catena sui capezzoli, tirandola catena verso il basso. Il solletico ed il dolore fanno desistere l’erezione. Gli spiego che andremo avanti così: adorazione dei piedi con stimolazione pelvica, ma non gli è permesso di venire e, per evitarlo, userò il solletico ed il dolore fisico. Il gioco si protrae per una buona mezz’ora, ogni volta riesco ad impedire l’erezione e i miei piedi ora, devo dire, sono anche ben puliti. Posso concludere. Con del nastro adesivo lego un vibratore, spento, al suo p**e. Mi spoglio con calma, levandomi tutto da addosso e salgo sul letto. Il mio fisico scultoreo, sudato e perfettamente definito, svetta ora davanti a lui, legato, in ginocchio davanti a me. Sa cosa deve fare. Gli prendo la testa tra le mani e la avvicino al mio p**e. Accendo il vibratore. Lui tira fuori la lingua ed inizia a leccarmi le p***e; sempre con la lingua percorre tutta la lunghezza del p**e, fino alla punta. Lo lascio fare. Ne assaggia prima la sommità poi lo ingoia interamente, ritmicamente, prima piano poi sempre più velocemente. L’intensità del vibratore legato al suo p**e segue la stessa sorte, ora è al massimo, lui viene, inondando la calza di s****a. Ora sono io a tenergli la testa ferma ed a muovermi ritmicamente dentro e fuori la sua bocca; è alla mia mercé e gli piace. Gli vengo in gola una prima volta, ma continuo con il movimento; ingoia e poi con gli occhi mi indica il vibratore, ancora acceso. Stava per avere una seconda completa erezione; lo spengo e glielo strappo via. Non avrà questa soddisfazione, lui. Lo prendo io, lo uso sapientemente sul mio p**e e vengo ancora, questa volta sul suo volto. Prima di lasciarlo andare via mi faccio dare gli accessi ai suoi profili social; ho in mente qualcosa e lo scoprirà presto. |
|